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La Russia è parte di un mondo vasto, non possiamo né vogliamo isolarci. Contiamo sul fatto che la nostra politica di apertura porti ai cittadini russi un incremento del benessere e della cultura e rafforzi la fiducia, un bene che sta diventando sempre più raro.
Chi
compromette la fiducia
Appartengono alla serie di postulati fondamentali: il carattere indivisibile della sicurezza per tutti gli Stati, l’inammissibilità di un impiego ipertrofico della violenza e l’osservanza incondizionata dei principi fondanti il diritto internazionale. Alcuni aspetti del comportamento degli Usa e della Nato non si confanno alla moderna logica di sviluppo, ma sono un allargamento delle prerogative della Nato che includono la dislocazione di nuove infrastrutture militari e la promozione di intese (con il beneplacito americano) per la costruzione di sistemi di scudi antimissile in Europa.
I
crimini contro l’umanità devono essere puniti da un tribunale
internazionale. Ma se in virtù di questo diritto si può facilmente
infrangere la sovranità di uno Stato, se i diritti dell’uomo
vengono difesi dall’esterno e su un campione a scelta – e nel
processo di “difesa” si calpestano quegli stessi diritti delle
masse, incluso il diritto alla vita – non stiamo parlando di un
atto di benevolenza, ma di pura e semplice demagogia.
È
importante che l’Onu e il suo Consiglio di sicurezza possano
contrastare in modo efficace ai dictat di una serie di Paesi e ai
soprusi sull’arena internazionale; nessuno ha il diritto di
arrogarsi le prerogative e i poteri dell’Onu, specialmente per ciò
che riguarda l’impiego della forza in relazione agli Stati sovrani:
ci riferiamo in primo luogo alla Nato e al suo tentativo di assumere
funzioni di “alleanze difensive” che non le spettano.
“La
primavera araba”: lezioni e conclusioni
“La primavera araba” è stata inizialmente recepita favorevolmente, facendo sperare in cambiamenti positivi. Tuttavia è diventato ben presto chiaro che in molti Paesi gli eventi stavano prendendo una piega diversa dallo scenario di civilizzazione che si pensava. Al posto di confermare la democrazia, al posto di difendere i diritti delle minoranze, l’oppositore è stato messo al bando, è avvenuto il golpe.
Si
è arrivati al punto in cui una serie di Stati, sotto la protezione
di slogan umanitari e con l’aiuto dell’aviazione, si sono
sbarazzati del regime libico. L’apoteosi è stata raggiunta con una
scena disgustosa, di quelle che non si vedevano nemmeno nel Medioevo:
la primitiva azione punitiva contro Gheddafi.
Non
bisogna permettere che qualcuno provi a realizzare lo “scenario
libico” in Siria. Gli sforzi della comunità internazionale si
devono concentrare innanzitutto per ottenere la rappacificazione
interna della Siria. È fondamentale non consentire l’insorgere di
un’effettiva guerra civile.
Nei
Paesi direttamente coinvolti nella “primavera araba”, come prima
l’Iraq, le società russe perdono posizioni, acquisite in decenni,
sui mercati locali, mentre le nicchie liberate sono riempite da
attori economici che appartengono a quei governi che hanno
incentivato il cambiamento dei regimi al potere. Può sorgere il
dubbio che questi tragici eventi siano stati dettati in buona misura
non dalla preoccupazione per i diritti dell’uomo, ma per
l’interesse di qualcuno nell’ambito dei mercati.
La “primavera araba” ha anche chiaramente dimostrato che oggigiorno l’opinione pubblica mondiale si forma per mezzo dell’attiva mobilitazione di tecnologie informative e comunicative avanzate. Occorre tracciare una netta linea di demarcazione tra dove sia la libertà di parola e il normale attivismo politico e dove invece agiscano strumenti illegittimi di “forza debole”. Non si può che accogliere l’operato a favore della civilizzazione portato avanti dalle organizzazione umanitarie e di beneficenza, incluse quelle che si esprimono con aspre critiche contro i poteri in carica. Tuttavia l’attivismo “pseudo-no profit“ di altre strutture che perseguono con appoggi esterni lo scopo di destabilizzare la situazione attuale in alcuni Paesi non è ammissibile.
