Il satellite nordcoreano preoccupa?

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Il lancio, pur fallito, di Pyongyang rinvigorisce la crisi con l'Occidente e fa alzare la tensione in quell'area dell'Estremo Oriente. La posizione russa

La Corea del Nord non è riuscita il 13 aprile 2012 a effettuare con successo il lancio del suo satellite, che aveva tanto allarmato i leader politici di entrambe le sponde dell’Atlantico. Il vettore “Unha-3” si è disintegrato in volo a soli due minuti dopo lo start degli ingegneri. I suoi frammenti sono finiti nel Mar Cinese Orientale. Non ci sono state vittime o danni significativi, ma la reazione delle principali potenze mondiali, come era da aspettarsi, è stata comunque negativa e potrebbe provocare un’altra crisi nella penisola coreana.

La messa in orbita del satellite “Kvanmenson-3” (“Stella splendente”) era stata programmata in occasione dei grandi festeggiamenti del centenario della nascita di Kim Il Sung. Proprio alla vigilia di questo evento, al nipote Kim Jong Un erano stati assegnati due incarichi governativi di assoluto rilievo, quelli di segretario generale e di presidente della Commissione Militare Centrale. Viste le circostanze, le regole della propaganda imponevano un evento eccezionale in grado di dimostrare l’esattezza della nuova rotta intrapresa dal Paese. E il lancio del satellite sarebbe stato perfetto. Avrebbe sancito il trionfo del progresso tecnologico in Corea del Nord e avrebbe messo il Paese sullo stesso piano degli altri leader mondiali, anche nella sfera tecnico-militare.

Per questo motivo, le richieste provenienti dall’estero di cancellare il lancio non hanno avuto nessun effetto. “I leader nordcoreani si sono preoccupati innanzitutto di risolvere le questioni di politica interna e di accrescere il loro prestigio”, osserva l’ex ambasciatore russo in Corea del Nord, Georgij Toloraja.

Allo stesso tempo, la dura reazione della comunità internazionale al lancio del missile a lungo raggio minaccia, secondo il diplomatico russo, di aggravare la situazione nella penisola coreana. Il lancio, anche se fallito, è diventato un pretesto per aumentare le pressioni sul Paese e il suo giovane leader, fatto che potrebbe contribuire a un ulteriore isolamento della Corea del Nord se quest’ultima non cambierà atteggiamento.

Di questo aveva già parlato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, in un’intervista con il canale spagnolo Telemundo: “Continueremo a esercitare pressioni sulla Corea del Nord e loro continueranno a isolarsi sulla scena internazionale, a meno che non intraprendano un cammino diverso”.

A quanto pare proprio per evitare che ciò avvenga, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha fatto una serie di dichiarazioni, sottolineando che sono il risultato di un accordo tra Corea del Nord, Russia e India. Secondo Lavrov, “la Repubblica Democratica Popolare di Coreaha il diritto di utilizzare lo spazio per scopi pacifici. Tuttavia, in questa fase, questo diritto risulta limitato dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Non appena matureranno le condizioni per la revoca delle sanzioni (…), la Corea del Nord non sarà più sottoposta ad alcuna limitazione nel suo diritto a servirsi dello spazio e dell’energia nucleare per fini pacifici”. Si parla ovviamente del controllo internazionale sul programma missilistico e nucleare della Corea del Nord.

Il ministro russo ha inoltre osservato che i recenti eventi richiedono un esame attento da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Allo stesso tempo, Lavrov si è dichiarato contrario a nuove sanzioni nei confronti della Corea del Nord e a favore invece di negoziati a sei sul programma nucleare della repubblica comunista. Infine ma non meno importante è il fatto che Mosca ha improntato la propria politica regionale sul desiderio di limitare il programma nucleare nordcoreano.

“La Repubblica Democratica Popolare di Corea possiede già dei dispositivi nucleari al plutonio, che possono essere utilizzati in situazioni di conflitto”, avverte Toloraja. “Ulteriori pressioni su Pyongyang potrebbero spingere il Paese ad attivare l’altra parte del suo programma nucleare, ovvero la creazione di ordigni a base di uranio. Per la Russia sarebbe inaccettabile”.

La situazione, tra le varie cose, è identica a quella iraniana, dove la Russia teme pure che un’eccessiva pressione su Teheran possa determinare solo la creazione di armi nucleari in questo Paese a lei vicino.

Ci sono però altri aspetti della campagna contro il programma missilistico nordcoreano che andrebbero ricordati. “È importante sottolineare che i nordcoreani hanno cercato di lanciare in orbita quel missile per dieci anni e non ci sono, a quanto pare, ancora riusciti”, ha osservato Obama nel corso dell’intervista. A ciò va aggiunto il fatto che hanno impiegato tre settimane per prepararsi al suo lancio, il che sarebbe impensabile nell’eventualità di uno scontro armato. Non è ancora chiaro poi se il missile in questione sia in grado di trasportare testate nucleari, il cui peso si aggira sui 300-500 chilogrammi, e se la Corea del Nord disponga, in linea di principio, di tecnologie avanzate in grado di produrle.

Tuttavia, è stata proprio in vista di una possibile minaccia missilistica nordcoreana che si è pensato di dispiegare nell’Estremo Oriente lo scudo missilistico degli Stati Uniti, così da completare i sistemi di difesa missilistici già dislocati in Alaska e in California. Anche il Giappone potrebbe contribuire in modo significativo a un aumento della tensione nella regione. Vista la crisi in atto, Tokyo ha deciso di schierare tre navi da guerra, dotate del sistema di combattimento integrato Aegis e due complessi di difesa antimissile terra-aria “Patriot” PAC-3 per la possibile intercettazione di missili nordcoreani. Inoltre, come riportato dal quotidiano Yomiuri, per la prima volta l’esercito giapponese e quello statunitense sembrano aver coordinato le loro attività.

“Tutte le operazioni nell’ambito della difesa missilistica in Estremo Oriente sono rivolte contro la Russia e soprattutto contro la Repubblica Popolare Cinese”, osserva Toloraja. “La Corea del Nord non costituisce una minaccia reale per i suoi vicini. I leader politici di Pyongyang ricordano che la guerra per loro sarebbe un suicidio. Ma sono pronti a rispondere in caso di un attacco. Non avrebbe senso provocare Pyongyang, anche se ciò potrebbe servire a qualcuno come strumento per creare delle tensioni geopolitiche vista la crescente influenza della Cina nella regione del Pacific Rim”.

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