Foto: Michael Mordasov/FocusPictures
Ivan, 20 anni, studente di fisica in un’università della capitale, sedeva sul ramo di un albero in Piazza Bolotnaja con uno striscione che recitava la seguente frase: “Mosca non crede in Russia Unita!”. “Facevo lo scrutinatore ai seggi elettorali. Sono stato cacciato per aver ripreso con il cellulare alcune manipolazioni. Sono qui perché sono indignato e deluso”, spiega lo studente.
Tutta la storia recente ci insegna che Ivan dovrebbe essere un tipico rappresentante del movimento di protesta. Eppure, gli studenti russi sono per la maggior parte amorfi e apolitici. La forza trainante dietro le proteste è diventata all’improvviso la classe media. Alle due manifestazioni del dicembre 2011 hanno partecipato, stando alle varie stime, dalle 50mila alle 100mila persone, perlopiù rappresentanti della classe media. I sondaggi dei sociologi del Centro di ricerca russo di opinione pubblica (Vciom) hanno mostrato che alla seconda manifestazione gli studenti erano pochissimi, e che il sostegno principale è venuto da manifestanti con più di 20 anni, il 37% aveva più di 45 anni. Il 79% aveva un titolo di studio di istruzione superiore.
Le ragioni della protesta
In passato, le autorità sembravano aver raggiunto una sorta di accordo con la classe media, che non interferiva con la politica. Il sociologo ed economista Aleksandr Auzan l’ha sintetizzato in questo modo: “Voi ci date la vostra fiducia e noi vi garantiremo la stabilità”. Lo scrittore Boris Akunin, uno dei leader dell’attuale protesta, ha usato delle parole più severe: “Fate quello che volete con noi, ma non toglieteci i pop corn”. Ad ogni modo, la classe media sembrava essersi davvero dimenticata della politica, assorbita dal sistema della società dei consumi.
Poi, a un certo punto, l’accordo è venuto meno. “Fino ad ora, dopo la Rivoluzione, le guerre, lo Stalinismo e tutte quelle fesserie, abbiamo voluto la pace. Volevamo lavorare, sistemarci e comprare un appartamento. E grazie a questo governo, l’abbiamo ottenuto. Ora, però, la gente ha bisogno di qualcos’altro”, ha confessato Fedor Sheberstov, 46 anni, che partecipava per la prima volta a una protesta.
“Dopo la crisi economica, il sistema attuale non può più garantire la stabilità a queste persone. Il vero fondamento su cui il potere si basava sin dal 2004 è ormai logoro. Da qui, la reazione estremamente sentita dinnanzi ai brogli elettorali”, dichiara Aleksandr Auzan, spiegando il fenomeno delle recenti proteste.
“Mi sono sempre interessato attivamente ai problemi della società”, ha dichiarato l’imprenditore Vladimir Tsai, anche lui per la prima volta a una manifestazione. “Ma prima, in qualche modo mi fidavo delle autorità. Pensavo che, anche se non subito, le cose si sarebbero sistemate per il meglio. Ed ero pronto a tollerare di tutto, con la speranza che i miei figli avrebbero avuto un futuro migliore. Poi, all’improvviso mi sono reso conto che nulla era cambiato. Sono stanco di aspettare. Questo è il motivo per cui inizialmente ho votato contro Russia Unita”.
Il potenziale delle proteste
I sostenitori del governo affermano che il potenziale delle proteste è limitato, concentrato perlopiù su internet. Lo scorso autunno, su richiesta della rivista Ekspert, gli scienziati dell’Istituto delle Scienze di Controllo dell’Accademia delle Scienze russa hanno cercato di quantificare le dimensioni del segmento politicizzato russo su Internet.
Per due settimane, hanno analizzato tutti i post in russo sui social network e hanno registrato tutti quelli in cui comparivano termini di natura politica, come “Putin”, “Medvedev”, “Navalny”, “Russia Unita” e così via. Il risultato è stato sorprendente: in Russia, ci sono 60 milioni di utenti Internet; il numero di autori di contenuti “politici” originali si aggira attorno alle mille persone, con circa 30mila commentatori sul tema. “È difficile quantificare il numero di lettori di questi contenuti, e dobbiamo riconoscere che lo studio è stato condotto prima delle elezioni e delle successive proteste. In ogni caso, gli utenti Internet, la forza delle proteste, non potevano superare il milione di persone”, conclude Valery Fadeev, caporedattore della rivista Ekspert.
D’altra parte invece, se si crede ai risultati ufficiali delle elezioni, Russia Unita ha perso il 15 per cento dei voti (quasi 10 milioni), in confronto alle elezioni parlamentari del 2007. E se si considerano anche i brogli, il divario è ancora superiore. L’opposizione ritiene che questo sia il potenziale reale della protesta.
In effetti, hanno entrambi ragione. Si tratta solo di forme diverse di protesta. La società russa di oggi, rispetto a quella del 2007, è diventata molto più critica nei confronti delle autorità “La gente ha votato contro Russia Unita perché la corruzione ha superato ogni limite concepibile. La città in cui vivo è piccola, solo 60mila abitanti, ma tutti sanno che è necessario corrompere qualcuno per ottenere un posto di lavoro nell’ufficio del procuratore, nel corpo di polizia o in tribunale. Senza soldi non si fa niente. Solo cinque anni fa non era così”, spiega chiaramente un abitante di una cittadina della regione di Rostov.
