Gas, il braccio di ferro con l'Ucraina

Foto: Getty Images/Photobank

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Le infrastrutture Nord e South Stream aprono nuove prospettive per le forniture europee e portano con sé un inasprimento dei rapporti tra la Federazione e la nazione vicina

In piena estate, pochi pensavano all’inverno. Ma le dichiarazioni ucraine di fine agosto 2011 hanno ricordato agli europei le recenti guerre di gas tra Russia e Ucraina, con le interruzioni delle forniture. Prima il premier ucraino Nikolai Azarov ha accusato la Russia: “Ci avete spinto in un angolo” e ha dichiarato che il Governo di Kiev è pronto ad avviare un arbitrato per cambiare i contratti di fornitura del gas per ottenere prezzi più contenuti.

Quindi è seguita la minaccia di sciogliere Naftogaz, la compagnia responsabile dei contratti. Il Presidente russo ha risposto fermamente che i prezzi applicati all’Ucraina sono gli stessi di altri Paesi, ma se l’Ucraina “vuole un prezzo speciale, dovrebbe fare una proposta interessante”, come l’entrata nell’Unione doganale con la Russia, Kazakistan e Bielorussia o vendere ai russi i gasdotti ucraini. Infatti Kiev gode di uno sconto sul prezzo del gas del 30% (ma non più di 100 dollari per 1.000 metri cubi), strappato a Gazprom nell’aprile 2010 in cambio della possibilità di dislocare la flotta russa a Sebastopoli per altri 25 anni. Ma non si accontenta: l’Ucraina chiede di abbassare il prezzo o di collegarlo a quello del carbone.

A causa della crescita dei prezzi del gas russo, l’Ucraina ha cambiato la sua strategia energetica. L’obiettivo è ridurre drasticamente in soli cinque anni la dipendenza dal gas russo, che dagli attuali 36-40 miliardi di metri cubi all’anno dovrà scendere ad appena 12 miliardi. Come centrare miracolo? Puntando sull’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e soprattutto sul carbone, che da solo sostituirà 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Ma anche sulla produzione offshore nel Mar Nero e lo sviluppo di shale gas. Il presidente della Rada (il Parlamento ucraino) Vladimir Litvin si augura che si troverà una soluzione con la Russia, altrimenti l’Italia sarà la prima a pagare.

Il gasdotto Greenstream, che porta 8 miliardi di metri cubi dalla Libia, sconta le conseguenze della guerra in atto nel Paese nordafricano. Così i rifornimenti provenienti da Est diventano sempre più decisivi.

I russi sono consapevoli dell’importanza assunta e si muovono di conseguenza: hanno aperto Nord Stream e definito la partnership in South Stream (insieme a Gazprom ed Eni, sono entrati francesi Edf e tedeschi Basf-Wintershall). I prossimi mesi saranno decisivi per capire quale sarà l’impatto di queste nuove iniziative sullo scacchiere europeo, se cioè aiuteranno o meno a lenire le tensioni con il Paese vicino.

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