Tra i piloti da caccia della marina russa ci sono nuovi arrivi: sulla portaerei “Admiral Kuznetsov”, nel mare di Barents, per la prima volta in 17 anni è atterrato un nuovo, giovane pilota. Russia Oggi è andata a scoprire come si svolge il servizio di questa élite militare.
“Tra un po’ mia moglie mi caccerà di casa”, scherza il pilota della marina militare Stanislav Avdin, quando gli chiediamo come sta andando il servizio. “Esco alle sette di mattina, torno a casa alle dieci di sera. Infilo il corpo nella vasca da bagno e mi metto a letto... e così quasi ogni giorno”. Il capitano Avdin è uno dei circa mille ufficiali che prestano servizio a Severomorsk, la capitale della Flotta del Nord. Nell`agosto 2011, a bordo di un caccia Su-33 ha portato a termine il suo primo atterraggio indipendente sul ponte della portaerei russa “Admiral Kuznetsov”. Sembrerebbe una cosa da niente, e invece con i suoi 28 anni, il capitano è il più giovane ufficialerusso in grado di eseguire una manovra del genere. Avdin ha un livido sul labbro: gli hanno fatto le congratulazioni per il primo atterraggio in modo un po’ troppo caloroso. “Appena sono uscito dalla cabina, come da tradizione mi hanno subito preso in braccio e lanciato in aria, poi per tre volte mi hanno fatto sbattere contro il gancio (quelli per i cavi di frenatura sulla portaerei). Mi hanno fatto sbattere così forte che tutto il ponte ha tremato. Non hanno avuto pietà”.
Sembra proprio che il capitano Avdin abbia iniziato fin da bambino a prepararsi per questo giorno. “Quando ero piccolo, il primo modellino che ho costruito è stato proprio quello di un Su-33. Cioè, in pratica, il mio destino è stato deciso subito: ecco perché l’aviazione navale e il Su-33”, racconta.
In Russia si contano in tutto poco meno di venti piloti di caccia navali, un numero di molto inferiore a quello degli astronauti che sono stati nello spazio. In parte questo è dovuto al fatto che la “Kuznetsov” è l’unica portaerei operativa della Russia, entrata in servizio appena vent’anni fa, nell’anno in cui cadde l’Urss. Con le sue linee ricurve ha l’aria di un ospite straniero rispetto ai tradizionali incrociatori e alle cacciatorpediniere russe attraccate al molo di Severomorsk. E allo stesso modo, i piloti dell’aviazione navale sembrano una casta di prescelti rispetto agli altri militari: sono pochi, hanno stipendi più alti, più responsabilità e meno addestramento.
Rinforzi che arrivano di rado
L’addestramento di un pilota richiede almeno sette anni: 5 alla scuola di volo e 2 di preparazione al reggimento. “Erano 17 anni che non atterravano nuovi capitani sulla portaerei, e ieri invece è arrivato. L’ultimo ero stato io”, racconta il colonnello Evgenij Kuznetsov, comandante del 279esimo reggimento dell’aviazione navale, in cui presta servizio Avdin. L’età media dei piloti della portaerei, che volano con Su-33 e Su-25, è di 42 anni, e vanno in pensione tra i 45 e i 50 anni. “Non siamo immortali, per noi è di vitale importanza preparare i giovani a prendere il nostro posto”, dice Kuznetsov, che vola in questo stormo dal 1994.
A quanto pare la scelta di un pilota per l’aviazione da caccia è una vera e propria ricerca creativa. Avdin racconta che al quinto anno della scuola di volo, si è presentato lui stesso al reggimento per consegnare al comandante in carica una richiesta di assunzione. Lunghi mesi di addestramento e infine i voli di esercitazione con un istruttore su un caccia a due posti. “Ti mettono con un pilota esperto, il pilota esperto dalla cabina anteriore fa tutte le manovre di atterraggio e tu voli con lui, guardi. E intanto che guardi, sembra facile: leve, manetta, gas e paghetta. Quando invece ti ci metti tu, ti rendi conto che non è poi così facile”, rivela il capitano.
I giorni liberi sono rari, ma ogni atterraggio è una gioia, “non mi sono ancora ripreso”, ci confida. Il comandante si fa convincere a mostrare la pista dell’aerodromo segreto: “Ecco, sfoderiamo gli aerei. Tutto il personale tecnico è pronto, nessuno si appoggia, fuma o sta a grattarsi la pancia. Chiaro?”. Il tutto viene detto con un tono tale che diventa evidente che tra i piloti scorre una particolare comprensione reciproca, che si avvicina a una specie di rapporto famigliare, difficile da cogliere dall’esterno. Per il giorno dell’aviazione della Flotta del Nord, che cadeva in quei giorni, sono arrivati dei piloti dalla Russia Centrale. Tra di loro c’era anche un sacerdote cieco, tutto coperto di ordini e medaglie, accompagnato per mano dai vecchi compagni di servizio.
All’aerodromo dove ci siamo fermati a parlare con i militari c’è molta luce e calore, quasi non si riesce a credere che siamo nell’estremo Nord. Vicino al suo Su-33, Avdin ci spiega in cosa consiste la difficoltà di volare sulla “Kuznetsov”: bisogna riuscire a far atterrare un apparecchio da 25 quintali in 36 metri, arrivando sulla pista con una determinata angolazione e una determinata velocità. “Puoi riuscire a calcolare solo il 60% delle condizioni di atterraggio”, dice. La cosa più difficile è mantenersi nella cosiddetta larghezza del raggio di atterraggio, che in fase di avvicinamento alla nave è di 1,5 gradi, cioè non più della testa del pilota: “Ecco su cosa bisogna tenere fisso lo sguardo”. I piloti raccontano che non tutti quelli che riescono a volare bene da terra riescono ad atterrare su una nave. “E’ venuto a trovarmi un conoscente, gioca al computer con il simulatore di volo, un vero professionista. Si vantava che sarebbe riuscito a farcela anche con il nostro simulatore. Allora l’ho messo a sedere e gli ho inserito le condizioni reali di volo, le più semplici, e non è neanche riuscito ad arrivare alla portaerei. E nella realtà è tutto molto più difficile”.
L’”Admiral Kuznetsov” è più piccola di una portaerei americana: due campi da calcio in lunghezza, circa 1500 persone come personale di servizio, incluse le reclute, 65 aerei (mentre gli americani ne hanno 95). Ma anche i loro obiettivi sono diversi: per gli Usa la portaerei è una forza d’attacco, come racconta il colonnello Kuznetsov, per poter “arrivare e sbaragliare il nemico anche lontano dalle proprie coste”, mentre per la Russia “serve a garantire la copertura dall’aria delle forze della flotta”. Tutte le portaerei americane poi funzionano a energia atomica, quelle russe vanno a nafta, il che significa che costano molto di più in carburante. I militari dicono che la portaerei ha bisogno di essere modernizzata, e i vertici militari russi hanno in effetti di questi progetti. Se viene sfruttata in modo adeguato, dicono, la “Kuznetsov” può stare in servizio altri 20 anni. Tuttavia a quanto pare, i piloti dell’aviazione navale resteranno per la Russia dei personaggi esotici: la costruzione di nuove portaerei, come ha annunciato a luglio 2011 il ministro della Difesa russo Anatolij Serdjukov, non rientra nei progetti a lungo termine.
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