Nina Krusciova, nipote del leader sovietico Nikita Krusciov, ha pubblicato il suo nuovo libro "Russia's Gulag of the Mind" (Foto: ufficio stampa)
Nina Krusciova è la nipote del grande leader sovietico Nikita Krusciov. Vive a New York ed è professore associato di Affari internazionali presso la New School, oltre che ricercatore senior presso il World Policy Institute.
Krusciova si è laureata all’Università Statale di Mosca prima di emigrare negli Stati Uniti, dove ha conseguito il dottorato in Letteratura comparata presso la Princeton University. Nell’intervista parla dell'identità russa e di come le proteste abbiano ispirato un nuovo capitolo del suo libro in uscita “Russia’s Gulag of the Mind” (Il gulag mentale della Russia, ndr).
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Come descriverebbe il suo nuovo libro?
È una storia familiare, che ho cercato di collegare con la storia della Russia.
Tratta di una famiglia tormentata in un Paese travagliato e di come superare
queste difficoltà e questi problemi cercando di essere onesti con il proprio
passato e con la propria storia perché è l'unico modo per guardare avanti.
Direbbe che la sua famiglia ci è
riuscita?
Cerco di essere onesta verso la
Russia da venti anni, cioè per tutto il tempo in cui ho
scritto. Il concetto principale del “Gulag” è che in definitiva i russi non
hanno bisogno del filo spinato per essere tenuti sotto controllo. Sono molto
più portati a sacrificarsi per l'ideale di una grande nazione piuttosto che a
condurre una lotta individuale, perché l'idea di una nazione potente è più
importante per loro.
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L’intervista a due traduttrici italiane |
Nel suo ultimo libro “Imagining Nabokov: Russia Between Art and Politics” (Immaginando Nabokov: la Russia tra arte e politica,
ndr), scrive di come i russi amino soffrire. Preferendo una morte eroica a
una banale vita di routine. Si è fatta un’idea del perché di questo aspetto del
nostro carattere nazionale?
Penso che in un certo senso è la geografia che
forma una nazione. Se si è Oriente e Occidente allo stesso tempo, chi si è
veramente? L’Ortodossia cristiana ha molta responsabilità in questo senso,
troppa .... E il pensiero nazionale è un po’ problematico perché la Russia è un Paese che si
definisce attraverso valori negativi. Se guardiamo a ciò che la Russia realmente è, ci
rendiamo conto che è un Paese non-occidentale. È una civiltà che si definisce
attraverso ciò che non è .... il che è chiaramente un problema perché è molto
difficile andare avanti quando si definisce se stessi attraverso valori
negativi. Quando si dice: io sono ciò che non sono, vuol dire che non sai
quello che sei. Il che condiziona tutte le nostre rivoluzioni e anche le ultime
proteste: ancora una volta, noi sappiamo cosa non vogliamo, ma cosa vogliamo? Penso
che, in un certo senso, questi tre aspetti siano al centro del Gulag (mentale) perché
sono tipici della Russia. Mi piacerebbe davvero che la cultura russa definisse
se stessa attraverso la pizza, il vino, qualsiasi cosa che non sia l’anima o
l'Occidente.
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Lei è stata impegnata con questo libro
per alcuni anni e lo ha terminato da poco: ha dovuto aggiungere un ulteriore
capitolo a causa dei recenti avvenimenti in Russia?
Quando sono iniziate le proteste ero in Russia e ho partecipato. Ho scritto una
conclusione per l'introduzione, che alla fine ho trasformato in un breve
capitolo finale, intitolato “Lo spostamento tettonico”. Rivolgo il benvenuto a
quello che sta accadendo e, al tempo stesso, non intravedo nelle proteste un
grande messaggio liberale. Non è come chiedere la democrazia jeffersoniana. Trovo
interessante che il principale esponente della protesta sia Alexei Navalny. Uno
dei suoi messaggi è “la Russia
ai russi”, presentandosi in un certo senso come un doppio di Putin. Speriamo
che sarà uno spostamento tettonico, ma c'è anche la possibilità che non sarà
così. Potrebbe accadere che siamo appena
stati delusi da uno zar e ne creiamo un altro. Si tratta sempre di sostituire un
uomo forte con un altro. Questo è ciò che trovo interessante. Questo è chiaramente
uno degli esempi del Gulag. Non importa se non siamo più in prigione. Siamo
bloccati in quella ortodossia non-occidentale che crede in qualcosa che non
esiste.
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Un viaggio immaginario nell'animo e nei sentimenti di chi si è ritrovato a vivere nel mezzo della rivoluzione bolscevica |
Mi sembra che i recenti avvenimenti in
Russia sembrino replicare gli eventi degli anni Sessanta e Novanta. È un po’ un
circolo vizioso...
Mi piace paragonare la Russia
a Shawshank (un carcere, ndr) dal
film “Le ali della libertà”. Tra quelle mura, sei un grande uomo. Sai dove ti
trovi, sai qual è la tua storia. Nel momento in cui esci le differenti regole
che vigono all’esterno ti spaventano. Così, invece di cercare di capire e di
trovare il tuo posto vuoi tornare indietro, dove tutto ti è familiare. Nel
momento in cui vieni a contatto con il mondo libero, la sfida della libertà è
probabilmente la più grande di tutte.
Lei ha scritto in “Nabokov” che lo Stato
russo progredisce, ma non la società. Eppure scrivendo a proposito delle
proteste in Russia, la maggior parte dei giornalisti ha riconosciuto il
contrario, cioè che la società sta cambiando e che la gente chiede maggiori diritti
e più libertà, ma lo Stato è insensibile a queste richieste, determinando il
conflitto.
Quel libro è stato pubblicato nel 2008. Oggi non direi che la società non
sta progredendo. Ecco, questo è esattamente il mio spostamento tettonico. La
società si sta sviluppando. L'unico problema è che la società era così
meravigliosamente sviluppata nel 1991 e poi all’improvviso non c'era più. Uno
dei problemi che ha la Russia,
e spero che questo aspetto cambierà, è che una nazione che si ricorda di aver bisogno
di libertà ogni venti anni non merita queste libertà. In America voi avete la libertà
tutti i giorni e, nel momento in cui qualcosa viene messo in discussione, siete
pronti a combattere. Molti affermano che queste sono le più grandi proteste dal
1991 - beh, è proprio questo il problema. Dove siamo stati dal 1991 fino ad ora?
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