“Ama la rivoluzione!” è il titolo e insieme
l'imperativo che muove il protagonista del primo romanzo di Aleksandr Solzhenitsyn. Pubblicato in Italia da Jaca Book
quattro anni dopo la morte del premio Nobel e quasi mezzo secolo dopo la
sua stesura, il romanzo è stato presentato nel nostro Paese da uno dei figli
dello scrittore, Ignat.
Si tratta di un romanzo incompiuto fortemente autobiografico in cui è facile riconoscere dietro i sentimenti e le azioni del giovane Gleb Nerzin Solzhenitsyn stesso. Appena trentenne l'autore di "Arcipelago Gulag" e "Una giornata di Ivan Denisovic" iniziò a scrivere queste pagine di nascosto nell'istituto di ricerca segreto in cui era detenuto nel 1948 e le riprese solo dieci anni dopo senza però portare mai a termine la narrazzione.
L'alter ego di Solzhenitsyn, Gleb, è un giovane di 23 anni laureato in matematica ma appassionato di letteratura, pieno di ideali e devoto alla causa rivoluzionaria. Quando la guerra lo sorprende nel pieno di suoi studi l'unica cosa che gli interessa è rendersi utile, partecipare attivamente e in prima persona alla causa. Il suo sogno è un posto in artiglieria, ma a ostacolarlo c'è una visita medica che pochi anni prima lo aveva dichiarato “parzialmente inidoneo” al servizio militare.
Quello che Solzhenitsyn compie e fa compiere a Gleb in queste pagine è un viaggio reale ma anche intellettuale nelle retrovie della guerra, nei treni freddi e affollati, nelle campagne, nei paesaggi bellici che fanno sempre da sfondo. È un viaggio che porta il protagonista a uno scontro continuo tra ideale e realtà, tra inattività e desiderio di azione. Un viaggio che lo pone davanti a tanti ostacoli che sembrano sempre sul punto di troncare il suo sogno sul nascere. Un viaggio anche formativo, quindi, che serve al giovane Gleb per affrontare le battaglie reali e interiori.
“Ama la rivoluzione!” è un punto di partenza per riscoprire l'opera di Solzhenitsyn troppo spesso finito nell'oblio e di cui in queste pagine si può conoscere e scoprire l'animo giovanile, gli ideali che lo portarono poi a diventare uno dei più grandi simboli del dissenso russo.
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email