L’integrazione non sia motivo di scontro

Vignetta: Dmitri Divin

Vignetta: Dmitri Divin

L'Unione Euroasiatica non contraddice né le normative del Wto né i parametri d’integrazione che esistono nell’Europa occidentale

Lo sviluppo dei processi di integrazione nello spazio postsovietico è una delle massime priorità nella politica estera russa. A fronte di ciò il nostro compito principale non è soltanto il mantenimento e il rafforzamento dell’unità nei contesti politico, sociale e storico-culturale, ma anche la rivitalizzazione della collaborazione economico-commerciale e la promozione di una sana concorrenza. Perciò noi partiamo da ciò che né i Paesi del Csi (Comunità degli Stati Indipendenti, ndr), né l’Unione doganale Russia-Bielorussia-Kazakhstan non hanno costruito allo scopo di un’escalation di varie forme di opposizione nei confronti dei vicini, ma a favore di una coesistenza pacifica e di un’interazione con gli altri blocchi interstatali, inclusa l’Unione Europea.

Molte soluzioni complicate sono già state pensate riguardo alla questione dei formati alternativi d’integrazione o alla scelta strategica che, secondo il parere di alcuni, devono compiere i Paesi dello spazio postsovietico. L’integrazione euroasiatica – e voglio sottolineare in modo particolare che si sta parlando dell’integrazione economica – e l’integrazione di cui l’Ue è il cardine sono due processi in linea di massima paralleli e per giunta si completano a vicenda. Ma l’aspetto fondamentale è che sono processi fondati su una base comparabile, simile a quella giuridico-internazionale, il cui fondamento sono le norme e le regole del Wto. Tutto ciò che avviene nell’ambito dell’integrazione euroasiatica non contrasta con le norme del Wto e più in generale non entra in contraddizione con i parametri di integrazione che esistono nella parte occidentale dell’Europa.

Voglio evidenziare soprattutto che gran parte dell’esperienza dell’Unione Europea, tra cui in particolare i meccanismi di regolamentazione e gli standard tecnici, viene fatta propria dai partecipanti all’integrazione euroasiatica. Ricordo inoltre che nel maggio 2005, quando sono state approvate le roadmap per la costruzione di quattro spazi comuni Russia-Eu (spazio comune economico, spazio di libertà, sicurezza e giustizia, spazio di sicurezza esterna e spazio della scienza, dell’istruzione e della cultura), tale questione è stata discussa attivamente e con efficacia. Allora, nella roadmap sulla collaborazione nello spazio comune della sicurezza esterna era stata incluso un ordinamento secondo cui i processi di integrazione nelle varie parti d’Europa risultavano mutualmente complementari. Per tale motivo ritengo che mettere i governi dello spazio postsovietico di fronte al dilemma “o con noi o contro di noi” non sia corretto e, dirò di più, non del tutto onesto nei loro confronti.

Quando si dialoga tra professionisti, per esempio sui parametri concreti dell’Unione doganale, la discussione con i nostri partner di Bruxelles riesce a essere corretta e pragmatica. Anche l’Unione europea è alla fine dei conti un’unione doganale. Se però questi argomenti iniziano a essere forzatamente politicizzati da alcune figure – politologi, deputati dell’Europarlamento, alcuni politici – la situazione cambia. L’Ue finora non ha offerto a nessuno di questi Paesi, cioè agli attuali Stati postsovietici, un posto tra le fila della Commissione europea. E per quanto ne so, non ha intenzione di farlo nell’immediato.

Oltre a ciò occorre segnalare che a livello ufficiale nell’Unione Europea si sta manifestando un interesse assolutamente naturale ai processi di integrazione nello spazio postsovietico, in particolare al lavoro di costruzione di uno spazio economico euroasiatico (Common Economic Space, ndr). Quest’ultimo è sempre più percepito a Bruxelles come una realtà oggettiva.

È evidente che nella misura in cui si approfondirà l’integrazione in questo formato anche il lavoro con l’Ue avrà un certo margine di correzioni. Per esempio la comparsa di strutture sovranazionali nell’ambito dell’integrazione euroasiatica ha apportato un nuovo fattore nelle nostre trattative con l’Unione Europea secondo il "Nuovo accordo di base". Dovremo tenere in conto il passaggio di un certo volume di competenze dal livello nazionale al livello della Commissione economica euroasiatica. Ammetto che tale sviluppo non ha semplificato il nostro lavoro di negoziatori, ma non vedo in questo nessun ostacolo insuperabile e sono convinto – o per lo meno faccio affidamento – che anche i partner dell’Unione europea della delegazione per le trattative guarderanno allo stesso modo tale circostanza.

Vladimir Chizhov è ambasciatore straordinario e plenipotenziario, rappresentante permanente della Federazione Russa presso l’Unione Europea 

Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie