Lo sguardo di Mosca sulla strage di Hula

A sinistra, il ministro degli Esteri britannico William Hague e il collega russo Sergei Lavrov (Foto: AP)

A sinistra, il ministro degli Esteri britannico William Hague e il collega russo Sergei Lavrov (Foto: AP)

La già difficile situazione siriana si complica dopo il massacro avvenuto nel villaggio a Nord di Damasco. Il ministro russo Lavrov: "Lavoriamo per evitare nuove tragedie"

Gli Stati Uniti stanno intensificando i propri sforzi per convincere, o costringere, la Russia ad allentare il proprio sostegno al regime siriano. Ma Mosca non si arrende, e trova la solidarietà di Pechino. “Non stiamo difendendo il presidente Assad, ma il piano di risoluzione pacifica di Kofi Annan”, ha dichiarato il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov.

Secondo quanto riportato dal quotidiano New York Times, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama insisterà affinché il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin accetti le pressioni volte a spingere Assad a cedere il passo ai negoziati politici. Una questione che Putin ha affrontato anche con il primo ministro russo Dmitri Medvedev.

Nel frattempo Mosca, che blocca qualsiasi risoluzione voluta dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, non lascia trapelare molte reazioni. Anche se, già all’indomani della strage di Hula, era chiaro che il Cremlino non avrebbe cambiato la propria posizione dei confronti della Siria.

Durante la riunione straordinaria sulla Siria organizzata domenica 27 maggio 2012 dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dalla sede delle Nazioni Unite a New York è arrivata la notizia di una strage di decine di persone nel villaggio di Hula. La responsabilità principale sarebbe da attribuire al governo siriano, anche se, secondo quanto si è appreso, i colpevoli del massacro non sono da ricercare solo tra le forze governative.

Durante il suo intervento in una riunione a porte chiuse dei membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il generale norvegese Robert Mood ha affermato che “chiunque fosse coinvolto nella tragedia sarà punito”. Aggiungendo poi che “tutti dovranno prendersi le proprie responsabilità, indipendentemente da chi per primo abbia dato il via allo spargimento di sangue”.

Nel frattempo i diplomatici russi stanno monitorando la difficile situazione nella zona dove è avvenuta la tragedia. “Dare interamente la colpa di quanto avvenuto alle autorità del Paese, non è possibile”, perchè “l’esercito governativo non è entrato in questo villaggio”. Questo quanto dichiarato dal rappresentante della Federazione Russa alle Nazioni Unite Aleksandr Pankin.

“Secondo quanto riportato da Mood – ha detto Pankin ai giornalisti -, a causare la morte di tutte queste persone è stato, da un lato l’uso di carri armati e artiglieria pesante, ma dall’altro alcune persone sono state freddate da colpi di pistola sparati alla testa da una distanza molto ravvicinata. Mentre su altri corpi sono stati trovati segni di violenza”.

Il diplomatico russo non ha escluso che quanto accaduto a Hula “possa essere il risultato di una provocazione”. Una versione, secondo lui, rimbalzata anche dalle bocche di alcuni rappresentanti di diversi Paesi durante la riunione a porte chiusa del Consiglio di Sicurezza.

Nel frattempo la tragedia di Hula è stata il motivo di una visita di emergenza a Mosca da parte del ministro degli Esteri britannico William Hague. Anche se, da quanto emerso dalla conferenza finale, l’incontro non è parso particolarmente risolutivo.

“Noi non stiamo sostenendo il governo della Siria, ma il piano di Kofi Annan, rivolto sia al potere sia alle forze di opposizione”, ha precisato il ministro russo. Aggiungendo inoltre che è necessario unire le forze per evitare nuove stragi, indipendentemente dal possibile cambio di regime. Sottolineando infine che bisogna capire se la priorità in Siria è un semplice obiettivo geopolitico o la salvezza della popolazione.

Mosca da parte sua esige un esame approfondito sulla strage. Ma ciò che risulta ancora più importante è che in Russia sta forse venendo meno la fiducia verso i partner stranieri.

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