Scudo, una soluzione a Monaco?

Foto: AP

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Il tema della difesa antimissile crea tensioni tra Russia e Stati Uniti e Russia e Nato. Le trattative diplomatiche continuano

Le trattative tra Russia e Stati Uniti e Russia e Nato sulla possibile cooperazione nell’ambito di un sistema di difesa antimissile in Europa, chiamato anche scudo comune europeo, del quale si è parlato al summit del Consiglio Russia-Nato nell’autunno del 2010 a Lisbona, sono giunte a un vicolo cieco.

Questa verità oramai accertata è stata confermata ancora una volta dal ministro degli Affari Esteri russo Sergej Lavrov all’ultima conferenza di Monaco sul tema sicurezza. Le ragioni stesse della mancanza di una via d’uscita sono ben note.

Gli Stati Uniti stanno creando in Europa un proprio scudo antimissile, poiché lo ritengono necessario per una difesa degli alleati Nato dalla minaccia missilistica iraniana. In Russia, invece, si ritiene che il riferimento all’Iran sia solo un modo per mascherare il vero obiettivo dello scudo antimissile americano: difendere il proprio Paese dalle forze nucleari strategiche russe, dislocate nella parte europea del Paese. Mosca esige da Washington garanzie giuridiche sulla reale intenzione di non volere utilizzare il sistema antimissile contro la Russia. Washington, invece, è assolutamente contraria a dare queste garanzie, da un lato perché esse limitano il diritto sovrano degli Stati Uniti di difendere il proprio territorio e quello degli alleati, dall’altro perchè garanzie del genere non saranno approvate dal Congresso. Come si dice, due torti non fanno una ragione.

Le diverse iniziative, incluse quelle proposte dal presidente Dmitri Medvedev, annunciate a Lisbona, sull’intenzione di creare uno scudo antimissile comune, dove la sicurezza dei territori russi rientrerebbe nelle competenze di Mosca, mentre la sicurezza dei territori europei spetterebbe alle strutture Nato di Bruxelles, non hanno trovato consensi nell'Alleanza Atlantica. Il Segretario Generale Nato Anders Fogh Rasmussen ha annunciato che l’Alleanza non può affidare la difesa dei Paesi membri a un Paese che non rientra nella Nato. Ci sono state anche altre iniziative, ma il Cremlino non le ha approvate. Cosa succederà ora, ci sarà uno scontro?

Il gruppo di eminenti esperti internazionali, creato dal Carnegie Endowment for International Peace nell’autunno del 2009, del quale fanno parte esperti di Stati Uniti, Unione Europea e Russia ed i cui co-presidenti sono il vice-ministro degli Affari Esteri tedesco Wolfgang Ischinger, l’ex ministro degli Esteri russo Igor Ivanov e l’ex senatore Usa Sam Nunn, è intervenuto alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza presentando una nuova iniziativa in merito allo scudo antimissile, proponendo alle parti un compromesso. Il nocciolo della proposta, come rende noto Interfax, sta nello scambio fra le parti di dati sullo scudo antimissile e nella valutazione congiunta ed anche nella possibilità per tutte le parti coinvolte di utilizzare i mezzi del sistema antimissile. Tuttavia non si fa riferimento ad alcuna unione degli scudi di Russia e Nato.

In base alla proposta degli esperti, i dati intercettati dai satelliti sia Nato che russi per l’avvistamento di missili, dai radar russi di Qabala e Armavir e dal radar mobile americano TRY-2, situato in Turchia, perverranno ai due centri operativi generali di Mosca e Varsavia. I centri saranno gestiti da personale militare di Russia e Nato.

Le informazioni si trasmetteranno dai centri operativi congiunti ai punti di comando di Russia e Nato, dove si deciderà sul lancio di missili. Inoltre si utilizzeranno i missili del Paese che avrà quelli ritenuti più adeguati in una determinata situazione. In questo contesto si esclude la perdita di dati sensibili e nessuno vedrà danneggiata la propria sovranità. Si presuppone che per l’intercettazione di missili balistici potranno essere dispiegati i sistemi antimissile americani della base marittima e terrestre Aegis SM-3 e gli scudi russi dei sistemi di difesa marittimi e terrestri S-300, S-400, come anche il promettente S-500. Tutto il sistema di difesa comune europeo poi avrà l’obiettivo di prevenire lanci di missili di media gittata (fino a 4.500 chilometri), ovvero di missili provenienti dai territori iraniani fino a quelli britannici.

Nel rapporto, presentato a Monaco il 4 febbraio 2012 e stilato dal gruppo di esperti internazionali che sono concordi nell’appoggiare l’iniziativa euro-atlantica nella sfera della sicurezza (Easi), si sottolinea, secondo fonti Interfax, che la creazione di un sistema di sicurezza unico euro-atlantico sia l’unico modo di garantire la sicurezza nel lungo periodo in Eurasia e America Settentrionale. Inoltre, i Paesi inclusi in questo sistema dovranno condurre i negoziati servendosi esclusivamente di mezzi diplomatici e conformi alla legge, senza passare all’uso della forza. Gli autori di questo documento puntualizzano che il compito principale del lavoro biennale consiste nel creare un sistema di sicurezza, nell’ambito del quale gli stati agiranno nel rispetto reciproco, rinunceranno a metodi superati di politica estera e si preoccuperanno anche della sicurezza degli altri Paesi.

Non si può non appoggiare l’iniziativa Easi. Ma se la si analizza attentamente, si noterà che è ben lontana dalle proposte avanzate da Dmitri Medvedev nell’autunno del 2010 al summit di Lisbona del Consiglio Russia–Nato e che sono state poi fortunatamente respinte da Bruxelles. Se alla fine il risultato della proposta dei noti esperti internazionali sarà o no lo stesso non si sa. Si ritiene che non solo a Bruxelles, ma anche a Mosca, gli organi di potere non gioiscano di queste idee. E le ragioni sono diverse.

Una di queste è la posizione delle forze militari russe, non contrarie al fatto che gli Stati Uniti dispieghino i propri sistemi antimissile nell’Europa meridionale, ovvero in Turchia e Romania, non lontano dai confini con l’Iran che in questo modo si terrebbe a bada, perché, se necessario, si potrebbero intercettare abbastanza facilmente missili di media gittata provenienti da Teheran, indirizzati, supponiamo, contro alleati di Washington. Questa dislocazione dei missili non tranquillizza il Cremlino perché non arriva a includere i nostri complessi strategici. Mosca però è categoricamente contraria alla dislocazione dei sistemi antimissile statunitensi, marittimi e terrestri, nell’Europa settentrionale. Ad esempio, in Polonia e Norvegia, nel mar Baltico, nel Mare del Nord e nel mare di Norvegia. Ovvero lungo il percorso dei missili balistici intercontinentali russi. La superficie di 4.500 chiilometri, che si estende dal territorio iraniano fino alla Gran Bretagna, menzionata nell’iniziativa Easi, può essere d’ostacolo ad un compromesso tra le parti interessate dall’accordo.

Inoltre, si sospetta fortemente che prima delle presidenziali negli Stati Uniti il governo Obama non sia pronto a scendere ad un compromesso con Mosca in materia di difesa antimissile. Anche la minima concessione fatta al Cremlino in merito alla questione può costare all’attuale presidente degli Stati Uniti il secondo mandato alla Casa Bianca. Ma non può farci niente. Dunque, la soluzione per uscire dalla situazione di stallo creatasi intorno allo scudo antimissile, proposta a Monaco, è valida, ma, forse, prematura.

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