La gente si è riversata in strada. Il 10
dicembre 2011, all’indomani delle parlamentari del 4 dicembre 2011, i cittadini
russi non sono scesi solo in piazza Bolotnaja, ma anche in una decina di altre
piazze in diverse città. Hanno manifestato, gridato, si sono fatti sentire,
dimostrandosi compagni attivi e responsabili, non disposti a tollerare nuovi
possibili brogli elettorali. Si sono presentati insomma come interlocutori con
cui il potere deve fare i conti.
Tra i manifestanti c’erano molti giovani, i quali prima non andavano né a
votare, né si interessavano di politica, senza rendersi conto che nel Paese
mancano entrambe le cose. E poi all’improvviso, il 4 dicembre 2011 sono andati
a votare. Avevano l’illusione che questo avrebbe cambiato qualcosa. Erano
convinti che le elezioni esistessero sul serio e che i partiti avessero
qualcosa che li contraddistingue veramente l’uno dall’altro. Ma i presunti
brogli, i falsi protocolli delle commissioni elettorali e le cifre ingannevoli
sono piombate su di loro come un macigno.
La gioventù ha creduto che la Russia fosse molto più simile all’Europa e che, come nel Vecchio Continente, sia ammesso indire proteste, nel caso in cui il potere faccia qualcosa che non va. Ecco quindi che sono scesi in piazza, senza causare disordini e risse. Hanno frenato fin da subito i provocatori, senza scagliarsi contro le forze di polizia. Fortunatamente si è trattato di un incontro tra persone ragionevoli, mentre alla polizia era stato dato ordine di comportarsi nel modo più corretto possibile. Gli uomini in divisa, provenienti da altre regioni, questa volta infatti non sono intervenuti.
Ora però la situazione si è fatta critica, poiché i manifestanti hanno pubblicamente avanzato delle richieste precise al Presidente, ripromettendosi si scendere nuovamente in piazza. Dal canto suo il Presidente ha già comunicato che richiederà indagini approfondite sulla questione.
Non c’è alcun dubbio che i risultati delle votazioni del 4 dicembre 2011 non verranno ricontrollati. Così come non c’è dubbio che ai manifestanti sia sicuramente piaciuto sentirsi come degli eroi. Una sensazione che li aiuterà a vincere la pigrizia e a riunirsi nuovamente in piazza.
Ma cosa succederà poi? Poi ci saranno Capodanno, gli impegni domestici, il
lavoro, le vacanze. È possibile che molti dei manifestanti scesi in piazza
condividano ora l'illusione che abbiano ormai già fatto tutto il possibile. Coloro
che questa illusione invece non ce l’hanno possono avere la convinzione che,
con le prossime manifestazioni, sarà possibile dimostrare qualcosa al Cremlino,
oltre che a Putin e Medvedev.
È impossibile. Nelle manifestazioni, per ora, ci si può solo ritagliare un
attimo di fama spicciola, pubblicando qualche post su Twitter. Non riusciranno
a far cambiare l’ordine politico russo. Proprio perché questo ordine è pienamente
appoggiato dalle autorità. E le proteste non sfoceranno in una rivoluzione. Nel
peggiore dei casi finiranno in percosse di massa e saccheggi. Perché per la
rivoluzione sono necessarie alternative tangibili al sistema attuale, e per il
momento queste alternative non ci sono.
Le persone che si sono riunite in piazza Bolotnaja credono sinceramente che sia
giunto il momento di cambiare qualcosa in Russia. Per quelli, invece, che non
sono scesi in piazza, ma che sono comunque desiderosi di un cambiamento,
arriverà un periodo per niente “romantico”: un periodo di lavoro lungo,
difficile e piuttosto noioso.
È necessario creare, dal nulla, un sistema alternativo: riunire economisti, avvocati
e persone di cultura, che nelle discussioni e nelle controversie cerchino
formule sincere e meccanismi efficaci che possano, un giorno, essere in grado
di cambiare l'attuale sistema. Ma questi incontri richiedono forza e nervi
saldi. Per essi bisogna sacrificare il proprio tempo a scapito di una serata al
cinema, delle ferie e delle passeggiate con i figli. Non sarà possibile gridare
slogan carini, e una volta conclusi questi incontri, non si dovrà postare su
Facebook o sul proprio blog un commento patetico del tipo “Io c’ero”.
Questi incontri, gruppi di discussione - chiamateli come preferite - possono anche
non portare a nulla. Eppure, solo così i cittadini possono almeno tentare di stabilire,
loro stessi, un sistema di governo, in alternativa a quello attualmente in vigore.
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