"È tutto da Mosca, linea allo studio"

Il giornalista Sergio Canciani ricorda la sua esperienza professionale e personale negli anni vissuti da corrispondente Rai nella capitale russa

Fino al 2011 è stato il volto della Rai da Mosca e ha assistito, per raccontare ai telespettatori italiani, a tutto ciò che accadeva nella lontana Russia. Come dimenticare la chiosa dei suoi servizi: "È tutto da Mosca, linea allo studio"? 

Lo storico corrispondente del Tg1, Sergio Canciani, dopo tredici anni passati nella terra degli zar, ha deciso di raccogliere e raccontare le impressioni, le contraddizioni e tutto ciò che ruota intorno al "neozarismo" di Vladimir Putin nel libro "Roulette Russia", pubblicato da Castelvecchi editore.

"Roulette Russia"  è un viaggio nell'ex impero sovietico e un'analisi della Russia ai tempi di Putin, maturato grazie alla sua esperienza professionale come corrispondente.
Il libro è un diario di bordo dei miei tredici anni come corrispondente stabile per la Rai da Mosca,  responsabile dell'ufficio di corrispondenza sia per la Russia sia per tutti i Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti, però comprende anche molti viaggi fatti in precedenza come inviato speciale. Il racconto è il concentrato di questi miei anni di presenza fissa, che abbraccia un periodo molto importante e significativo per il Paese, dalla presidenza Eltsin, attraverso i due mandati di Putin, tocca naturalmente la presidenza Medvedev e si conclude con il ritorno al Cremlino di Putin.

Com'è nata la sua lunga esperienza professionale in Russia?
Io sono nato alla Rai di Trieste, che è una sede di frontiera, sempre attenta a ciò che accadeva oltre confine, nel vasto mondo del cosiddetto socialismo reale. Ho cominciato con dei reportage nell'ex Jugoslavia già prima dello scoppio delle varie guerre; ho trascorso un lungo periodo nell'Europa centrale; ho accompagnato lo sviluppo in Albania, ho seguito l'assedio a Sarajevo e poi la Rai ha ritenuto opportuno che io avessi raccolto l'esperienza necessaria e le conoscenze, non solo storico-politiche ma anche linguistiche, per potermi affidare nel 1997 la sede di Mosca, che era vacante.

Da italiano in Russia, quali sono state le prime sensazioni una volta arrivato a Mosca? 
È stato un impatto molto emozionante e anche molto piacevole perché ritenevo e ritengo tuttora che la Russia sia un Paese di enorme interesse che non può suscitare che grandi passioni. E soprattuto in quel momento particolare, in cui la Russia, Paese-continente esteso lungo undici fusi orari, si trovava in una fase di drammatica transizioni tra un regime chiuso, quello sovietico-comunista, ad una società finalmente aperta, credo sia stata una sfida abbastanza stimolante. Ed è un percorso che ancora continua.

Sergio Canciani (Foto: uffcio stampa)


Ha incontrato delle difficoltà sul piano professionale e personale?
Da un punto di vista professionale  non ho incontrato difficoltà. Naturalmente bisogna rendersi conto di essere ospiti in un Paese che non sempre è abituato a trattare con un giornalista straniero. In più ho avuto la fortuna di avere un'eccellente squadra di collaboratori che mi ha molto aiutato. Per quanto riguarda la vita quotidiana non ho trovato alcuna difficoltà, se non cose che capitano dovunque nel mondo.

Cos'è che apprezza e che non apprezza della Russia?
Ciò che non apprezzo è una certa indisciplina collettiva, per esempio, il traffico impossibile. Ciò che non apprezzo affatto, ma da buon italiano lo conosco avendolo vissuto soprattuto qui in patria, è il peso di una burocrazia assolutamente kafkiana, incomprensibile. Ma ho apprezzato tutto il resto: l'umanità delle persone, l'intelligenza, la bellezza non soltanto della natura ma anche dell'architettura. Insomma, una volta che la si conosce un po' meglio, la Russia ti resta nel cuore.

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