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Nuove sfide e minacce
È indubbio che la Russia manifesti preoccupazione per la crescente minaccia di un’azione militare in Iran. Noi proponiamo di riconoscere all’Iran il diritto di sviluppare un programma atomico a scopo civile e di arricchire l’uranio. In cambio chiediamo di sottoporre tutta l’attività nucleare iraniana al controllo dell’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica). Se questo avvenisse tutte le sanzioni contro l’Iran verrebbero cancellate.
Una
situazione altrettanto seria si sta sviluppando attorno al problema
del nucleare coreano. La presenza del nucleare nella Corea del Nord è
per noi inaccettabile. Ci pronunciamo totalmente a favore della
denuclearizzazione della penisola coreana, pur con mezzi
esclusivamente politico-diplomatici. Sono convinto che in questo
momento occorra dimostrare di essere particolarmente scrupolosi. Sono
inaccettabili i tentativi di mettere alla prova la solidità del
nuovo leader della Corea del Nord che in sostanza provocherebbero
contromisure sconsiderate.
Abbiamo la sensazione che i casi sempre più frequenti di brusca ingerenza, persino con la forza, da parte di agenti esterni sugli affari interni di un paese possano stimolare i regimi autoritari (e non soltanto loro) a ricorrere agli armamenti nucleari. Se ho una bomba in tasca nessuno dovrebbe toccarmi perché tiene di più a se stesso; quelli senza bomba che aspettino pure gli interventi “umanitari”.
In
Afghanistan il contingente militare internazionale sotto l’egida
della Nato non ha risolto gli impegni che si era prefissato. Dopo
aver annunciato il ritiro delle truppe nel 2014, gli americani stanno
progettando la costruzione, nel Paese e negli stati confinanti, di
basi militari benché manchino un preciso mandato, degli obiettivi e
la durata del loro funzionamento. Noi non siamo ovviamente d’accordo.
L’Afghanistan è un nostro vicino e a noi interessa che questo
Paese si sviluppi in modo stabile e pacifico. E soprattutto che
smetta di essere la principale fonte della minaccia legata al
narcotraffico.
Siamo
disposti a esaminare un serio ampliamento della partecipazione russa
nelle operazioni di soccorso per il popolo afgano. A condizione però
che il contingente internazionale in Afghanistan agisca con maggiore
efficienza anche nei nostri interessi e si occupi dell’eliminazione
reale delle coltivazioni di oppio e dei laboratori segreti per la sua
lavorazione.
L’Onu
ha adottato una strategia globale contro il terrorismo, ma si ha
l’impressione che la lotta a questo male continui comunque a essere
portata avanti non secondo un progetto unico e condiviso, ma reagendo
di volta in volta alle sue manifestazioni più gravi o barbariche. Il
mondo civilizzato non deve stare ad aspettare una tragedia delle
dimensioni dell’attacco a New York nel settembre del 2001 o una
nuova Beslan e soltanto dopo, con il cuore in gola, agire in maniera
decisa e coordinata.
Maggiore importanza al ruolo del Pacific Rim, gli Stati della costa dell'Oceano Pacifico
Sono
convinto che la crescita dell’economia cinese non sia una minaccia,
ma una sfida che porta con sé un enorme potenziale di collaborazione
economica e commerciale, la possibilità di raccogliere il “vento
cinese” nelle
“vele” della nostra economia.
Con
il suo comportamento sull’arena mondiale la Cina non dà adito a
pretese di dominio. La voce orientale risuona effettivamente nel
mondo in modo sempre più sicuro e accogliamo con gioia questo fatto
in quanto Pechino condivide la nostra visione di un ordine mondiale
paritario.
Un
altro gigante asiatico sta crescendo a grande velocità: l’India.
La Russia è legata a questo Paese da rapporti tradizionalmente
amichevoli, il cui contenuto è determinato dalla gestione dei due
paesi secondo una partnership particolarmente privilegiata e
strategica. Dal rafforzamento di tale intesa non sono soltanto i
nostri paesi a trarre benefici, ma anche l’intero sistema
policentrico mondiale che si sta formando.
Conferiamo,
oggi come in futuro, un significato prioritario alla cooperazione con
i partner del Brics. Questa struttura unica nel suo genere
simboleggia più chiaramente di tutti il passaggio da una politica
monocentrica alla formazione di un assetto mondiale più giusto. Tale
alleanza unisce cinque Paesi con una popolazione pari a circa tre
miliardi di persone, detentori delle più importanti economie in via
di sviluppo, di colossali risorse umane e naturali e di enormi
mercati interni.
