Foto: Alex Jude
È la fine del dicembre 2007 e me ne sto seduto su un vecchio zaino nel corridoio in disordine di un appartamento di San Pietroburgo chiedendomi perché sono in quelle condizioni. La mia ragazza dell'epoca, con fare rassicurante, mi informa che ci porterà fortuna per il lungo viaggio a Sud verso la sua città natale di Krasnodar e le montagne del Caucaso. Stralunando gli occhi sotto il cappello invernale, mi chiedo come una persona con un dottorato di ricerca in psichiatria possa credere così fermamente a delle superstizioni da villaggio, ma probabilmente i miei cinque anni in Russia mi hanno insegnato a non mettere in discussione la logica russa, così invece chiedo quando arriverà il nostro taxi.
Alcuni minuti più tardi stiamo schivando le buche coperte
di neve seduti sui sedili posteriori di una traballante Lada sulla strada verso
la caotica stazione ferroviaria centrale dove si possono sempre incontrare
varie esempi della società russa. Sono sempre stato un fan delle stazioni
ferroviarie russe e osservo i volti tra la folla mentre la mia ragazza scruta il
tabellone delle partenze in cerca del nostro treno per Mosca.
Come al solito, abbiamo fatto tutto all'ultimo minuto e
così siamo costretti a viaggiare in prima classe anziché in terza. Ci stiamo
ancora lamentando dei prezzi esorbitanti dei biglietti mentre saliamo a bordo
del treno e trasciniamo goffamente lungo il corridoio i nostri zaini, gli sci, uno
snowboard di seconda mano e un proverbiale lavello da cucina.
All'arrivo nel nostro scompartimento la porta si apre
mostrando due letti a castello e un piccolo tavolo pieghevole con una ciotola
di mandarini tipici delle feste e due kit blu di plastica per il bagno, che ho
aperto trovando un mini spazzolino da denti, un minuscolo pezzo di sapone, un
pettine di plastica e, la cosa migliore, un mini calzante per scarpe. I russi
tendono a indossare le pantofole nei viaggi in treno a lunga percorrenza e a
mettersi le scarpe solo per uscire o andare in bagno. Presumo che molti abbiano
provato una grandissima gioia per aver ricevuto come regalo per il nuovo anno un
esclusivo calzante per scarpe delle ferrovie russe.
La nostra assistente di carrozza sul treno sorride
mostrando i suoi denti d'oro ogni volta che deve chiedere cortesemente se gradiamo
una tazza di tè. In quel momento mi rendo davvero conto che sto viaggiando in
prima classe. Di solito, gli assistenti di carrozza russi hanno la reputazione
di essere arcigne donne di mezza età con i capelli tinti che sembrano più dei
ladri (di passaporti) che dei controllori.
Dopo aver trascorso una notte di sonno ristoratore,
cullati dal dondolio del treno, arriviamo nella stazione centrale di Mosca
gremita di persone; lasciamo le valigie nell'area deposito bagagli e ci
dirigiamo dall'altra parte della strada per comprare delle scarpe nuove alla
mia fidanzata. Le ragazze russe hanno l'abitudine di anteporre la bellezza alla
praticità e insistono nell'acquisto di scarpe che sono almeno di tre taglie
troppo piccole. Non ho mai sentito di nessuno che ha cercato di conquistare le
vette del monte Everest in tacchi alti ma sono sicuro che le ragazze russe
saranno le prime.
Dal negozio di scarpe nel sottopassaggio, torniamo in
stazione con un paio di stivali bielorussi da 25 dollari. Poi scendiamo al
piano di sotto per prendere le nostre valigie e torniamo sulle rumorose banchine della stazione per proseguire verso
la prossima tappa del nostro viaggio. L'ultimo giorno dell'anno lo passiamo a
bordo del treno in viaggio verso Nalchik - 35 ore e 800 miglia a Sud - in
compagnia delle nostre provviste di pane nero, salumi, biscotti, una dubbia bevanda
multifrutti e due calzanti per scarpe di prima classe.
