Voto, pasticcio lettone

Riga, la capitale della Lettonia (Fonte: http://www.flickr.com/photos/lord_yo/3445483434/)

Riga, la capitale della Lettonia (Fonte: http://www.flickr.com/photos/lord_yo/3445483434/)

Il partito filorusso che alle elezioni ha ottenuto la maggioranza relativa rimane all’opposizione. Al governo il centrodestra con l’appoggio della destra radicale

Detto in latino fa un effetto: con conventio ad excludendum si definisce “un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l'esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione”. Nel caso specifico della Lettonia vuol dire che un paio di partiti si mettono d’accordo per lasciarne fuori dal governo un altro. Il punto è che quest’altro è quello di maggioranza relativa che alle ultime elezioni ha ottenuto la vittoria.

E così capita che chi vince una battaglia, perda poi la guerra, rimanendo fuori dai giochi. Il “Centro dell’armonia” del sindaco di Riga Nils Usakovs continua dunque a stare all’opposizione dopo che il vecchio e nuovo primo ministro Valdis Dombrovskis è riuscito a mettere insieme un governo che con la sua formazione “Unità” vede anche il partito dell’ex presidente Valdis Zatlers e la destra radicale di Alleanza nazionale. I nazionalisti vanno a sostituire in pratica al governo i Verdi (più di nome che di fatto) che facevano riferimento all’oligarca Aivars Lembergs.

Alleanza nazionale (Nacionālā Apvienība) è scaturita dall’unione alla vigilia delle elezioni di due partiti: Per la Patria e la Libertà/LNNK (Tēvzemei un Brīvībai/LNNK) e Tutto per la Lettonia (Visu Latvijai). Quest’ultimo, il cui logo richiama neanche tanto vagamente una svastica, si é distinto in passato per la sua linea antieuropea, un po’ xenofoba e sciovinista e soprattutto per la retorica antirussa, con la volontà di restringere le leggi sulla naturalizzazione discriminando le minoranze.

Il problema, di cui abbiamo già scritto, é quello dei cosidetti nepilsoni, i non-cittadini. Ci sono oltre 300.000 persone in Lettonia (Paese con meno di 2 milioni e mezzo di abitanti) sul cui passaporto sta scritto alien’s passport e di fatto sono private di diritti civili e politici, a partire da quello del voto. Il nuovo governo, sorretto da una gamba nazionalista, difficilmente potrà risolvere la questione che nonostante i richiami dell’Unione Europea negli scorsi anni non è mai stata presa seriamente in considerazione.

Da una parte c’è dunque l’occasione perduta nell’accordo mancato tra centro moderato e sinistra (non solo filorussa, visto che è stata votata dal 15% di lettoni) nel tentativo di una riconciliazione non solo politica, ma anche etnica; dall’altra parte c’è la miopia di Bruxelles che qualche hanno fa, quando in Austria era andato al governo l’FPÖ di Jörg Haider, aveva comminato sanzioni diplomatiche e inviato tre saggi in missione per sorvegliare il governo di centrodestra a Vienna, mentre ora tra Riga e Budapest (dove il primo ministro Victor Orban ne sta combinando peggio di Bertoldo) lascia tranquillamente fare senza alzare nemmeno la voce.


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