Le autorità russe si troveranno ad affrontare problemi reali, causati non tanto dalla protesta degli indignati a Mosca e San Pietroburgo, ma piuttosto da crescenti problemi economici del Paese e la necessità di adottare misure impopolari al fine di m
Il movimento di protesta sorto a sorpresa di molti a seguito dello scontento per i risultati delle parlamentari il 4 dicembre 2011, è sfociato in due fra le più massicce proteste in strada degli ultimi anni a Mosca, dopodiché è sfumato con l’arrivo delle lunghe vacanze natalizie.
Il silenzio del mondo politico, diffusosi in tutta la Russia da fine dicembre a metà gennaio, obiettivamente può calmare gli animi. D’altra parte, le “rivoluzioni”, che davvero sono imminenti ed inevitabili, fino ad ora “non sono andate in vacanza”. E in questo senso in Russia ci si aspetta una di queste rivoluzioni da un momento all’altro.
E’ vero, però, che ci sono altri fattori ad impedire che le proteste di massa prendano piede. Innanzitutto, si tratta di un movimento di protesta disorganizzato e poco compatto. Il suo motore principale è stato finora lo sdegno di coloro che l’ex grande ideologo del Cremlino, Vladislav Surkov, ha chiamato “gli indignati”. Queste persone, divenute il prodotto dell’epoca piuttosto “ricca” del governo di Vladimir Putin, sono scontente dell’atteggiamento politico dominante nel Paese.
La nuova generazione della classe media russa non solo è scontenta dei risultati delle elezioni parlamentari (ritiene che ci siano stati dei brogli, fra l’altro grossolani e palesi, nel vecchio stile), ma pensa anche che il confuso sistema partitico non rifletta la partecipazione politica dei suoi esponenti. Ed effettivamente tutti i partiti contrapposti a Russia Unita (i comunisti, i populisti-nazionalisti moderati del partito liberal-democratico di Zhirinovskij, i socialisti miti di Russia Giusta dell’ex speaker del consiglio federale e amico di Putin, Sergej Mironov) difficilmente riflettono in maniera autentica la gamma di punti di vista contrari alla maggioranza. Inoltre, dopo aver ottenuto il mandato parlamentare ed un maggior numero di commissioni rispetto alla Duma precedente, hanno preso distanza molto in fretta dalle proteste di strada. Si può affermare con certezza che non ci sia alcuna unione, o piuttosto, alcun coordinamento d’azione tra proteste di strada e opposizione parlamentare.
Il punto è che i movimenti d’opposizione di strada oggi devono da soli coordinare le proprie azioni e, affinché ciò avvenga, devono costituire un movimento potente, dopodiché anche un partito politico, come strumento di lotta politica e di rivendicazione.
Sembrerebbe che gli organi di potere, scesi a compromessi decisivi a causa della pressione derivante dalle massicce proteste, da soli, con le proprie mani, ora creeranno tutte le condizioni necessarie nel rispetto della legge. Mentre prima, per la fondazione di un partito erano necessari cinquantamila esponenti provenienti da quasi tutte le regioni del Paese (tra l’altro il Ministero della Giustizia controllava scrupolosamente tutti i documenti di statuto ed il numero effettivo dei membri di partito), ora è sufficiente avere cinquecento sostenitori, provenienti da qualsiasi regione, dieci per ciascuna. E’ divenuto facile fondare un partito. Diciamo scandalosamente facile.
E tenendo conto della nota incapacità dell’opposizione democratica russa di trovare internamente un accordo, si può prevedere che nel vicino futuro compaiano decine di mini-partiti e tutti loro faranno a gara per conquistare l’elettorato di opposizione. In tutto ciò la soglia minima del 5 per cento per il passaggio alla Duma non l’ha raggiunta nessuno, dunque è probabile che il fragile elettorato di opposizione non avrà nessun rappresentante. E’ successo così anche negli anni Novanta, quando, in un momento in cui esisteva un buon numero di partiti, quasi la metà degli elettori votanti alle parlamentari alla fine non trovò i propri rappresentanti sulle liste dei deputati.
Tuttavia il fatto stesso che ci sia sulla scena politica il “proprio partito” può fungere da deterrente dal punto di vista delle proteste in strada: i mini-partiti possono giocare il ruolo di ancora di salvezza.