È stata proprio la corruzione insensata da parte degli ufficiali russi ad aver acceso la protesta per i risultati elettorali. Il popolare blogger Alexei Navalny è stato il primo a segnalare questa consuetudine con lo slogan ormai conosciutissimo: “Russia Unita: il partito degli imbroglioni e dei ladri”.
Ma ci sono altri due punti essenziali. Innanzitutto, le critiche sono state dirette soprattutto sugli ufficiali locali, non su Vladimir Putin. In secondo luogo, la protesta nelle province è passiva. Nella stessa città della regione di Rostov, Russia Unita si è aggiudicata circa il 60 per cento dei voti, secondo i dati ufficiali. Tutti in città sanno che i risultati non sono corretti, ma nessuno è sceso in piazza a protestare.
Questi fattori garantiranno essenzialmente l’elezione di Putin per la terza volta, ma spiegano anche le reazioni delle autorità alle proteste di massa.
Come ha reagito l’élite
La reazione è stata contraddittoria. Da un lato, il governo ha fatto alcune concessioni. Ha liberalizzato la legislazione sui partiti politici; l’elezione diretta dei governatori da parte della popolazione, che Putin aveva abolito nel 2004, sarà presto ripristinata; e Vladislav Surkov, il cui nome è associato alle riforme antidemocratiche degli ultimi anni, ha lasciato l’amministrazione presidenziale.
Ma è tutto qui quello che i manifestanti sono riusciti a ottenere. E può anche essere che lo stesso Vladislav Surkov abbia chiamato i dimostranti “la parte migliore della società russa”, eppure in un articolo del quotidiano Izvestia, Vladimir Putin ha immediatamente respinto le loro richieste di potere: “Che cosa stanno proponendo di negoziare? Di riorganizzare il potere? Di trasferirlo in mani migliori? E poi che cosa?”. In altre parole, le persone in piazza sono senza dubbio “le migliori”, ma non avranno il potere.
Il principale problema è che i dimostranti stessi non hanno ancora dei leader ben definiti. La gente che è scesa in piazza, per la maggior parte, si rifiuta di fidarsi di coloro che sono considerati l’opposizione ideologica del regime di Vladimir Putin. Il discorso riguarda sia i Liberali, guidati da Boris Nemecov e Garri Kasparov, che i vari gruppi radicali di destra e sinistra. Questo è il motivo per cui improvvisamente il movimento di protesta non è guidato da politici, bensì da scrittori, giornalisti, musicisti e blogger. Sono loro ad aver guidato l’“Unione degli Elettori”, l’organizzazione pubblica che intende monitorare le elezioni presidenziali in vista di ulteriori brogli.
Ciò nonostante, l’“Unione degli Elettori” non diventerà un partito politico. L’ex-ministro della Finanza Alexei Kudrin e il miliardario Mikhail Prokhorov stanno ora cercando di creare strutture politiche in grado di riunire la protesta della classe media. Ma questa difficilmente va interpretata come la prova di una spaccatura all’interno dell’élite politica russa. Infatti, molto probabilmente, sia Kudrin che Prokhorov stanno iniziando i loro progetti con l’approvazione e sotto la supervisione di Vladimir Putin: entrambi sono amici del primo ministro. In breve, la questione è chi si assumerà il controllo del movimento di protesta: i radicali di Internet, come Alexei Navalny, o Kudrin e Prokhorov, già immischiati nel sistema politico.
Molto dipenderà da come si svolgeranno le elezioni presidenziali del 4 marzo 2012. Nel caso di ulteriori brogli, ci saranno altre proteste. E al contrario delle elezioni relativamente oneste, con frodi minime, spingeranno gli oppositori di Putin ad accettare la sua vittoria.
Soprattutto poiché la maggioranza dei dimostranti propone in risposta scenari radicali. Durante un intervento in Corso Sacharov, Alexei Navalny ha affermato: “Vedo abbastanza gente qui da poter assaltare il Cremlino e la Casa Bianca. Ma siamo una forza pacifica, e non facciamo questo tipo di cose. Eppure…”. Nel suo fervore rivoluzionario, ha ovviamente sopravvalutato lo spirito rivoluzionario delle masse. La classe media russa vuole essere ascoltata dalle autorità, ma non è pronta di certo a correre alle barricate.
Ciò significa che a meno che il governo non compia ulteriori manipolazioni strategiche e non si verifichi una grave crisi economica, la battaglia decisiva tra l’attuale governo e i suoi oppositori dovrà aspettare cinque anni, quando si terranno le prossime elezioni parlamentari.
L’opposizione potrebbe benissimo arrivare divisa a quel punto, dal momento che le proteste attuali interessano destra e sinistra, nazionalisti e socialisti. Possono organizzarsi in occasione di una protesta, ma rimangono divisi ideologicamente e non lavoreranno mai assieme durante le elezioni. Tuttavia, se qualcuno riuscisse a organizzare la classe media e a proporre nuovi leader, potrebbe mettere a dura prova Russia Unita alle prossime elezioni. E solo allora potremmo parlare del futuro politico di Putin. Fino ad allora, la sua posizione rimane immutabile.
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