"Mio figlio Viktor, talento senza tempo"

Fan di Viktor Tsoy davanti al muro celebrativo del musicista inaugurato a Ekaterinburg (Foto: Ria Novosti)

Fan di Viktor Tsoy davanti al muro celebrativo del musicista inaugurato a Ekaterinburg (Foto: Ria Novosti)

Nell'anniversario della nascita, il padre di Tsoy si confessa, ricordando i rapporti con la star che ha cambiato la storia della musica sovietica

Robert Tsoy, padre di Viktor Tsoy, leggendaria stella del rock, leader dei “Kino”, che quest’anno avrebbe compiuto 50 anni, si è confessato raccontando di suo figlio, dei suoi primi passi nel mondo del rock e di come è cambiata la sua vita dopo la prematura morte del giovane artista.

Quando vi siete accorti di questo suo talento?

Tuo è iniziato con la sua passione per la pittura: la prima ad accorgersene è stata sua madre, Valentina Vasileva, che ha subito intuito che in lui ci fosse una vena artistica. Era ancora molto piccolo e già disegnava molto bene. Così, vedendo il talento del figlio, lei decise di iscriverlo a una scuola d’arte della città, dove lui ha studiato quasi cinque anni. Pensavamo che avrebbe poi proseguito su questa strada. Chi lo avrebbe mai detto che sarebbe diventato un cantante.

Riesce a ricordarsi come è nata la sua passione per il rock?

Tutto ebbe inizio quando lui iniziò a cambiare la voce. In quel periodo iniziò ad avvicinarsi alla musica. Voleva cantare. Solo ora capisco che per lui, all’epoca, era una vera sofferenza ritrovarsi con una voce così. Una volta siamo tornati a casa, e lo abbiamo ritrovato in bagno che urlava: si stava allenando. Poi è spuntata questa voce, si è avvicinato alla musica rock e ha iniziato a comporre, a creare e a cantare insieme a un gruppo di ragazzi.

Quando ha iniziato a scrivere?

Intorno ai vent’anni  ha composto la prima canzone.  Mi viene in mente che una delle sue prime canzoni si intitolava “I miei amici avanzano nella marcia della vita”.

Andavate ai suoi concerti?

Ci sono stato solo una volta, con Valentina. Era l’apice del suo successo. Non ricordo se fosse il 1988 o 1989. Ma non importa. C’era un sacco di gente, ovviamente. E immediatamente ci hanno riconosciuti. La somiglianza, ovviamente, si notava.

Cos’ha provato la prima volta che l’ha visto in tv?

La sua prima apparizione in televisione è stata nel 1985. Ma sono stati solamente due minuti, non di più. Poi però ha iniziato a comparire sempre più spesso. Nell’’88-’89 poi hanno iniziato a invitarlo sempre al programma “Vsglyad” (“lo sguardo”, ndr), una trasmissione all’epoca molto popolare. Per noi era strano. Ma ci riempiva di orgoglio.

Quando si è reso conto che suo figlio era una star?

È una cosa che mi provoca grande dolore, ma ci siamo accorti che nostro figlio era una star solamente quando è venuto a mancare. Prima di questo, non ci avevamo mai pensato. Dopo la sua morte, lo hanno capito tutti, e anche noi. La sua notorietà è cresciuta sempre di più, forse anche per via della sua scomparsa.

Quali momenti ricordate più spesso?

Ricordo il nostro ultimo incontro. È venuto da noi quando  Valentina Vasileva ottenne una “Zhigulì”. Non avevamo soldi, e per poterla comprare ci portò 9mila rubli, una cifra enorme per quell’epoca. Ci ha dato quei soldi, e in quel momento a me è sembrato di intravedere nei suoi occhi qualcosa di triste. Ma poi non ci ho prestato attenzione…

A cosa pensa quando vede scritto sul muro “Tsoy è vivo”, o quando sente cantare per strada le sue canzoni?

Vede, sono trascorsi 22 anni. A poco a poco ci si abitua. La gente si abitua a tutto. All’inizio era molto pesante. Si pensava che nel giro di qualche anno si sarebbe dimenticato tutto. Ma la sua popolarità non è diminuita. Mi stupisce che anche i giovani, quelli di 15-20 anni, che non lo hanno mai visto, conoscano le sue canzoni e lo reputino un vero talento.

Qual è la vostra canzone preferita?

Beh, come per tutti, la famosissima “Gruppa krovi”, “Zvezda po imeni solntse”. Ma non so perché mi piace molto la canzone “Stuk”. Ecco, forse è questa la mia preferita.

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