Incontrare Esenin a Roma

L'impensabile incontro con il poeta russo e i suoi versi in un negozio di stampe antiche dell'Urbe

Ehi, russi,
Pescatori dell’universo,
Che con la rete dell’alba avete pescato il cielo... (S. Esenin)

Inauguro il mio blog  di poesia "La Russia in versi", raccontandovi dell’incontro con Sergej Esenin in un negozio romano di stampe  antiche. Siamo a Roma, per vie, vicoli, viuzze, archi, portici, cortili dell’Urbe imperversa Minosse. Ha lasciato le porte dell’Ade e porta con sé il fuoco. Afa…

Noncuranti  di Minosse, Avel ed io ci incamminiamo alla volta di Castel Sant’ Angelo. Avel è un monaco  ortodosso e  assolve al suo ministero sacerdotale  presso la Chiesa ortodossa russa di Roma. Proprio di fronte al Castello dei Papi più famoso del mondo, prima di ponte Sant’ Angelo, si trova il negozio di stampe e antichità, dove siamo diretti. Camminando per i vicoli stretti, che sono le uniche zone d’ombra del centro, credo appositamente pensati dagli antichi in una città di sole come Roma, ci fermiamo volentieri a fontane e fontanelle.  È d’obbligo. Di più, è vitale. Il ristoro delle fontane è beato.

Guardiamo le vetrine dei pochi negozi aperti: siamo a Roma ed è lunedì mattina. Padre Avel aspetta pazientemente, mentre io entro in una libreria. Chiedo il  libro di poesie di Esenin in traduzione italiana. Avel va a  curiosare  tra le copertine dei libri in una lingua per lui sconosciuta, spero  ancora per poco, vista la sua serissima intenzione di imparare l’italiano.

Il poeta russo Sergej Esenin (Foto: Itar Tass)

Finalmente approdiamo nel negozio di stampe.  Scopro che Avel  qui è un cliente affezionato. Il titolare è sorridente e amabile. Io devo avere l’aspetto di una  persona stanca, poiché  il proprietario mi cede la sua poltrona vicino al ventilatore. Nel negozio non c’è aria condizionata e questo mi conforta. Accanto al ventilatore su un’altra poltrona comoda, di fronte a quella gentilmente offertami, sta già seduto un signore. Un cenno di capo, un sorriso sornione.

Il negozio è pieno di stampe antiche, custodite  nelle grandi cartelle, non facili da maneggiare. Padre Avel viene aiutato dal proprietario e vi si tuffa, letteralmente. Ogni tanto vedo comparire la sua testa sconsolata. Chiede di vedere qualche stampa in stile meno cattolico, più bizantino, più sofferente, di un misticismo meno carnale, per intenderci. Traduco la sua richiesta.

Il signore, seduto  accanto al ventilatore, un amico del proprietario, proferisce in un romanesco che in giro per Roma non si sente quasi più: “Eh… ma qui siamo a Roma , signora…”, sorridendo. E con questo vi  ho  detto tutto. E come descrivervi il sorriso? Il romano verace ha un sorriso che nasce negli occhi. Pagliuzze dorate, un senso  profondo di sé, dignità e quel tanto di noncuranza che viene dal coraggio di una filosofia di buonumore e battuta pronta, nonostante tutto; nell’antichità, si dice, anche a costo della vita! Mai offensivo però, nemmeno  quando ti manda a quel paese. Una filosofia di comprensione di sé e degli altri che, in finale, come dicono a Roma, paga. Un popolo che non si è mai dato per vinto,  come noi russi, d’altronde! Certo, magari con sfumature di colore diverse!

Il proprietario si appresta ancora una volta in soccorso di  Avel e tira giù dallo scaffale un’altra grande cartella. Avel si butta a sfogliare  le stampe con un rinnovato entusiasmo. Io, intanto, apro il libro di poesie di Esenin. "Che cosa legge?", mi chiede il mio vicino di poltrona, accanto al ventilatore. Gli faccio vedere la copertina del libro: "È un poeta russo", rispondo convinta, ebbene sì, convinta che egli non sappia chi fosse Esenin. Sorride e con il suo prezioso accento romano inizia a declamare:


Poveri , poveri contadini!
Voi certamente siete diventati  brutti,
Come prima avete paura di Dio
E dei ventri delle paludi.
O se almeno comprendeste
Che  il vostro  figlio in Russia
È il migliore poeta!

