Luci e ombre del calcio russo

La nazionale russa di beach soccer festeggia i suoi successi (Foto: Itar-Tass)

La nazionale russa di beach soccer festeggia i suoi successi (Foto: Itar-Tass)

Il 2011 è stato estremamente contraddittorio sui campi di gioco: stupidi gesti antisportivi, come il lancio della banana a Roberto Carlos, si sono alternati a grandi successi sportivi

L'anno calcistico appena concluso è stato incredibilmente contraddittorio. Come Dorian Gray, sembra avere due facce. Una gradevole, sorridente, da prima pagina: quella degli evidenti successi delle squadre russe sull'arena internazionale e della Nazionale in vista degli Europei. L'altra disgustosa, ripugnante, il lato oscuro dello sport russo, con le botte ai calciatori, la corruzione, il razzismo.

Da un punto di vista puramente sportivo, non si potrebbe immaginare annata migliore. Si è trattato di un vero e proprio exploit e il capo della Federcalcio russa (Rfs) Sergej Fursenko ha tutte le ragioni di sottolineare i successi raggiunti nel settore. Di posizioni chiaramente contrarie alla sua politica non ne sono emerse, se non forse a Tomsk, dove la locale squadra di Premier Liga rischia di restare definitivamente senza finanziamenti e chiudere i battenti.

Il lavoro della Federcalcio russa poi viene valutato soprattutto in base alle prestazioni della Nazionale, e in quanto ad essa il signor Fursenko non ha nulla da rimproverarsi. A qualcuno potrebbe non piacere il modo in cui vengono scelti i giocatori, che ha di fatto trasformato la Nazionale in una squadra chiusa i cui membri sembrano essere stati scelti una volta per sempre; qualcun altro invece non condivide l'approccio pragmatico al gioco portato avanti dalla squadra; ma fatto sta che l'obiettivo principale, cioè l'ammissione al Campionato Europeo 2012, è stato raggiunto.  E per quanto riguarda il risultato, non si può rinfacciare niente neanche al favorito di Fursenko, il commissario tecnico Dick Advocaat. A differenza dei precedenti gironi di qualificazione, la squadra russa ha avuto risultati abbastanza costanti, tanto che alla fine aveva anche un margine di stabilità che le ha permesso di concludere la partita con gli slovacchi con un pareggio.

La squadra è stata anche incredibilmente fortunata per il sorteggio della fase a gironi del Campionato Europeo. Sarebbe difficile immaginare una combinazione più fortunata. Un girone formato da Polonia, Russia, Grecia e Repubblica Ceca, alle altre squadre sarà sembrato uno scherzo del destino. Soprattutto rispetto al girone di Olanda, Germania, Portogallo e Danimarca, che è stato subito ribattezzato girone della morte. Comunque, l'eventualità che ora ha la Russia di arrivare alla fine dei play-off con un primo posto non sembra più tanto fantasiosa. Tra parentesi, probabilmente i suoi avversari pensano la stessa cosa della propria squadra.

Ma il vero exploit è avvenuto a livello dei club del campionato russo. Per la prima volta nella storia, la Russia entrerà nella classifica delle 16 migliori squadre d'Europa con due club: lo Zenit di San Pietroburgo e il Cska di Mosca. La squadra pietroburghese di mister Spalletti entra al ballo da debuttante, e ci è arrivata passando da un girone nel quale oltre a lei c'erano squadre del calibro di Porto e Shakhter, trionfatori alla Uefa Europa League (l'ex coppa Uefa). Per il Cska  non è la prima volta agli ottavi di finale in Champions, tuttavia prima dell'ultima partita del girone era  davvero difficile credere che i nostri soldati sarebbero arrivati di nuovo ai play-off. Infatti i moscoviti per farcela avrebbero dovuto vincere in trasferta contro una squadra come l'Inter e sperare in un pareggio tra Trabzonspor e Lille. Ma proprio questo è stato il felice epilogo, e la vittoria contro i milanesi (2:1) rappresenta sicuramente per il Cska uno degli eventi più memorabili di questa stagione, che coincide col centesimo anniversario del club.

