Foto: AP
Oleg Danilin, partner del gruppo “Ernst & Young”, ha commentato i risultati del vertice dei Brics, tenutosi il 29 marzo 2012 a Nuova Delhi. Al summit i leader di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica hanno deciso di istituire una propria banca per lo sviluppo. Significa che i Brics smetteranno di essere una formazione amorfa con obiettivi poco chiari e diventeranno un blocco economico a tutti gli effetti?
I Brics, effettivamente, si stanno muovendo verso la creazione di un potenziale blocco politico ed economico. È estremamente interessante notare come lo stiano facendo seguendo lo stesso ordine cronologico seguito dall’Unione Europea: hanno prima definito i meccanismi economici e poi hanno sollevato subito la questione politica.
Esperti di vario livello hanno sottolineato ripetutamente che i punti di contatto che legano i Brics sono troppo pochi. Condivide questo punto di vista?
Ciò non è del tutto vero. Questa unione che si sta cristallizzando tra i Paesi Brics ha alla base un’idea unificante estremamente forte, ovvero il desiderio di aumentare drasticamente il ruolo dei membri nell’economia e politica mondiale a spese dell’unione stessa. Ciò avviene senza alcun accenno a un sistema di sicurezza comune e di cooperazione militare, dal momento che le strategie nazionali di sviluppo e l’armonizzazione delle economie rimangono due discorsi separati. Un mondo unipolare e l’imposizione della volontà politica di un solo Paese su tutti gli altri non va più bene a quei Paesi in via di sviluppo che possono permettersi una politica estera indipendente. Per questo, in tale unione non compaiono né il Messico né la Turchia, nonostante i loro tassi di crescita economica superino quelli di alcuni dei Paesi Brics.
Dal punto di vista politico ed economico, quali sono i vantaggi che i Brics possono trarre dall’istituzione di una propria banca per lo sviluppo e dal passaggio a un sistema di mutui crediti in valute nazionali?
L’istituzione di una banca sovranazionale per lo sviluppo dei Brics e il passaggio a un meccanismo di mutui crediti avrà un impatto piuttosto significativo sul sistema finanziario mondiale. Di fatto darà luogo a una struttura molto potente e quasi separata in grado di accumulare risorse finanziarie provenienti dai mercati mondiali e di reindirizzarle in progetti di sviluppo propri dei Paesi Brics, in particolare a quelle aree che gli stessi Brics considerano promettenti, così da contribuire al rafforzamento della loro competitività nazionale, senza rischiare di danneggiarsi reciprocamente.
Quindi si tratta semplicemente di una “piccola rivincita” dei leader di questi Paesi in via di sviluppo, dinanzi a un mancato rafforzamento del loro ruolo in seno al Fondo Monetario Internazionale?
Non riteniamo si tratti di una “piccola rivincita”, la questione ha assunto un carattere notevole. Nel caso in cui venga adottato il principio “un Paese, un voto”, ciò vorrà dire un nuovo Bretton Woods, l’ultimatum degli Stati Uniti in merito a decisioni di natura economica e politica. Ad esempio: il voto del Brasile in seno alla Banca Mondiale viene calcolato in proporzione alla sua quota di capitale, poco più del 2 per cento. Nel caso in cui venga istituita una “banca dei Brics” sul principio “un Paese, un voto”, la quota del Brasile sarà del 20 per cento.
C’è un legame tra la dinamica dei rapporti economico-commerciali all’interno dei Brics e questo passaggio a un sistema di mutui crediti in valute nazionali? In questo modo, il nuovo blocco economico non sarebbe soprattutto appannaggio della Cina, e non di Russia e India?
La dinamica dei rapporti commerciali in questo caso non c’entra. Ciò che conta è l’”appetito” che tutti i Paesi BRICS dimostrano nei confronti degli investimenti diretti. Questo “appetito” c’è ed è particolarmente sostanzioso. Naturalmente, la Cina, essendo il Paese che detiene le dimensioni e i tassi di crescita economica superiori, tenderà ad assumere un ruolo dominante. Ciononostante escludiamo che la Cina sarà l’unico Paese a beneficiare dal consolidamento di questo blocco. Nell’interesse di tutti i Paesi c’è la diversificazione valutaria, gli investimenti reciproci e il “ritiro”, sebbene parziale, dal dollaro e dall’euro.
Quali fattori intralciano ancora lo sviluppo degli scambi commerciali tra i nostri Paesi nelle valute nazionali?
Parlare di intralci agli scambi commerciali tra i Paesi Brics non è del tutto corretto. Il volume degli scambi bilaterali sta crescendo, e cresce anche molto in fretta. Esso dipende dalla domanda interna, che è determinata, a sua volta, dal livello crescente (e questo è un dato di fatto) del reddito a disposizione della popolazione dei Paesi coinvolti; popolazione che rappresenta la metà di quella mondiale. I fattori che non contribuiscono allo sviluppo degli scambi sono soprattutto: il costo elevato e il livello di produttività marginale del lavoro (in Russia, ad esempio); i tassi di produzione tecnologica insufficienti, che in Russia dipendono dalla disponibilità di investimenti; e i difetti strutturali dell’economia (sviluppo prioritario del settore delle materie prime a scapito di quello dei trasporti, delle comunicazioni, dei servizi e della produzione di prodotti ad alto contenuto tecnologico), che determinano la posizione del Paese nel sistema di divisione internazionale del lavoro.
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email