Quel gesto che scalda il cuore

Foto: Itar-Tass

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Mosca vista dal basso di un'italiana. I post
Credit: Niyaz Karim
Credit: Niyaz Karim

15 maggio 2012

Ci sono gesti che scaldano il cuore anche quando l'inverno russo è alle spalle da un po'. Me li ha fatti tornare in mente, tutti insieme, in una carrellata che accende ancora in me un sorriso che a stento frena la commozione, una vecchina seduta in un vagone della metropolitana accanto a una signora con un bimbetto vivace di una decina d'anni. Sarà da un po' - penso - che il ragazzino e l'anziana si scrutano a vicenda, perché erano già seduti, quando io ero salita.

All'improvviso l'inaspettato. La nonnina tira fuori dalla sua borsa nera un vecchio librettino ingiallito di favole e ne mostra orgogliosa il titolo al bambino, offrendoglielo in regalo. Chissà a chi appartenevano quelle pagine, quante mani le hanno sfogliate, quante mamme le hanno lette ai loro pargoli e in che anni, e chissà perché la signora lo portava con sé quella mattina. Il piccolo lo prende timoroso, incoraggiato dalla mamma che ringrazia, e ne accarezza timidamente la copertina sgualcita dall'uso, contento di quel regalo a sorpresa. Io sorrido, guardando una scena tanto tenera e d'altri tempi, che spezza la monotonia di un lungo viaggio nelle viscere di Mosca.

Questo lo spunto per ripensare a quella sera, lontana qualche mese, in cui rientrando a casa, mi trovo a fissare nel vuoto le porte del vagone, mentre il treno rumoroso percorre i suoi binari. In piedi, accanto a me, un ragazzo con un grande mazzo di fiori. Gli occhi mi cadono su quelle rose, inavvertitamente, mentre sono sovrappensiero. Ed ecco che subito vengo riportata alla realtà dal gesto di quel giovane sconosciuto, che, senza tentennamenti, in uno slancio di gentilezza, sfila un bocciolo da quel bouquet e me lo porge.

O quella volta ancora, una delle prime alle prese con le linee della metro moscovita, in cui a ogni fermata mi guardavo spaesata intorno, cercando di capire dove mi trovassi, tentando poi di mascherare le mie incertezze, riprendendo a leggere durante il percorso un libro in inglese che avevo appena acquistato. Di fronte a me si era seduto un ragazzo con un giubbotto di pelle e una coda di cavallo e mi sembrava indifferente a tutto ciò che lo circondava. Ma, a un certo punto, si alza di scatto per prepararsi in anticipo alla discesa, mi si avvicina e mi chiede in russo se ho bisogno di aiuto. Io non colgo le parole, ma il significato di quel gesto in quel momento per me tanto importante e, senza esitare, chiedo in inglese quale fosse la prossima fermata. Grazie alle sue riposte riesco a capire che la direzione presa è quella giusta e, dopo un sospiro di sollievo, lo saluto con un caloroso "Dasvidania".

Foto: Itar-Tass

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D'altronde la metro, si sa, in qualsiasi parte del mondo, nel bene e nel male, è una fucina di incontri. Ma quei gesti di cortesia possono lasciare il segno, in ogni momento, anche qui a Mosca, dove la vita scorre in un'indifferenza che trovo potenziata rispetto a Milano. E, quindi, come non ricordare quel baldo giovane che, ancora una volta sorprendendomi, si offre di portarmi la valigia su per le scale, mentre io cerco di capire se l'uscita è quella giusta e oppongo un po' di resistenza a quell'aiuto spontaneo; alla fine, gli ho potuto dire solo "spasibo" con un filo di voce, accorgendomi che le scale da fare erano quelle dal lato opposto.

Ma è cosi che dimentico in fretta la fatica che spesso faccio per fermare qualcuno per avere una semplice indicazione stradale, con il mio russo ancora stentato.

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