Dire che ne sono sorpresa  è  dire poco. Sono commossa. Sergej  Esenin è stato il mio primo e  rimane il mio più amato poeta. Un altro poeta  che è amato da me allo stesso modo, “certo con altre sfumature di colore”, è Garcia Lorca. In assoluto loro due. Ma Esenin è la mia parte russa del cuore. Esenin è la Russia. Lo dice anche il mio vicino di poltrona:  "È il più grande Poeta russo".

È superfluo dire che mi trovo d’accordo con lui. Cvetaevy,  Achmatovy, Majakovskie certamente rappresentano una Russia poetica, ma Esenin è l’azzurra Rus’, è la mia terra affranta, è la mia nostalghìa, è il vento-eremita, è l’infelicità profonda, è il più bel canto, “perché quel vecchio acero con la sua testa mi assomiglia”. La luna è una rana d’oro: le sfumature di colore di Sergej richiamano quelle della luna – lunera di Garcia. Il riflesso speculare di due poeti assoluti, in un'inconfondibile e pura metafora da brivido immaginifico.

Ci presentiamo. Il mio vicino di poltrona si chiama Francesco De Feo. Romano doc. Esperto e studioso di tradizioni popolari romane. E di coltelli! Ne possiede una grande collezione. È autore, insieme a Elio de Michele, del  libro “Bono assai l’abbozza, mejo er cortello. Storia romana del coltello”. Un volume nato dalla ricerca sulla poetica di Belli, e quindi parliamo di poesia. Francesco è un vero pozzo di conoscenza e saggezza popolari, che, essendo quelle  romane, sono conoscenze cosmopolite. Mi racconta che i giapponesi, per esempio, di poesia ne fanno un largo uso; scrivono le loro haiku a neon, per le vie delle  città. Poesia luminescente e illuminante, come essa dovrebbe essere. Mi racconta di Belli e della Zinaida Wolkonskaja. Sono sicura che su di loro potrebbe dirne di cose! Notizie che non troverete di certo nelle guide turistiche! Ma questa, se volessimo un giorno raccontarvela, è un’altra storia.

“La poesia d’oggi è strana, è l’espressione dell’individualismo più claustrofobico”, continua Francesco  e poi dà un’altra definizione della poesia moderna, una definizione tipicamente romana, che non sto qui a ripetere. Ma ecco che ricompare il volto sorridente di padre Avel. Ha trovato la sua stampa. Contrattiamo il prezzo, paghiamo, salutiamo. “È stato Esenin -, gli dico, una volta fuori dal negozio -; è stato lui a portarmi qui oggi”. Avel  è un monaco e sa le cose che io non so: “Sì, è stato  Esenin”. È una conferma.

Al ritorno, facciamo un percorso a caso, rapiti dalla bellezza dei palazzi rinascimentali, dai vicoli incantati… Ci troviamo  a passare sotto un arco dalla volta azzurra dipinta a stelle. A sorpresa, Avel intona un canto sacro. L’acustica è perfetta. Un istante davvero magico. Pranziamo con un gelato e, vinti dall’afa, ci sediamo all’ombra, sui gradini di travertino ai piedi della statua di Trilussa. Avel non sa chi è Trilussa. Gli racconto del poeta romano. “Allora siamo nel  posto giusto!”, afferma… apre il libro di Esenin e inizia a leggere a voce alta  (testo  in russo sul  frontespizio). Sono sicura che Trilussa comprende.


Paese  amato! Il cuore sogna
Le biche del sole nel grembo dell’acqua
Io vorrei perdermi
Nei tuoi spazi  verdi di cento campane

Nel solco, sul rigonfio di terra,
C’è la reseda e c’è la veste  di trifoglio.
E risuonano con il rosario
I salici – miti monachine.

La palude fuma nuvole,
Odor di bruciato nel bilanciere del cielo.
Con un quieto mistero per qualcuno
Io ho nascosto nel cuore i pensieri.

Accolgo tutto, accetto tutto,
Contento e felice di donare l’anima.
Io sono venuto su questa terra,
Per lasciarla  al più presto. (1914)

Avel  guarda verso il Tevere, il suo volto è tranquillo e raggiante. Lui è un monaco e sa le cose che io non so… "È bello leggere le poesie di Esenin qui, a Roma”, dice. Sì, è stato bello avere Sergej oggi con noi. E sarebbe felice Esenin di sapere che non solo noi russi, ma anche un signore romano che più romano non si può, recita le sue poesie a memoria e dice che egli, Sergej Esenin, è il migliore poeta di Russia, e questo cent’ anni dopo… Ma si sa, a Roma il tempo si è fermato e qui i secoli sono come  i giorni…

Arrivederci  Sergej  Esenin, arrivederci… 

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