L'Antartide dei kazaki

Foto: Ria Novosti

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Missione compiuta per il geografo dei record Ordenbek Mazbaev, che, a 57 anni, ha raggiunto il Polo Sud in jeep. Vittoria estrema con un piccolo rammarico

Non c’è freno anagrafico che tenga, quando il motore è la passione. Per Ordenbek Mazbaev è il ghiaccio. Che l’ha portato, alla soglia dei sessanta, a percorrere 4.600 chilometri nel gelo. Otto giorni di viaggio nella bianchezza più meridionale del planisfero. Obiettivo: l’Antartide. E un piccolo angolo nella Storia: la prima spedizione kazaka al polo Sud geografico della Terra, a cent’anni dalla pioniera missione dell’esploratore norvegese Roald Amundsen.

Geografo, professore universitario, un corpo di 57 anni e una tenacia forgiata da esperienze estreme, Mazbaev ha una medaglia d’argento conquistata ai tempi dell’Urss a un rally su ghiaccio: 5.000 chilometri dal deserto di Betpak Dala alle montagne Tyan-Shan. Al Polo Sud, ora, ha la bandiera azzurra e gialla del suo Paese. E un record: il più lungo tragitto su terra a una latitudine simile.

Duemilatrecentootto chilometri in 108 ore. Niente collegamenti aerei, come si usa da quelle parti, quindi. Tutto rigorosamente in auto, dalla base scientifica russa di Novolazarevskaya. Con tre jeep, che hanno zigzagato nel deserto bianco più inospitale che ci sia, sfidando i 40 gradi sotto zero e venti che sferzano a 100 chilometri orari.

Sponsorizzata dalla Kazakh Geographic Society, la missione polare è anche riflesso dell’intenzione del Ministero degli Esteri kazako di firmare il Trattato Antartico. Che punta al bando di attività militari nel continente bianco per lasciarlo alla scienza. Se la firma ci sarà, Almaty avrà la sua base di ricerca al Polo. Per ora, almeno, c’è la sua bandiera.

A partire in direzione Sud il 4 dicembre 2011, oltre a Mazbaev, sono altri sei kazaki. Un team multitasking, composto anche da un fisico, un cameraman, un pilota, due scienziati e un meccanico. Quest’ultimo si rivela cruciale già a 500 metri dalla partenza, quando i pneumatici si spaccano per il gelo. In tutto, le vetture si rompono dieci volte. Ogni due giorni, si dorme riparati da tende “che sono come un hotel a tre stelle”. Con sacchi a pelo collaudati per resistere ai -65° C.

E 500 chilogrammi di scorte di cibo che, in caso di una brutta bufera, basterebbero per sopravvivere un mese. Ma più del freddo o della fame, ha raccontato Mazbaev, la sua ossessione sono stati gli occhiali da sole. Vitali nelle estati dell’Antartide. Perché con il sole che riflette ovunque e batte sempre, notti comprese, il rischio cecità è reale. “Dopo aver guidato in un silenzio di tomba per centinaia di chilometri, perdi il senso dello spazio”, ha aggiunto. “Inizi persino ad avere miraggi: le montagne sembrano grattacieli”.

Alla meta arrivano tutti sani e salvi, ma in ritardo. Il progetto era, infatti, raggiungere il Polo entro il 14 dicembre 2011, per le celebrazioni del centenario della spedizione Amundsen, presenziate dal premier norvegese. Peccato che, causa bufera, i kazaki arrivano pochi minuti dopo la fine dell’evento. “Mi sono sentito come Robert Scott”, ha detto il geografo, alludendo all’amarezza dell’esploratore britannico che per poche settimane fu battuto da Amundsen. Delusioni da polo, che capitano.

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