Foto: Ufficio Stampa
Eccolo di nuovo in Italia Slava
Polunin, con il suo spettacolo hit: Slava’s
Snowshow. Il celebre clown russo è
appena arrivato a Venezia, prima tappa dell’attesissimo tour che dopo la prima
al Teatro Goldoni (dal 15 al 19 febbraio 2012) attraverserà tutta la penisola, toccando Pordenone, Bologna, Torino, Catania, Avellino, Genova.
Tra gli impegni precedenti il debutto, l’artista trova il tempo per una generosa conversazione telefonica, ritmata da quella poetica fantasia che ritroviamo in scena nel suo personaggio: Slava.
Come racconterebbe a chi non l’ha ancora visto, con le sue parole, Slava’s Showshow?
Slava’s Snowshow è uno spettacolo senza parole, ed è difficile raccontarlo con le parole. Tutti vi trovano cose diverse, come se vedessero spettacoli diversi. Le vecchiette si dispiacciono e piangono persino per quanto capita a Slava. I bambini ridono tutto il tempo e poi mi dicono che è lo spettacolo più divertente che abbiano mai visto. I giovani invece lo trovano molto moderno, per il linguaggio teatrale nuovo. Per me Slava’s Snowshow è quanto di più vicino ho fatto alla poetica del sogno di Fellini… ma molto meno triste.
Come è cambiato nei vent’anni dal suo debutto questo spettacolo che lei stesso definisce in continua evoluzione?
È cambiato, soprattutto nei toni: all’inizio era molto tragico, forse perché nato nella Russia di allora; nel tempo poi sono comparsi altri personaggi, più allegri e divertenti. La tragedia si è mescolata alla commedia.
Slava’s Snowshow è stato presentato in oltre 30 Paesi del mondo e 100 città, vincendo premi prestigiosi come l’”Olivier Award” e meritandosi il plauso della critica internazionale. Oltre a conquistare il cuore del pubblico: ma come lo accolgono spettatori di culture tanto diverse?
I più calorosi sono i messicani: guardano metà dello spettacolo in piedi! I belgi invece sono quelli che applaudono più seriosamente. Direi che il pubblico italiano è quello ideale, forse perché avverte che questo spettacolo è nato dall’influenza della commedia italiana.
Ha parlato di Federico Fellini e della commedia italiana: ci sono altri artisti o generi della nostra cultura verso i quali si sente debitore?
Dario Fo innanzi tutto: sono un suo ammiratore e lo considero un artista classico. Per Slava’s Snowshow in particolare cito Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni nella regia di Strehler per il Piccolo Teatro. Ho preso personalmente lezioni da Arlecchino.
Tra i suoi innumerevoli allievi e artisti ci sono anche italiani?
Da diversi anni collaboro con Onofrio Colucci. Accadde così: un mio allievo del Teatro Derevo di Mosca mi disse che aveva incontrato un personaggio che sembrava fatto per me. Esattamente sedici anni fa, proprio qui, a Venezia, in un campiello, Onofrio mi mostrò quello che sapeva fare. Gli chiesi subito che numero di scarpe portasse e dopo due settimane era già con me in tour negli Stati Uniti.
Ripensando alla sua straordinaria biografia, che lei racconta con immagini di surreale delicatezza, crede sia ancora possibile, nella Russia di oggi, per un giovane di provincia com’era lei, realizzare un sogno così?
È stato tanto tempo fa, sì: avevo 7 anni ed ero indeciso se fare il forestale, il bibliotecario o… il clown! In effetti poi ho fatto tutte e tre queste professioni… Penso che più la vita è difficile, più le persone sanno precisamente cosa vogliono fare.
Qual è la sua visione della Russia odierna, e come sente di farne parte in quanto artista?
Il mio è un Paese difficile: prima c’erano determinati problemi, oggi ce ne sono altri. Io spero che un vero clown sia sempre lo specchio dei tempi. Soprattutto in Russia, dove per molto tempo non è esistita la religione e la cultura è diventata la nostra religione.
Ma non trova che oggi, anche in Russia, la vostra grande tradizione culturale sia minacciata dalla mediocrità di certi modelli televisivi?
Non ho questa visione dei generi artistici: convivono, alti o bassi che siano. A Mosca comunque i teatri sono tantissimi ed è sempre difficile trovare i biglietti.
Ci sono allievi in Russia in grado di raccogliere la sua eredità per il teatro di clown?
Diversi. Dopo aver inventato il primo teatro di clown, il primo festival di strada, il primo congresso degli sciocchi, in Russia molti teatri sono nati su questa scia. Prima della perestrojka erano una ventina: oggi la metà sono falliti, ma ne rimangono di ottimi.
Dopo i mastodontici “Caravan Mir” e le Olimpiadi del teatro di Mosca, cosa sta organizzando?
Per il momento progetti in scala “ridotta”: per esempio un evento che tra giugno e luglio a Mosca coinvolgerà molti teatri per dieci ore consecutive.
Sta creando anche nuovo show?
No, adesso lavoro più in strada che in teatro. E comunque, insieme a Diabolo e a Shishok, Slava’s Snowshow - anche in una versione con musica dal vivo con l’Orchestra Kremerata Baltica di Gidon Kremer - resterà in tour per anni. A Mosca e Londra ci sono già le liste di attesa per il 2013.
Le informazioni sul tour italiano di Slava sono qui
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