Il futuro presidente dell’Abkhazia Ankvab vota in una circoscrizione elettorale a Sukhumi. Foto: Itar-Tass
Foto: Yuri Kozyrev
L’Abkhazia è un angolo di clima subtropicale sulle sponde caucasiche del Mar Nero. In epoca sovietica era un luogo di villeggiatura assai gettonato, oggi si trova in stato di abbandono. Il Paese ha subito gravi danni durante il conflitto armato con la Georgia degli anni 1992-93. La maggior parte dei suoi abitanti ha il passaporto russo e può quindi partecipare alle presidenziali. Ma la popolazione è molto più interessata alle elezioni del leader locale.
Visto da un
turista di passaggio, il quadro delle elezioni appare piuttosto bizzarro: la
gente si mette in fila sin dal mattino presto davanti ai seggi elettorali, gli
elettori arrivano molto prima dell’apertura. Tra la folla, che la polizia cerca
di contenere, vi sono molti anziani e invalidi di guerra. “Non continuate a
fumare qui dentro, quante volte devo ripeterlo?” , grida una giovane donna ai
funzionari del seggio che con le loro sigarette riempiono di fumo la sala in
cui si vota.
“Io già una settimana fa ho telefonato ad Ankvab e gli ho detto che avrei votato per lui”, racconta Evgeni, nato a Sukhumi, la capitale dell’Abkhazia, e tornato in patria dopo la pensione. Questo rapporto così aperto con i rappresentanti del potere non è una novità. Il presidente uscente Sergei Bagapsh, amava incontrare la popolazione: chiunque lo desiderasse, poteva sedersi al suo tavolo e conversare con lui.
Benché la Russia aiuti l’Abkhazia in occasione delle elezioni, curando l’organizzazione della sala stampa e l’arrivo dei rappresentanti di diverse Ong straniere, la legge elettorale locale è diversa da quella russa. Le urne sono trasparenti, sul passaporto di chi ha votato viene apposto un timbro. Dalla scheda è fisicamente impossibile escludere la voce “contro tutti” (che esisteva in Russia ed è stata abolita nel 2006, ndr), perché nel Paese si vota non “per” il candidato, ma “contro”. Ciascun elettore riceve una scheda dalla quale deve depennare i cognomi dei vari candidati.
La vittoria è andata al vicepresidente Aleksandr Ankvab con il 55% dei voti, in una campagna che non ha messo in luce grandi differenze nei programmi dei vari candidati. A molti cittadini abkhazi Ankvab ricorda Putin. Intanto i russi hanno ottenuto risposta a un quesito fondamentale: il Presidente appena eletto ritiene che il suo Paese avrà bisogno di finanziamenti dal Cremlino per altri cinque-dieci anni. Vale a dire per uno o due mandati presidenziali.
La concomitanza tra la data delle elezioni e il prossimo anniversario dell’indipendenza ha investito la campagna di un particolare significato. In effetti le elezioni straordinarie (anche per un Paese membro dell’Onu) sono sempre un evento di eccezionale importanza. Nel caso dell’Abkhazia, qualsiasi campagna è una tacita competizione con la Georgia. Infatti, se le elezioni fossero state seguite da conflitti o addirittura da una resistenza civile, questo avrebbe dato un motivo alla legittima Tbilisi e ai suoi difensori negli Stati Uniti e in Europa di parlare di un totale o parziale fallimento del progetto abkhazo. Ma non è successo.
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