La guerra per la carne suina

Foto: PhotoXpress

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Gli allevatori russi, i colossi del settore e il governo della Federazione puntano a soddisfare il fabbisogno interno con grandi finanziamenti e dazi sulle importazioni

Infuria tra Europa e Russia una guerra sulla carne. Da quando la popolazione mondiale nel 2011 è arrivata alla soglia dei sette miliardi di esseri umani, i generi alimentari  molto rapidamente stanno diventando un prodotto strategico alla pari con il petrolio, e i vari Paesi si stanno precipitando ad aumentare la loro produzione dei più importanti prodotti di base.

 

La Russia potrebbe essere una fucina di prodotti agricoli, e, invece, secondo il Comitato di  Statistica dello Stato, importa ancora il 40 per cento del proprio fabbisogno alimentare. In ogni caso, un notevole impulso sostenuto  da adeguati investimenti statali ha permesso alla Russia di diventare autosufficiente nel 2009 in quanto a fabbisogno di pollame e nel 2012 si spera che accada altrettanto per la carne suina.

 

La rilevanza che hanno assunto le importazioni di carne è venuta  alla ribalta della cronaca negli anni Novanta, quando una disputa  commerciale scoppiata con gli Stati Uniti indusse la Russia a bloccare le importazione delle “Zampe di Bush”, le cosce di pollo surgelate americane così soprannominate dai venditori ambulanti dei mercati all’aperto russi riprendendo  il nome dell’allora presidente George W. Bush.

 

Lo Stato ha investito denaro in questo settore grazie a  prestiti agli allevatori erogati dalla Banca russa per l’Agricoltura, la Rosselkhozbank, una delle cinque banche più importanti del Paese. Il settore agricolo è in rapida espansione e la Russia ha scalato  velocemente  la classifica degli esportatori di grano nel mondo nel 2008 balzando al quarto posto.

 

La produzione di carne, però, è rimasta ancora indietro. Quella di pollame è aumentata seguendo il ritmo di  crescita del  grano, essendo per altro il tipo di carne più semplice da produrre. Subito dietro al pollame c’è la produzione di carne suina, che sarà seguita da quella bovina quando entro i  prossimi anni entrerà in piena produzione una serie di grandi ranch che riceveranno finanziamenti pubblici.

 

Nell’attesa che ciò accada, buona parte delle importazioni di carni suine arriva dall’Europa e proprio la carne di maiale è stata al centro del contendere durante i negoziati alla Wto (l’Organizzazione Mondiale del Commercio), culminati a dicembre 2011 con l’adesione formale  della Russia all’accordo per il commercio globale. I produttori locali di carni suine molto probabilmente subiranno qualche contraccolpo dovuto al fatto che saranno abrogate le restrizioni commerciali imposte alle importazioni di carni dall’Europa.      

 

“L’ingresso nel Wto verosimilmente lascerà immutato e non influirà sul settore del pollame, mentre caleranno gli utili nel settore dell’allevamento di suini, benché gli allevatori più produttivi dovrebbero essere in grado di conservare alcuni dei margini più ampi su scala globale”, ha commentato Mikhail Krasnoperov, analista di Troika Dialog.

 

Per contrastare la competitività della concorrenza europea, il governo ha stanziato investimenti  per 6 miliardi di rubli (200 milioni di dollari), destinati a incrementare la produzione interna di carni suine e ad aumentare e mantenere la quota di mercato nel 2012. Il ministro russo dell’Agricoltura Elena Skrynnik ha dichiarato che lo Stato intende porre fine all’importazione annuale di circa 500-600mila tonnellate di prodotti suini, pari a un quinto dei consumi totali.

 

La penuria di carni  suine nel 2011 ha già fatto arrivare a livelli record i prezzi e adesso che l’incertezza relativa all’ingresso nel Wto è stata risolta, il sempre più invogliante mercato ha spinto molti grandi produttori interni di carni suine a dare il via a  programmi di investimento.

 

Al momento la Russia sovvenziona i produttori locali con un sistema di quote e imponendo alti dazi sulle importazioni di carni di maiale, ma dopo che a dicembre 2011 la Russia è entrata nel Wto il nuovo regime commerciale più aperto renderà addirittura  più facili le importazioni delle carni suine di produzione europea.

 

“Negli ultimi cinque anni, gli investitori russi e quelli stranieri hanno speso oltre 7 miliardi di dollari nel comparto  russo delle carni suine”, ha detto Sergei Yushin, presidente dell’Associazione nazionale russa dei produttori di carne, che al contempo ha messo in guardia dal pericolo che in seguito alla recente adesione al Wto gli investimenti dall’estero siano a rischio senza un consistente aiuto statale.

 

Le importazioni in Russia di carne suina potrebbero triplicare in base al nuovo regime commerciale, ha detto a Bloomberg il sindacato nazionale degli allevatori di suini ed entro il 2020  potrebbe raggiungere una produzione di 1,8 milioni di tonnellate di carni e soddisfare quasi la metà del fabbisogno interno complessivo russo. I coltivatori temono nondimeno che l’aumento delle importazioni a basso prezzo e di alta qualità possa vanificare gli investimenti negli allevamenti russi di suini, che tendono a essere più piccoli e meno efficienti degli allevamenti su vasta scala presenti in Occidente. Secondo le stime del sindacato allevatori di suini la produzione interna andrà a calare a partire dal 2014.

 

“L’interesse per gli investimenti in questo settore calerà  bruscamente dopo  l’ingresso della Russia nel Wto”, ha affermato Nikolai Birulin, presidente del sindacato. “Soltanto i progetti in corso di realizzazione adesso nel settore agricolo avranno qualche possibilità di ricevere ordinazioni”. Secondo Birulin, in seguito all’adesione al Wto il comparto  dell’allevamento dei suini in Russia potrebbe subire perdite nell’ordine  di almeno 20 miliardi di rubli (662 milioni di dollari).

 

Il governo è consapevole del problema: lo ha affermato il viceministro dell’Agricoltura Ilja Shestakov, e di conseguenza avrebbe in cantiere un progetto finalizzato a sostenere la produzione interna con misure amministrative adeguate e linee di credito, almeno  fino a quando il settore non potrà reggersi in piedi da solo a fronte della concorrenza da parte di importazioni più vantaggiose dal punto di vista economico.

 

Nel frattempo i più importanti produttori russi di carni suine stanno accelerando i loro investimenti per accaparrarsi quante più quote di mercato riusciranno prima che si scateni la concorrenza.

        

All’inizio di febbraio 2012 il più importante operatore nel settore delle carni lavorate in Russia, il gruppo Cherkizovo, ha annunciato che nei prossimi due anni incrementerà dell’80 per cento  la produzione delle carni nei suoi 10 allevamenti di suini fino ad arrivare a una produzione annua di 180mila tonnellate. Parole dell’amministratore delegato  Sergei Mikhailov al Russia Forum 2012 a Mosca.

 

Anche il suo più importante antagonista commerciale, Rusagro, ha dichiarato che intende espandere il proprio allevamento e l’impianto di lavorazione delle carni suine ubicato nella regione di Tambov,  investendo altri tre miliardi di rubli nel 2012 per arrivare a una produzione annua di circa 100mila tonnellate di carne, secondo quando ha detto l’amministratore delegato della società Maxim Basov. Basov  ha anche precisato che nel 2011 l’azienda ha già investito 2,5 miliardi di rubli e un’ulteriore espansione sarà cofinanziata dal governo che ha messo a disposizione sei miliardi di rubli per incrementare la produzione di carni suine nel Paese.

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