Negli
ultimi anni la diplomazia russa e i nostri traffici economici hanno
iniziato a prestare maggiore attenzione per sviluppare la
collaborazione con i Paesi dell’Asia, dell’America latina e
dell’Africa. In queste zone, come in passato, ci sono forti e
sincere simpatie nei confronti della Russia. Tra i compiti cruciali
dell’imminente futuro vedo un’intensificazione delle sinergie
commerciali ed economiche fra i nostri Stati.
Il
ruolo crescente dei continenti prima menzionati all’interno
dell’emergente sistema democratico di gestione dell’economia
mondiale e della finanza si rispecchia nell’attività del “Gruppo
dei dodici”. Ritengo che questa unione si trasformerà presto in
uno strumento strategicamente importante non soltanto come risposta a
situazioni di crisi, ma anche per una riforma a lungo termine
dell’architettura finanziaria ed economica del pianeta.
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Il fattore europeo
La
Russia è una parte inseparabile e naturale della Grande Europa,
della grande civiltà europea. Non siamo affatto indifferenti a come
vadano le cose nell’Europa unita. Ecco il motivo per cui la Russia
propone di muoversi verso la costituzione di un unico spazio
economico e umano, dall’Atlantico fino all’Oceano Pacifico.
La
crisi che ha colpito l’Eurozona non può non toccare i nostri
interessi, e la Russia ha attivamente aderito alle misure
internazionali di sostegno per le economie europee che hanno subito i
maggiori danni. Inoltre credo che gli aiuti finanziari esterni siano
in grado di risolvere il problema soltanto in modo parziale. Per
stabilizzare completamente la situazione occorrono misure forti di
carattere sistemico.
L’attuale
livello di scambio tra la Russia e l’Unione Europea non è conforme
alle sfide globali, prima di tutto sul piano dell’innalzamento
della competitività del nostro comune continente. Ancora una volta
propongo di impiegare le nostre forze per formare un’armoniosa
comunità di economie – da Lisbona a Vladivostok – e, in un
futuro, creare una zona di libero commercio e meccanismi più
avanzati per l’integrazione economica.
Occorre
riflettere anche su una maggiore cooperazione in ambito energetico
fino alla costituzione di un unico complesso energetico europeo.
La
commissione europea del “Terzo pacchetto energia”, in mano alle
lobby, punta a estromettere le società russe, evitando di rafforzare
l’interazione con il nostro Paese. Tenendo conto della crescente
instabilità dei fornitori di risorse energetiche alternativi alla
Russia, il decreto aumenta anche i rischi sistemici per la stessa
energia europea, spaventa i potenziali investitori dei nuovi progetti
infrastrutturali. Molti politici europei con cui ho avuto modo di
parlare si dicono scontenti del “pacchetto”. Bisogna armarsi di
coraggio e togliere questo ostacolo sul cammino verso una proficua
collaborazione reciproca.
L’eliminazione
del visto potrebbe diventare un potente impulso per una reale
integrazione tra la Russia e l’Unione europea, favorendo
l’ampliamento delle relazioni culturali ed economiche. Nel dicembre
del 2011 abbiamo concordato insieme alla comunità europea alcuni
“passi collettivi” verso un regime senza visto che si può e si
deve realizzare senza temporeggiare ulteriormente.
Russia e Usa
Negli
ultimi anni è stato fatto non poco per lo sviluppo delle relazioni
russo-americane. Tuttavia per ora non è stato possibile risolvere la
questione di un radicale mutamento della matrice di questi rapporti.
Il problema principale è che la nostra collaborazione e il dialogo
politico bilaterale non poggiano su una solida base economica.
Non
favoriscono di certo il raggiungimento di comuni identità di vedute
nemmeno i tentativi degli Usa di occuparsi dell’”ingegneria
politica”, anche nelle aree tradizionalmente di nostro interesse e
durante le campagne elettorali in Russia.
Ribadisco
che l’iniziativa americana di costruire un sistema di scudi
antimissili in Europa desta in noi dei legittime timori in quanto
tocca le forze in mano alla sola Russia di una strategica limitazione
nucleare e infrange l’equilibro politico-militare assicurato da
decenni.
