L’unione fa la forza

Aleksandr Lukashenko (Bielorussia), Nursultan Nazarbayev (Kazakhstan) e Dmitri Medvedev (Russia) (Foto: Reuters/Vostock-Photo)

Aleksandr Lukashenko (Bielorussia), Nursultan Nazarbayev (Kazakhstan) e Dmitri Medvedev (Russia) (Foto: Reuters/Vostock-Photo)

Il progetto euroasiatico voluto da Vladimir Putin sorge sul modello dell’Ue. Lo scopo è creare entro il 2015 una comunità economica in cui circolerà una moneta unica

Strane cose. O forse no. In un momento in cui l’Unione Europea e la sua moneta passano uno dei più brutti momenti della breve loro storia, a Mosca si lancia l’Unione Euroasiatica prendendo come modello proprio l’Ue e l’euro. Qualcuno parla di nuova Urss e vuole far risorgere gli spettri del passato, in realtà si tratta di una questione molto più semplice.

Quando i presidenti dei tre Stati fondatori, Dmitri Medvedev (Russia), Aleksandr Lukashenko (Bielorussia) e Nursultan Nazarbayev (Kazakistan) hanno firmato la dichiarazione per l’integrazione e il trattato istitutivo della nuova Commissione economica euroasiatica in cui sono delineate le future tappe che comprendono il passaggio dall’attuale unione doganale allo spazio economico comune (cui dovrebbe aderire anche il Kirghizistan) e la successiva istituzione dell’Unione, non hanno certo pensato di fare un passo indietro. Ma pensato al futuro.

Nell’economia globalizzata i grandi attori, anche se forti, hanno bisogno di alleati. Discorso che vale a maggior ragione per i piccoli. Medvedev per questo non ha dimenticato di ricordare che per Mosca l’Unione Euroasiatica “rappresenta un’opportunità per garantire la libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e della forza-lavoro. In prospettiva puntiamo a una politica concordata macroeconomica e monetaria. L’entrata in vigore dell’Unione Doganale ha già reso le nostre economie più attraenti per l’investitore”.

La Russia è il motore trainante, a cui il Kazakistan di Nazarbayev si è agganciato, consapevole di un ruolo che vuole spostare il baricentro da ovest a est. Per il presidente kazako infatti “Dovremmo puntare esclusivamente al rublo ed escludere il dollaro dalle transazioni. Ora puntiamo a un unico spazio economico, tecnico, difensivo. Dovremmo unificare le nostre reti energetiche”. L’energia è certo un elemento fondamentale nella nuova unione, un po’ come sono stati il carbone e l’acciaio per gli europei quando fu fondata la Ceca (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, nata nel 1951 e sulla quale si basarono poi la Cee e l’Ue).

Gli accordi firmati a metà novembre 2011 dai leader di Russia, Kazakistan e Bielorussia scandiscono le tappe previste sino al 2015: dal gennaio 2012 l’attuale unione doganale tra i tre Paesi dovrebbe trasformarsi in uno spazio economico comune aperto ad altre repubbliche ex sovietiche, in prima fila il Kirghizistan e il Tagikistan. In attesa di vedere come si muoveranno gli altri due potenti Stati centroasiatici, Ubzekistan e Turkmenistan, al momento ancora piuttosto rigidi.

Anche l’Ucraina, sempre in bilico tra Est e Ovest, dovrà decidere se prendere la strada di Mosca o quella di Bruxelles. Il percorso è appena iniziato, per vedere se arriverà l’Urss light non bisognerà comunque aspettare molto. Il processo di riaggregazione postsovietica potrebbe andare anche in parallelo con quello sempre auspicato da Putin di un unico spazio economico “da Lisbona a Vladivostok”, in cui l’attuale primo ministro e futuro Presidente russo, potrebbe giocare su scala euroasiatica il ruolo che Helmut Kohl ha ricoperto nella Germania riunificata e nel processo di integrazione europea negli anni Novanta.

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