Altro grosso difetto delle proteste in Russia è l’assenza di leader decisivi paragonabili a Boris Eltsin alla fine degli anni Ottanta. Il miliardario Mikhail Prohorov non è ancora molto adatto a questo ruolo. E non solo perché in Russia tradizionalmente molti non amano i ricchi, tanto meno quelli che si sono arricchiti “rubando” con la privatizzazione degli anni Novanta, ma anche perché lo stesso Prohorov non si è ancora dimostrato un leader politico forte. La sua breve esperienza di leader del partito Giusta Causa nell’estate del 2011 ha messo in luce molti errori tipici dei politici dilettanti.
Non è molto adatto al ruolo di “leader delle masse” nemmeno l’ex ministro delle Finanze Alexei Kudrin, che negli ultimi tempi spesso e volentieri ha reso pubbliche le proprie ambizioni politiche: ha lavorato troppo a lungo con Putin e non nasconde che siano in buoni rapporti (come lo stesso Putin sostiene di Kudrin). Alcuni analitici parlano della possibilità di aver trovato una nuova stella della politica russa nel popolare blogger di Internet, Alexei Navalnyj. Ha guadagnato popolarità con le proprie rivelazioni sulla corruzione delle imprese pubbliche, tuttavia è ancora poco conosciuto fuori dal panorama di Internet. Inoltre, egli spaventa molti dei rappresentanti dell’opposizione con le sue esplicite tendenze nazionalistiche.
Così, l’opposizione di strada non ha un leader o un gruppo di leader riconosciuti. E senza un leader le proteste con molta probabilità svaniranno nel nulla.
L’affievolimento delle proteste può anche derivare dal fatto che l’opposizione, in sostanza, non segue una linea unica. Tutti i suoi esponenti sono scontenti del primo ministro Vladimir Putin e del direttore della Commissione Elettorale Vladimir Churov, ma fra loro non c’è unione, né dal punto di vista dell’individuazione dei bisogni futuri del Paese, né sul piano delle modalità d’azione. L’elaborazione di una strategia, di un programma e di una tattica potrebbe essere favorita sempre da un nuovo partito, a tal fine, però, occorre che i rappresentanti del movimento di protesta si dedichino alla noiosa parte organizzativa di costruzione del partito, e che diano anche prova dei miracoli (finora mai visti dall’opposizione democratica) derivanti dalla volontà di scendere a compromessi.
C’è anche dell’altro. Fino ad oggi ai rappresentanti della piuttosto agiata e benestante classe media di Mosca, agli impiegati (soprannominati “plancton d’ufficio”) scesi in piazza a dicembre 2011, non si sono uniti gli esponenti delle masse prettamente popolari della popolazione. E Vladimir Putin alle elezioni presidenziali può come prima contare sull’appoggio di questi gruppi. Non ha ancora cominciato sul serio la campagna elettorale, ma ha un enorme vantaggio sugli altri candidati. I sostenitori di Putin superano il 40 per cento, mentre le preferenze per il suo inseguitore più prossimo, il leader dei comunisti Zjuganov, sono circa al 10 per cento. Si prevede quindi, a condizione che la campagna elettorale sia condotta in modo corretto, la vittoria di Putin già al primo turno alle elezioni del 4 marzo 2012 anche con conteggio dei voti senza irregolarità.
Nel breve termine, dunque, il potere di Vladimir Putin non sembrerebbe essere sottoposto a minacce gravi.
Le difficoltà maggiori cominceranno subito dopo le presidenziali. E saranno legate non tanto al movimento di protesta degli indignati a Mosca e San Pietroburgo, quanto all’aumento dei problemi economici nel Paese e alla sempre più pressante necessità di prendere decisioni impopolari in nome della modernizzazione dell’economia e delle infrastrutture obsolete ereditate dall’Urss. Molto presto le autorità potrebbero confrontarsi con la necessità di aumentare le tasse, di alzare l’età pensionistica. E’ possibile che sorgano problemi legati all’adempimento di numerosi obblighi di carattere sociale in condizioni di peggioramento della congiuntura internazionale e diminuzione dei prezzi del petrolio. Ma questi non saranno tanto problemi del 2012, quanto degli anni successivi.
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