Trascorriamo alcune ore tranquille e senza incidenti soli
nel nostro scompartimento prima di essere raggiunti da una coppia di mezza età della
regione di Mosca. Chiacchierare con gli altri passeggeri sui treni russi è
inevitabile come bere con loro e, di sicuro, non passa molto tempo prima che l'allegro
marito baffuto ci infastidisca facendoci sentire i suoi brani preferiti sul cellulare e cercando di ficcanasare
facendo leva sulla vodka, mentre sua moglie con la permanente lo rimprovera per
le sue espressioni scurrili.
Con l'avvicinarsi del Capodanno, sentiamo il suono
metallico di una chitarra e l'eco di alcune risate sporadiche provenire da un
altro scompartimento e decidiamo di spostarci nel corridoio per ascoltare. Subito
nella carrozza si diffondono le melodie familiari di Kino e Mashina Vremeni,
gruppi popolari fra i chitarristi e i musicisti di strada in tutta l'ex Unione
Sovietica, dalle scale di uno squallido condominio a un gelido sottopassaggio
di città.
In Russia ogni celebrazione è come una centrifuga e risucchia
chiunque si trovi attorno, indipendentemente dal fatto di conoscere o meno le
altre persone in festa. Quindi non è passato molto tempo prima di essere
invitati nello scompartimento affollato perché potessimo unirci ai
festeggiamenti con dello champagne sovietico (un'imitazione a buon mercato
dello champagne francese) versato in una tazza da tè delle ferrovie russe. Io
conto due coppie, alcuni amici ubriachi che dormono nelle cuccette e un albero
di Capodanno improvvisato sul tavolo costruito con un ananas e un po' di
orpelli in cima.
Dopo un po' di incoraggiamento mi convinco a suonare qualche
stonata canzone dei Beatles su una chitarra ancora più stonata e poi è il mio
turno di fare un brindisi. Convincere gli stranieri a fare dei goffi brindisi
in un russo sgrammaticato (quando il solo brindisi che noi abbiamo è "Cin
cin") è una sorta di tradizione in Russia a cui io non sono particolarmente
affezionato. Mi alzo a malincuore, quasi sbattendo la testa su un paio di
ginocchia, faccio un respiro profondo e pronuncio l'unico brindisi che conosco in Russia: "All'incontro
sotto il tavolo!". Come previsto, viene apprezzato, così come le successive
poche tazze da tè riempite di champagne, e poi facciamo un giro di Yolochka, la
canzone più famosa del Capodanno russo che parla di un piccolo abete nato in un
bosco.
Poco prima che l'orologio segni la mezzanotte, a ciascuno
viene dato un pezzo di carta e una penna e così ho appreso della tradizione russa
di esprimere i desideri a Capodanno. Viene intonato il solito conto alla
rovescia mentre noi scarabocchiamo i desideri sui fogli di carta, li bruciamo
con un accendino e lasciamo cadere le ceneri nelle nostre tazze da tè piene di
Champagne. Poi facciamo un brindisi (ceneri comprese!) e ci scambiamo abbracci,
baci e congratulazioni mentre il nostro piccolo scompartimento su un treno nel
mezzo del nulla dà il benvenuto al nuovo anno in maniera insolita.
Una volta terminati i festeggiamenti, un passeggero mostra
due bottigliette di bolle di sapone. "Al posto dei fuochi d'artificio",
dice con un sorriso. Noi usciamo nel corridoio e soffiamo le bolle di sapone su
e giù per la carrozza intonando l'ultimo ritornello di Yolochka.
Alex Jude è un insegnante
di inglese, traduttore e blogger e vive a Omsk. È possibile approfondire le sue riflessioni sulle
differenze culturali e linguistiche su www.englishinrussia.ru
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