Foto: Reuters
Mentre una solitaria portaerei russa si prepara ad avanzare dal mar Artico verso una base navale russa in Siria, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov va all’attacco, mettendo in guardia contro l’ipotesi di un intervento militare esterno nella guerra civile in Siria.
“Non sono le autorità, ma i gruppi armati che stanno provocando i disordini”, ha
riferito Lavrov, esortando tutte le parti a fare pressione sugli attori
politici siriani per spingerli a rinunciare alla violenza dicendo: “Questo vale
per i gruppi armati che operano in Siria e che mantengono contatti con un gran
numero di Paesi occidentali e di stati arabi. Tutti lo sanno”.
Dopo essersi schierata con le parti che sono uscite sconfitte in Egitto,
Tunisia, Libia e Yemen, la Russia
sta prendendo una posizione in Siria. Il Cremlino spera che la primavera araba appassirà
nell’inverno arabo. Il giorno dopo che la Lega Araba aveva votato per imporre sanzioni alla
Siria, Lavrov ha detto agli ambasciatori arabi a Mosca che i problemi interni
“vanno risolti pacificamente attraverso il dialogo nazionale ... e senza
interferenze esterne”.
L’incontro sembrava essere un preavviso del veto che la Russia intende porre se la Lega araba chiederà al
Consiglio di Sicurezza dell’Onu di approvare le sanzioni. La Russia ha molti interessi
in Siria. Nonostante il grande parlare di pace, la maggior parte di questi
interessi sono militari. Per oltre mezzo secolo Mosca è stata il principale
fornitore di armi della Siria.
L’interesse del Cremlino in Siria risale ai tempi della crisi di Suez del 1956,
quando Mosca firmò un patto militare di aiuto con Damasco. Le relazioni si sono
fatte più strette dopo il colpo di Stato incruento del 1970 che diede inizio alla
dinastia degli Assad, capi della minoranza alawita del paese. Pochi mesi dopo,
Mosca ha firmato un accordo per l’installazione di una base navale da
utilizzare come deposito e per lavori di manutenzione a Tartus, un porto nel cuore
degli alawiti.
Durante l’era sovietica, Tartus rappresentava una base fondamentale per la flotta
del Mediterraneo della Marina sovietica. Dopo il crollo dell’Urss, questa
flotta fu sciolta e la forza navale russa fu in gran parte ritirata dal
Mediterraneo. Poi, nel 2008, quando la Russia era ricca di denaro del petrolio, Mosca ha
iniziato a ristrutturare la base di Tartus. L’obiettivo dichiarato era quello
di farne ancora una volta la finestra della Russia sul Mediterraneo. Secondo
Izvestia, 600 tecnici russi lavorano a Tartus. La prossima settimana, la
portaerei Admiral Kuznetsov inizierà ad avanzare dal mar Artico verso Tartus. La Kuznetsov sarà
affiancata da altre due navi della Marina Russa. Lo spettacolo della forza
navale russa arriva una settimana dopo che una squadra navale americana,
guidata dalla Uss George Hw Bush, la portaerei più moderna della Marina
militare degli Stati Uniti, è giunta al largo della costa della Siria.
Se la politica delle cannoniere è tra le carte da giocare, la Russia ha un vantaggio di
terra. Centinaia di ufficiali di servizio siriani si sono formati presso
accademie militari russe. Gli ufficiali alawiti addestrati dalla Russia
potrebbero tentare una congiura di palazzo, secondo uno scenario ipotizzato da
Nour Malas sul Wall Street Journal.
Malas cita un ufficiale alawita in esilio in Giordania: “Una volta ottenuto il
via libera dalla Russia, (gli ufficiali alawiti) potrebbero andare avanti”.
Ma è improbabile che la maggioranza sunnita della Siria accetterebbe un cambio
dei vertici ma non del regime basato sulla minoranza alawita.
In un altro scenario, la Siria
potrebbe disgregarsi in un’ampia federazione etnica. In questo caso, gli
alawiti potrebbero ritirarsi nella loro roccaforte costiera, un’area che rappresentava
quasi un mini-stato durante il periodo del Mandato francese del 1920-46. I Sunniti
controllerebbero Damasco e Aleppo. Sulla costa controllata dagli Alawiti, i diritti
fondamentali della Russia rimarrebbero intatti.
Ma è improbabile che i governanti sunniti di Damasco si accontenteranno di un Paese
monco e privo di sbocchi sul mare.
Mosca parla di pace, ma si sta preparando a passare alle maniere forti. Dopo il
voto della Lega Araba, un ufficiale della Marina russa ha informato Izvestia del dispiegamento della
portaerei nelle acque siriane. Mentre il Cremlino muove le sue pedine sulla
scacchiera militare, è in gioco uno degli ultimi due maggiori alleati arabi della
Russia nel Mediterraneo. Se verrà persa la Siria, rimarrà solo l’Algeria come ultimo
baluardo degli anni di gloria della politica sovietica.
James Brooke (Twitter: @ VOA_Moscow) è a capo dell’ufficio moscovita di Voice
of America. Scrive anche il blog “Russia Watch”, su voanews.com.
Le opinioni espresse in questo articolo sono state pubblicate su The Moscow News, appartengono all’autore e non necessariamente
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