Foto: Aleksandr Petrosyan
Un successo al cardiopalma. Insonnia. Omero. Vele tese. Alla vigilia della prima il sonno mi abbandona. Gestire l’agenzia di pr di un film che è stato fin dall’inizio annunciato come un capolavoro è rischioso. Tanto più che a nessuna delle precedenti pellicole di Sokurov era toccato alcun riconoscimento. Ed ecco Faust .
La sera prima della presentazione, Aleksandr (Sokurov, ndr) si era lasciato andare: “Cosa ci sto a fare qui! È chiaro che non mi daranno niente”. Io restavo ottimista, anche se cresceva il nervosismo. La musica del primo Mozart aveva accompagnato la cena all’hotel Excelsior, mischiata al suono della risacca e al mormorio degli ospiti: Leone d’oro o d’argento?
Due ore prima della cerimonia di chiusura Aleksandr aveva deciso di tornare a San Pietroburgo. “Tutto questo non mi piace. A che pro?”, ci aveva domandato, fissando i nostri volti tesi. Un’ora per convincerlo, un’ora per mettere lo smoking e scendiamo in strada. “Il Leone d’Oro va a un film dopo il quale la vita non sarà più quella di prima: Faust di Aleksandr Sokurov”, annuncia il presidente della giuria Darren Aronofsky.
Tutta la nostra delegazione, scatta all’unisono in piedi, ci raggiungono gli altri ospiti, e poi lacrime, chiamate, abbracci. Tra le congratulazioni arrivate per telefono una rimane impressa. “Aleksandr, siamo orgogliosi di lei, questo è un riconoscimento per tutto il nostro Paese”: è la voce del premier russo.
Ci viene incontro anche Michael Fassbender, uno dei migliori attori della cinematografia mondiale di oggi, fresco di Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile nel film Shame (Vergogna) di Steve McQueen. Due successi che riempiono di orgoglio.
L’autrice è direttrice di Sovexportfilm, conduttrice dei programmi televisivi e ha partecipato alla giuria del festival di Cannes
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