Foto: Itar-Tass
I fatti, prima dei commenti. Il 21 febbraio 2012 cinque ragazze col viso coperto da maschere sono entrate di corsa nell’ambone della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca ed hanno tentato di improvvisare un concerto, gridando: “Maria, madre di Dio, manda via Putin”. Il tutto è avvenuto in meno di un minuto e sono state fermate dalla sicurezza della cattedrale. Il 2 marzo 2012 la polizia di Mosca ha intentato causa facendo riferimento all’articolo inerente agli atti di teppismo, che prevede fino a sette anni di carcere; è stata aperta la caccia alle ragazze. Il 4 marzo 2012 sono state fermate due attiviste del gruppo Pussy Riot, Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alehina, e poco tempo dopo ne è stata fermata un’altra, Ekaterina Samucevich. Le ragazze sono in stato di fermo per 60 giorni, periodo di durata delle indagini.
Il gesto delle Pussy Riot ha avuto grande risonanza pubblica. La questione è stata dibattuta pubblicamente in particolare nei blog. “Non ci si deve chiedere se uscite del genere in moschee e sinagoghe, e non solo nelle cattedrali ortodosse, vadano perdonate o incoraggiate. Il punto è che il teppismo è teppismo, anche in biblioteca”, ha scritto ad esempio il blogger pioneer-lj. I blogger sono divisi: c’è chi cerca di “capire e perdonare” e chi è per “punire e far pagare”.
La direzione della Chiesa Ortodossa Russa e buona parte dei credenti esigono che le femministe siano punite e hanno chiamato la società a condannare il gesto e a riconoscerlo come reato. Rappresentanti ufficiali della Chiesa Ortodossa Russa hanno dichiarato di non reputare necessario il fermo della Tolokonnikova, della Alehina e della Samucevich, e nemmeno il carcere effettivo, ricordando che gli organi che hanno in mano le indagini fanno il proprio lavoro in modo indipendente dalla Chiesa. Ma il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill ha giudicato inaccettabili i tentativi di giustificare le responsabili.
Dal canto suo, il Consiglio Interreligioso della Russia (che riunisce organizzazioni ortodosse, islamiche, buddiste e induiste) ha invitato le Pussy Riot a scusarsi pubblicamente. Ma c’è anche chi richiama alla calma. Vladimir Legojda, guida del dipartimento informativo sinodale della Chiesa Ortodossa Russa, non vede motivo di tenere in stato di fermo le donne; quello che è importante, per lui, è che il tutto avvenga entro i limiti della legge: “La Chiesa da sempre invita alla misericordia. E questa non è un’eccezione. <…> Parte della società si sta facendo un’immagine sbagliata e pensa che le colpevoli siano in stato di fermo per volere della chiesa. Ovviamente non è così. Inoltre, l’attenzione di media ed opinione pubblica è incentrata sulla vita privata delle ragazze, alcune delle quali sono mamme di bambini piccoli”.
Sergej Smirnov, membro del collegio di avvocati “Yukov, Khrenov & Partners”, non ritiene che l’azione delle Pussy Riot sia perseguibile penalmente: “Questo è un caso di mera infrazione amministrativa dell’articolo inerente agli atti di teppismo non gravi”. E per questo credo che in questa situazione l’arresto preventivo e l’azione legale con riferimento all’articolo sugli atti di teppismo siano infondati e non consoni. Tuttavia, il periodo di 60 giorni è parte della prassi, non è per niente una misura severa. Quando un caso va in tribunale con istanza di misure cautelari in forma di arresto, il periodo è, appunto, di due mesi. Faccio fatica a prevedere i prossimi sviluppi. Ma, purtroppo, il nostro diritto penale è strutturato in modo tale che, se un caso finisce in tribunale e non alla corte dei giurati (e qui non ci troviamo di fronte ad una situazione del genere) quasi sicuramente il processo termina con una condanna”.
L’avvocato delle Pussy Riot, Violetta Volkova, ha dichiarato che, in caso di esito negativo per le ragazze, farà ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo. “Procedimenti penali per un caso come questo non se n’erano mai visti prima”, ha spiegato.
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