Qualche giorno prima di essere
arrestata e condotta nel campo di concentramento di Auschwitz in cui trovò la
morte, Irene Némirosvky compilò sul retro del quaderno di "Suite francese" un
elenco dei suoi scritti e affianco a "Il vino della solitudine" annotò: "Di
Irene Némirosvky per Irene Némirovsky".
Pubblicato nel 1935 in Francia e apparso per la prima volta in Italia nel 1947, “Il vino della solitudine” è stato riproposto dopo più di sessant'anni dalla casa editrice Adelphi.
Leggendolo è facile comprendere il perché di quell'annotazione: “Il vino della solitudine” è un romanzo evidentemente personale e autobiografico, è un modo per fare pace con il passato mettendo nero su bianco tutto il dolore provato in un'infanzia triste e senza amore. E' un romanzo scritto dalla scrittrice prima di tutto per se stessa. Ed è anche un modo per voltare pagina da quell'infanzia infelice da cui, come disse la scrittrice stessa, "non si guarisce mai".
Dietro i gesti, i silenzi, il disprezzo e la sofferenza, il desiderio di vendetta e la solitudine della piccola Hélène non è difficile riconoscere la Némirovsky all'età di otto anni. I protagonisti della sua infanzia infelice ci sono tutti: la madre Fanny impersonata dalla "dispotica, egoista ed esigente" Bella, il padre da Boris Karol, uomo d'affari per cui la bambina nutre uno smodato affetto ma che sembra non accorgersi di lei se non in punto di morte e infine l'istitutrice francese Mademoiselle Rose che per Hélène è tanto importante da inserirla nelle sue preghiere serali al posto della madre.
E poi c'è la solitudine: quella solitudine che sente ogni volta che Mademoiselle Rose va a trovare le sua amiche lasciandola a casa con l'anziana nonna e che sente sempre più angosciante dopo la morte della donna quando si trova a vivere ancora bambina tra grandi che non si curano di lei.
Ma il momento del riscatto, della vendetta tanto desiderata arriva nel più semplice dei modi: crescendo. Diventando adulta, bella e sensuale, Hélène ha finalmente la possibilità di vendicarsi per il male subito. La sua bellezza, la sua giovinezza sono forse la punizione peggiore per una madre che invecchia e che perde irrimediabilmente il suo fascino.
Hélène, che già da tempo ha compreso “la consapevolezza del suo potere di donna”, capisce che è arrivato il momento di scegliere una strada diversa da quella della madre, di chiudere con quegli anni “di apprendistato terribilmente duri”. E' sempre sola, ma la sua solitudine è “aspra e inebriante” e le dà il coraggio di scegliere un futuro nuovo.
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