Dallo studio Lenfilm a Milano

La storica casa di produzione ospite d’onore al Festival del Cinema russo del capoluogo lombardo: pellicole cult ancora poco note in Italia e i capolavori del Leone d’Oro Sokurov


Giunto alla quinta edizione, il Festival del Cinema russo di Milano si è ormai affermato come una rara vetrina per conoscere una cinematografia per lo più sconosciuta e non distribuita in Italia. Nell’Anno degli scambi culturali tra Russia e Italia, la manifestazione ha sottolineato anche il gemellaggio tra le città di San Pietroburgo e Milano, dedicando questa edizione allo storico studio Lenfilm e ai registi ad esso legati. Ad Aleksej German “senior” e Aleksandr Sokurov, nomi di punta della casa cinematografica pietroburghese, è  stato dedicato un approfondimento.

Di German, regista di culto in Russia, una piccola retrospettiva ha proposto tre dei suoi sei film: Venti giorni senza guerra, Controllo sulle strade, Crustalëv, la macchina!. Figlio d’arte, intellettuale schivo, sgradito al potere negli anni sovietici, il regista del quale si usa dire “non fa film ma il cinema” lavora da sempre ad affreschi esistenziali. L’ha testimoniato Aleksandr Pozdnjakov, autore di un documentario a lui dedicato, che ha anticipato come il film in uscita del maestro russo, Storia del massacro di Arkanar, in lavorazione da tredici anni, sia una grandiosa narrazione filosofica.

Né poteva mancare all’appuntamento milanese una finestra sul regista della Lenfilm attualmente più celebrato: il Leone d’OroAleksandr Sokurov. Oltre alla riproposta del suo Moloch, primo capitolo della trilogia sui dittatori dedicato alla figura di Hitler, il festival ha offerto con Isole un inedito ritratto del vincitore del Leone d’Oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. A firmarlo Svetlana Proskurina, collaboratrice di sempre, co-autrice della sceneggiatura di Arca russa. "Abbiamo iniziato a lavorare insieme alla Lenfilm e non ci siamo più separati – ricorda la regista -. Una volta, durante una festa allo studio, ci siamo appartati a parlare e ho capito che non si doveva perdere ciò che Sokurov stava dicendo. Così è nato questo documentario, che mai avrei pensato di mostrare in pubblico, ma che all’estero tutti chiedono da che Sokurov è diventato così famoso. Ma non giudicate questo lavoro da un punto di vista cinematografico: è solo una piccola nota d’amore per lui, perché so da sempre che è un artista e una persona eccezionale".

Se il piccolo film non è girato nello stile elegiaco del maestro né in quello documentaristico della tradizione russa, ma appare piuttosto come un diario di appunti cinematografici, Proskurina rivela la sua classe di regista nella pellicola più bella del festival: La tregua, vincitore nel 2010 del Film festival Kinotavr di Sochi. Nel presentare la vicenda di un giovane camionista (interpretato da un bravissimo Ivan Dobronravov, pure premiato a Sochi) travolto da altre esistenze come lui allo sbando sullo sfondo di una desolata provincia russa, la regista svela: "Il protagonista è obbligato a soffrire, perché non c’è altro modo per conoscere se stessi: passando attraverso  gironi infernali scopre che è vivo e responsabile".

La tregua è uno di quei film russi che, come Il ritorno di Andrej Zvjagintsev e Ovsianki di Aleksej Fedorchenko, si rifugia nelle vastità dei paesaggi per trovarvi corrispondenze con scenari interiori. Ma se Proskurina  ha dichiarato di "non essere interessata nei suoi film a ritrarre la società contemporanea, perché troppo transitoria", essa appare invece l’ambientazione privilegiata della nuova cinematografia russa. Come hanno dimostrato, indipendentemente dal genere, tutti i film selezionati per il festival, firmati da registi d’età compresa tra i quaranta e cinquant’anni, osservatori generazionali nonostante il rischio di cadere in clichés e sguardi troppo accondiscendenti.

In L’uomo alla finestra di Dmitrij Meschiev – presente a Milano con l’attrice protagonista, Kristina Kuzmina – è autore di una storia contemporanea, con qualche tocco cechoviano nonostante la confezione troppo televisiva, apprezzabile soprattutto per la prova d’attore di Jurij Stojanov.  Anche la regista Avdot’ja Smirnova guarda ad una società profondamente mutata, ma l’occhio critico si addolcisce nella scelta dei toni da commedia di Due giorni, affidato all’istrionismo dei popolari attori Fëdor Bondarchuk e Ksenija Rappoport.

Naturalmente anche registi dall’imprinting hollywoodiano scelgono di rappresentare nei loro blockbusters vizi ed eccessi della nuova Russia: si pensi a Timur Bekmambetov con il suo L’albero di Natale, o a Levan Gabriadze, presente al festival, che in Truble Lucky affida il ruolo della protagonista alla star Milla Jovovich.

Quello del film di guerra e del dramma storico sembrerebbe invece un genere a sé. Al festival si sono visti Kraj, del noto regista Aleksej Uchitel, e La fortezza di Brest, del giovane Aleksandr Kott, vincitore del miglior film a tematica bellica degli ultimi 25 anni e grande successo al botteghino.

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