Supereco, un russo rinascimentale

Foto: Ufficio Stampa

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L'artista moscovita, da dodici anni in Italia, autore dell'affresco della Cattedrale di Noto, espone a Roma fino al 27 aprile 2012 e svela la sua passione per l'arte del Belpaese

Cinquantacinque opere divise tra ritrattistica, arte sacra e i bozzetti preparatori di quello che, fino a oggi, considera il suo lavoro più importante: l’affresco della Pentecoste nella cupola della Cattedrale di Noto, Siracusa.

Oleg Supereko, che in omaggio all’Italia dove vive da dodici anni ha scelto di firmare le sue tele Oleg Supereco (“Nel vostro alfabeto – dice - non esiste la lettera k”), ha faticato un po’ per scegliere le tele da esporre a Roma, dove il 20 aprile 2012 al Centro Russo di Scienza e Cultura di piazza Benedetto Cairoli 6, è stata inaugurata  la mostra “Oleg Supereco. Un pittore russo in Italia”.

Promossa dallo stesso Centro Russo di Scienza e Cultura e dal Consolato generale russo a Palermo, l’esposizione romana raccoglie opere a tema realizzate in Italia nell’ultimo quinquennio dal 38enne artista moscovita, eccezion fatta per “due o tre tele – spiega - che risalgono a un periodo precedente e un bozzetto di un volto di un uomo barbuto intitolato Apostolo, che realizzai mentre studiavo ancora all’Accademia delle Belle Arti di Mosca con Glazunov”.

Con quale criterio ha scelto le opere da esporre?

Ho scelto i pezzi ai quali sono più legato tra i tanti che tengo a casa.

Quando dice “casa” cosa intende?

In questo momento la mia casa-studio di Casale sul Sile, in provincia di Treviso, dove mi sono stabilito quando ho cominciato a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, ma torno spesso a Mosca dove vivono i miei genitori e tutti i miei amici.

È arrivato in Italia per studiare, perché ha deciso di rimanere?

Come tutti i giovani artisti sognavo di venire in Italia, come si faceva nel ‘700 con il Grand Tour. In realtà non pensavo di fermarmi per tanto tempo, invece vi ho già trascorso dodici anni realizzando il mio più grande sogno: poter affrescare la volta di una cattedrale come un grande artista rinascimentale.

Parla dell’affresco della Pentecoste nell’ambito del restauro della Cattedrale di Noto crollata il 13 marzo 1996?

Monsignor Carlo Chenis, che fu segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, segnalò il mio nome e fui invitato a mandare i miei bozzetti alla Prefettura di Siracusa che poi mi scelse per la realizzazione. Lavorare sul ponteggio sotto la volta come fece nel passato Michelangelo è stata l’esperienza più straordinaria della mia vita. Naturalmente ho avuto i miei momenti di paura. Se non dovessi riuscire?, mi dicevo. Poi, però, è andato tutto bene anche grazie al lavoro dei maestri muratori siciliani. Il lavoro, però, non è finito. Finora ho affrescato la volta e quattro pennacchi. Mi piacerebbe completare il catino absidale, ma per adesso è tutto fermo.

Quando è nato in lei l’amore per questa pittura?

Mi sono innamorato della pittura rinascimentale quando ero ancora bambino. Una rivista sfogliata per caso, un film che parlava di Michelangelo. Devo ringraziare i miei genitori che hanno assecondato la mia passione nonostante fossero persone molto semplici: mio padre era un falegname e mia mamma lavorava in un panificio-pasticceria. Naturalmente reinterpreto la pittura rinascimentale con un pensiero moderno, non la imito.

La sua pittura è definita una sintesi tra la tradizione orientale e occidentale.

Lo dicono in tanti. Io ho studiato in Russia e in Italia e la cultura è molto simile. Sono ortodosso e da quella tradizione ho ereditato la serietà e l’amore per il mantenimento delle tradizioni.

Il San Giovanni dell’affresco della cattedrale di Noto le somiglia in maniera impressionante…

La sua iconografia era di un giovane biondo coi capelli lunghi. Io ho queste sembianze, poteva esserci modello migliore? Ma non ho fatto il mio autoritratto.

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