L’indissolubile
legame tra lo scudo antimissile e le armi strategiche offensive si
rispecchia dal Nuovo trattato Start (Strategic
Arms Reduction Treaty, ndr)
del 2010. Siamo disposti a esaminare varie alternative su ciò che
potrebbe rientrare nell’agenda dei prossimi mesi comune a noi e
agli Stati Uniti nell’ambito del controllo sugli armamenti. Un
punto fermo dovrà essere l’equilibrio degli interessi, la rinuncia
ai tentativi di raggiungere, per mezzo di trattative, vantaggi
unilaterali per il proprio Paese.
Negli
ultimi anni altre proposte sono state avanzate dal governo russo
riguardo ad alcune possibilità di accordo sullo scudo antimissile.
Sono tutte ancora valide. Non vorremmo arrivare all’installazione
del sistema americano su una scala così ampia da esigere
l’applicazione delle contromisure da noi già annunciate.
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La diplomazia economica
Nel
lungo e impervio cammino di trattative per l’annessione della
Russia al Wto avremmo voluto ancora una volta “sbattere la porta”.
Ma non ci siamo lasciati sopraffare dalle emozioni. Siamo in
definitiva riusciti a provvedere agli interessi dei produttori russi
tenuto conto della crescita imminente della concorrenza esterna.
Ci
occorre uno sbocco sui mercati esteri più ampio e non
discriminatorio. Al momento attuale gli operatori economici russi non
ricevono calorosi benvenuti all’estero: vengono adottate nei loro
confronti misure restrittive di natura politico-commerciale, sono
innalzate barriere tecniche che li pongono in una situazione di
minore profitto rispetto ai concorrenti. Pensiamo per esempio alla
storia con la tedesca Opel che alla fine non è riuscita a includere
investitori russi nonostante l’accordo avesse ricevuto il
beneplacito del governo tedesco e fosse stato recepito positivamente
dai sindacati tedeschi. Oppure gli scandalosi casi in cui ai business
russi che pongono seri investimenti nei capitali esteri non viene
concesso di subentrare in qualità di investitori. Situazioni simili
si verificano spesso nell’Europa centrale e orientale.
Tutto
ciò fa pensare alla pressante esigenza di rafforzare l’affiancamento
politico-diplomatico per quanto riguarda le operazioni degli
imprenditori russi sui mercati esterni, fornendo un sostegno più
concreto ai grandi e importanti progetti economici.
L’appoggio ai connazionali e la dimensione umanitaria
Saremo
risoluti nell’ottenere l’adempimento da parte delle autorità
lettoni ed estoni delle numerose raccomandazioni promosse dalle
organizzazioni internazionali riguardo l’osservanza dei diritti
universalmente riconosciuti alle minoranze nazionali. È
inammissibile l’esistenza del vergognoso status di “non
cittadino”. E come è possibile accettare che un cittadino lettone
su sei e un cittadino estone su tredici siano privati dei
fondamentali diritti politici, elettorali e socio-economici, della
possibilità di utilizzare liberamente la lingua russa?
Il
modo in cui la problematica dei diritti umani viene utilizzata nel
contesto internazionale non ci è molto gradita. In primo luogo gli
Stati Uniti e gli altri paesi occidentali tendono ad appropriarsi
della documentazione sulla tutela dei diritti, politicizzandola e
sfruttandola come strumento di pressione. Secondariamente gli oggetti
del monitoraggio per la tutela dei diritti sono scelti a campione e
pertanto non in base a criteri universalmente riconosciuti, ma a
discrezione dei paesi che hanno “privatizzato” tale
documentazione.
La
sfera dei diritti dell’uomo non deve essere concessa in appalto a
nessuno. La Russia è una giovane democrazia. Manifestiamo sovente
un’eccessiva modestia, abbiamo riguardo per l’amor proprio dei
nostri partner di maggiore esperienza. Tuttavia anche nelle vecchie
democrazie si incontrano gravi infrazioni su cui non bisogna chiudere
gli occhi. Ovviamente un tale lavoro non deve essere condotto secondo
il principio “ognuno pensi per sé”; da un dialogo costruttivo
sui problemi in ambito di diritti umani tutte le parti ne possono
trarre vantaggio.
La
Russia ha praticamente sempre avuto il privilegio di condurre una
politica estera indipendente. Continuerà a farlo anche in futuro.
Sono inoltre convinto che la sicurezza mondiale possa essere
assicurata soltanto insieme alla Russia e non cercando di “metterla
da parte”, indebolendo la sua posizione geopolitica e arrecando
danni alle sue capacità difensive.
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