Confronto aperto sullo scudo

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov al G8 insieme al Segretario di Stato americano Hillary Clinton (Foto: Gettyimages/Fotobank)

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov al G8 insieme al Segretario di Stato americano Hillary Clinton (Foto: Gettyimages/Fotobank)

Le divergenze tra Russia e Nato sulla difesa missilistica perdurano, nonostante l'intenso lavoro diplomatico e i fitti incontri tra le parti in causa

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov è arrivato a Bruxelles per il meeting tra Russia e Nato a soli cinque minuti di distanza dal Segretario di Stato americano Hillary Clinton. Una coincidenza solo temporanea, considerato che le divergenze sul tappeto restano numerose.

Per la maggior parte dei russi, la Nato rappresenta ancora il nemico numero uno anche se a livello ufficiale l’esercito russo non considera potenziali nemici i Paesi dell’Alleanza. Dmitri Ragozin, vice primo ministro russo incaricato di modernizzare il Dipartimento della Difesa, posta ogni giorno sulla sua pagina Twitter notizie sui progressi in corso. Centinaia di miliardi di rubli sono stati allocati per il programma della Difesa, studiato per i decenni a venire: cifre che avranno sicuramente un impatto sulle vite delle generazioni future, infondono nella popolazione un senso di orgoglio, invece di provocare irritazione per soldi che avrebbero potuto essere impiegati in altro modo, per esempio per programmi a carattere sociale. I sondaggi d’opinione dimostrano che la maggior parte dei russi approva i piani ufficiali di spesa per finanziare i budget e modernizzare la Difesa. Perché? La risposta è semplice: l’opinione pubblica non si fida della Nato e crede che l’Alleanza stia facendo un gioco che mette a repentaglio la sicurezza del Paese.

Questi timori non sono infondati. Mosca fa notare che la Nato sta rafforzando la sua presenza vicino ai confini russi. Nuove basi militari stanno sorgendo in Polonia, Bulgaria e Romania. Le forze convenzionali in Europa superano di gran lunga quelle russe e l’esercito degli Stati Uniti sta mettendo a punto nuovi tipi di armi, compresi alcuni sistemi offensivi che saranno dispiegati in Europa e potrebbero cambiare l’equilibrio di potere nella regione.

Malgrado gli aiuti dati dalla Russia all’Alleanza in Afghanistan, l’esercito americano sta costruendo laggiù vaste basi militari senza consultarsi con Mosca. Le basi del Pentagono rimarranno in Afghanistan anche dopo che la maggior parte delle truppe della Nato avrà lasciato il Paese e questa prospettiva non soddisfa affatto la Russia. Eppure ciò che infiamma maggiormente il risentimento nelle relazioni tra Mosca e la Nato è la difesa missilistica, il fatto che sia la leadership statunitense sia quella della Nato si rifiutino di offrire alla Federazione le garanzie legali che questi sistemi non prenderanno di mira le potenziali forze nucleari di Mosca per motivi di rappresaglia. Tutto quello che Washington è pronta a fare è “offrire salvaguardie sotto forma politica”. Mosca, tuttavia non considera sufficienti queste promesse: nelle questioni militari ciò che conta è il potenziale difensivo, non le intenzioni.

Nonostante la mano tesa della Russia, la Nato ha respinto l’offerta russa a causa delle pressioni degli Stati Uniti: la vera ragione è il trattato firmato durante la Guerra Fredda. In base all’Articolo 5, l’Alleanza deve proteggere i propri membri in modo indipendente, senza contare sul potenziale della Russia. La Nato non ha intenzione di modificare quell’articolo per rimetterlo in linea con la realtà attuale.

Esiste un modo per frenare questa ripresa della corsa agli armamenti? Certo. Al meeting di Bruxelles dei ministri russi e della Nato, il Cremlino ha suggerito come primo passo che al suo summit di Chicago la Nato si impegni nella dichiarazione conclusiva a “rispettare quanto previsto dalle leggi internazionali”. Vincolandosi a tale impegno, l’Alleanza si impegnerebbe a rispettare la giurisdizione delle istituzioni internazionali esistenti e a rinunciare all’utilizzo indipendente della forza, a meno di un’autorizzazione ufficiale da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

L’autore è caporedattore di Politica internazionale della "Rossiyskaya Gazeta"

L'intervento è stato pubblicato sul numero di maggio 2012 di "Russia Oggi"

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