Foto: Itar-Tass
Sono passati quasi quattro anni dalla guerra e soprattutto dalla conseguente dichiarazione d’indipendenza che ha fatto dell’Ossezia del Sud uno Stato autonomo - riconosciuto a dire il vero solo dalla Russia, dal Venezuela e da qualche altro – ma la repubblica separatista continua a soffrire di una cronica instabilità.
Le elezioni presidenziali del novembre 2011 erano finite in un pasticcio, dopo che quella che sembrava la vincitrice, la leader dell'opposizione Alla Dzhioieva, era stata accusata di brogli dal perdente, Anatoli Bibilov, candidato vicino a Mosca. A febbraio 2012 la Dzhioieva era poi finita in ospedale per un malore che l’aveva colpita durante un’irruzione della polizia negli uffici del suo partito. Dimessa, non ha partecipato alla recente ripetizione del voto che ha visto la sfida tra Leonid Tibilov, David Sanakoiev e Dmitri Medoiev.
Saranno i primi due a presentarsi al ballottaggio ad aprile 2012 per prendere il posto dello storico presidente Eduard Kokoity, impossibilitato secondo la Costituzione a presentarsi un’altra volta. Al nuovo capo di Stato spetterà il difficile compito di trovare un equilibrio tra il grande vicino russo di cui ha accolto de facto la protezione e la Georgia, Paese di cui – almeno de jure, cioè per il diritto internazionale, la realtà è un’altra cosa – fa ancora parte.
Dopo il conflitto dell’estate del 2008, da un lato Mosca mantiene ancora truppe nella zona e non ha nessuna intenzione di andarsene, dall’altro Tbilisi non si dà ufficialmente per vinta e mantiene la speranza di reintegrare sia Tskhinvali che la vicina Sukhumi, capitale dell’Abkhazia, l’altra repubblica indipendentista. Le prospettive che la situazione attuale si sblocchi sono però estremamente remote e la comunità internazionale non ha mezzi né strategie per raggiungere una soluzione condivisa.
Tra Russia e Georgia le relazioni sono ancora critiche, i rapporti tra Vladimir Putin e Mikhail Saakashvili di fatto inesistenti e probabilmente solo un ammorbidimento delle rispettive posizioni potrebbe condurre a disinnescare nuove pericolose micce. Le recenti esercitazioni militari in Georgia in collaborazione con gli Usa hanno fatto storcere il naso al Cremlino, visti i precedenti, tanto che il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto di essersene lamentato direttamente con Hillary Clinton.
D’altro canto Saakashvili è impegnato, in vista delle prossime elezioni parlamentari, a rinsaldare il proprio potere contro l’assalto dell’opposizione guidata dal miliardario Bidsina Ivanishvili e la carta antirussa è un classico del repertorio populista del capo di Stato georgiano. Nei prossimi mesi non è dunque da escludere un surriscaldamento del clima, con gli attriti internazionali che si mischieranno a quelli già in atto a livello interno, dopo la confusione delle elezioni presidenziali.
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