Foto: ufficio-stampa
Nella
stessa città e nello stesso periodo storico tre artisti di origine russa, tre
generazioni, tre modi di vedere il mondo e di creare completamente diversi. In
questo dialogo tra il luogo e le
radici culturali abbiamo da una parte la buona vecchia scuola di pittura russa,
quella che ti insegna il mestiere come poche alter.
Un mestiere che non bisogna per forza mettere da parte come nel famoso detto, ma che, al contrario, è una guida insostituibile in tutti i passi successivi che un artista intraprende durante il suo percorso professionale. Dall'altra parte questa nostra città, già da secoli meta di "pellegrini" delle arti russi e non, tutti speranzosi di trovarvi non solo l'ispirazione ma soprattutto quella grande Scuola che finalmente non è più imprigionata dalle aule e dall'età scolastica, ma si apre a noi come un ventaglio di epoche, stili, monumenti colossali da giramento di testa e minuscole trace dell'esistenza umana da studiare e da respirare.
Prova ne è la mostra “Pittori Contemporanei Russi a Roma”, fino al 17 dicembre
2011 al Museo della civiltà romana della capitale italiana (per informazioni e
biglietti cliccare qui). La pittura solare e gioiosa di Igor Ladozhanin ci mostra i vicoli e le piazza della
città eterna rappresentati nella tradizione più classica del paesaggio. I fasci
di luce che colpiscono le mura, le fontane e i pochi avventori ci immergono
nell'atmosfera sognante e pulviscolare, quasi a
ricordarci che questi luoghi sono prima di tutto un godimento estetico,
accessibile, generoso come pochi altri al mondo.
La giovane Anastasia Kurakina ci presenta i volti dei romani, le persone che
l'hanno circondata nella sua permanenza a Roma e con cui finora ha condiviso le
sue sensazione e le sue attività. Partendo dalle caratteristiche di un viso
concreto e dallo spazio personale del
soggetto, la Kurakina
aspira a universalizzare il ritratto, a rendervi un'immagine di uomo o donna
con la sua funzione sociale e psicologica.
Il tema
delle radici e della civiltà intesa come catena di generazioni che si
trapassano un'eredità culturale è centrale nel lavoro di Katerina Panikanova. I
bambini, le bambine, portano in sé,
involontariamente e inevitabilmente, questo dono o fardello che sia. Dono, se
pensiamo alla ricchezza che apportano le radici all'individuo e alla sua
crescita e fardello se immaginiamo che queste conoscenze, abilità e stati
d'animo ci possano distrarre dalla semplice e quotidiana contemplazione della bellezza,
miracolosa nella sua serenità.
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