Quest'anno la fama della Russia ha davvero fatto il giro di tutta l'Europa. Tuttavia il clamore è stato spesso accompagnato dall'eco degli scandali. Una vera e propria bomba è stata quella che è esplosa al Fc Kuban: il giocatore Nikola Nikezich ha registrato un video nel quale raccontava di essere stato costretto a sciogliere il proprio contratto con la squadra sotto  la minaccia delle armi e prima era stato anche picchiato. Ne è emerso che non si trattava di una caso isolato. Non appena la faccenda ha iniziato ad avere una certa risonanza, si è fatto avanti un altro ex giocatore della squadra di Krasnodar, Sreten Sretenovich, dichiarando che il Kuban aveva sciolto anche il suo contratto usando gli stessi metodi.

Per risolvere lo scandalo Nikezich, è stato chiamato in causa il Comitato etico, la creatura di Sergej Fursenko, non meno voluta del suo altisonante Codice d'onore. Il comitato all'epoca dei fatti era presieduto dall'intransigente Alu Alkhanov, viceministro della Giustizia. E il verdetto iniziale era davvero duro, per i parametri a cui siamo abituati in Russia: 2 milioni di rubli di multa per il Kuban, 1 milione di rubli al suo presidente, Suren Mkrtchyan. Altri due rappresentanti del club di Krasnodar, il direttore sportivo Sergej Doronchenko e l'allenatore Nikolaj Khlystunov, che avevano preso parte in prima persona al caso Nikezich, vennero sospesi da attività connesse al calcio per diversi periodi. Tuttavia il verdetto venne presto alleggerito, restò in vigore solo la multa, anche se ne venne diminuita l'entità. Il tutto coincise, guarda caso, con le dimissioni di Alkhanov dal Comitato. Secondo la versione ufficiale le dimissioni furono dettate dall'impossibilità di conciliare il lavoro al Ministero con quello nel calcio. Secondo un'altra versione Alkanov non volle restare a lavorare nel comitato, che dopo il severo verdetto del caso Nikezich, era stato privato del diritto di avviare procedimenti giudiziari per occuparsi invece soltanto di casi proposti dall'alto.

Di conseguenza, nuovi scandali con pestaggio di calciatori non si sono fatti attendere. A novembre durante la partita dei club giovanili a Groznyj venne picchiato un ex giocatore della nazionale russa, il centravanti del Krasnodar Spartak Gogniev. Nel video, diventato uno dei più cliccati su Internet, si vede come il calciatore allontanatosi dal campo viene picchiato da rappresentanti del personale di bordo campo, persone travestite e addirittura da alcuni tifosi. I rappresentanti della squadra colpevole dell'accaduto non sono incorsi in particolari sanzioni.

Ma i giocatori non vengono picchiati solo nelle regioni del Sud. In agosto, durante la partita in trasferta contro il Nizhnyj Novgorod, il centravanti dello Zenit Danko Lazovich si è avvicinato alle tribune per festeggiare il suo goal ed è stato colpito con un taser da uno dei poliziotti del cordone a bordo campo. Le autorità giudiziarie non sono ancora riuscite a trovare il colpevole.

Anche i tifosi si sono dati da fare con comportamenti antisportivi, secondo una tradizione ormai consolidata del calcio russo. A San Pietroburgo il campionato si è aperto con un fatto davvero inaudito. Durante la cerimonia di innalzamento della bandiera, al capitano dell'Anzhi, il difensore Roberto Carlos, è stata lanciata una banana dagli spalti. Il colpevole del gesto razzista non è stato portato davanti al giudizio della società, con la motivazione che aveva già ricevuto la giusta punizione “dietro le quinte”. Il risultato di tale eclatante impunità è stato che dopo alcuni mesi, allo stadio di Samara hanno lanciato un'altra banana al giocatore, e il campione, profondamente amareggiato, è uscito dal campo senza finire la partita.

Quella di far passare i conflitti sotto silenzio o, addirittura, coprirne i colpevoli, è una tattica a dir poco incivile e contribuisce ad abbassare la considerazione già abbastanza instabile di cui gode il calcio russo. E' difficile dire quali eventi abbiano lasciato più il segno nell'opinione dell'Europa: le vittorie della Nazionale, le imprese del Cska e dello Zenit in Champions League o i video con Spartak Gogniev inseguito dalla folla inferocita e Nikola Nikezich che, dopo aver raccontato la sua storia è fuggito in fretta e furia dalla Russia e non vuole rimetterci piede neanche per assistere alla propria causa.

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