La Bjork caucasica

Foto: archivio personale

Foto: archivio personale

Si chiama Tusia Beridze l’ugola di Tbilisi che conquista con le sue canzoni dai suoni arcani e dalle melodie inconsuete. Ecco il segreto del successo

La musica di Natalie Beridze è una creazione affascinante che incanta. Natalie – meglio nota come Tusia Beridze e Tba – vive a Tbilisi, tiene concerti in tutta Europa e registra presso una casa discografica con sede in Germania. Le sue canzoni sono fatte di suoni arcani, e plasmano melodie dai ritmi inconsueti. Da poco ha pubblicato il suo ultimo album, Forget/fullness, uno dei suoi lavori migliori.

La compilation “4 women no cry” pubblicata nel 2005 ha costituito un punto di svolta per la sua carriera?
Non direi che uno dei miei album ha rappresentato “un punto di svolta” nella mia carriera, semplicemente perché tale svolta non c’è stata, se si eccettua forse il mio primo disco in assoluto, quello precedente a “4 women no cry”, uscito nel 2003 con etichetta Max.Ernst di Colonia. Ecco, forse potrei  definire quell’album il mio “punto di svolta”, in quanto la mia musica divenne accessibile a un pubblico più vasto ed ebbe la possibilità di farsi strada nel mondo.

Per  4 women no cryha scelto come cover  “Gorod, la celebre canzone di Akvarium del film “Assa”. Come mai?
Probabilmente perché adoro quel film e quella canzone. Non avevo programmato di farne una cover. La canticchiavo soltanto al microfono, nello studio di registrazione di Gogi Dzodzuashvili (I ragazzi post-industriali). Lui ha preso una chitarra e insieme abbiamo cantato “GorodZolotoj”. La registrazione è risultata buffa e dolce a uno stesso tempo e così ho deciso di inserirla nel disco. Ho alcune cover non ancora pubblicate di famose colonne sonore russe. Chissà, magari un giorno potrei pubblicarle, ma di solito non mi piace cantare in russo e neanche in georgiano. Non saprei spiegare esattamente perché. Immagino di voler prendere  completamente le distanze dal mio mondo culturale e l’inglese è una lingua perfetta per poterlo fare».

Tusia BeridzeHa mai tenuto concerti in Russia?
Due a Mosca, all’inizio del 2000. Il primo nel bar di un conoscente; per il secondo sono stata invitata da un promotore russo a suonare nel suo club.

Riscontra qualche caratteristica particolare nel pubblico russo?
Ho un pubblico russo che segue ogni mio album. Naturalmente si tratta di un pubblico diverso dagli altri, culturalmente più vicino a me, che ha  riferimenti precisi alla mia musica. In un certo senso abbiamo condiviso l’infanzia, abbiamo letto gli stessi fumetti, visto gli stessi film, assaporato la stessa letteratura, la stessa poesia, le stesse colonne sonore. Non ricordo molto bene l’epoca comunista, perché ero troppo giovane. In Georgia il regime era molto diverso, in un certo senso più soft rispetto a quello russo, anche se credo che in superficie si assomigliassero parecchio. Per esempio avevamo tutti la stessa uniforme scolastica, lo stesso zainetto, gli stessi programmi scolastici, gli stessi deficienti alla televisione, gli stessi programmi serali televisivi per bambini che si intitolavano “spokojnoj nochi malishi” (Buona notte bambini). Insomma, eravamo esposti tutti a un’identica qualità, a un identico effluvio di beni e servizi, scevro di identità particolari, una sorta di inespressiva gemellanza che si esplicitava in due luoghi diversi e distanti tra loro centinaia di chilometri. Credo di aver avuto un’infanzia perfetta, splendida, con innumerevoli apporti culturali geniali. Sono grata per il fatto di essere stata troppo piccola per ricordare tutto il male di quei tempi malefici.  Ho soltanto ricordi positivi di quei tempi, che si riflettono nella mia musica. Indubbiamente la mia musica è fortemente influenzata dai compositori russi, classici e non, e anche da quelli che lavoravano per il cinema. In un certo senso, quindi, posso rispondere alla sua domanda dicendo che il pubblico russo ha sicuramente un legame primigenio con la mia musica.

La sua casa discografica è a Berlino e lei tiene concerti in tutte le città europee. Ma risiede ancora a Tblisi, in Georgia. Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi di creare lì musica elettronica?
Non ha importanza dove si crea musica, se mi chiede espressamente informazioni sul processo creativo. Naturalmente, ciò che segue alla pura creazione della musica è diverso in termini di dove e come presentare il prodotto finito, dove suonare, come commercializzarlo. Queste cose sono impossibili da realizzare qui. Anche in Georgia esistono case discografiche, ma non esiste un canale di distribuzione. Ecco perché i giovani produttori georgiani sono impazienti di firmare contratti all’estero. Li capisco e li appoggio pienamente perché ora come ora questo è l’unico modo per poter andare avanti, per affermarsi e per farsi conoscere. Le tre case discografiche con le quali ho lavorato finora sono tutte in Germania, quindi tutto ciò che segue alla pubblicazione dell’album naturalmente accade fuori dalla Georgia.

 Il movimento artistico in Georgia è dinamico?
Temo di doverle dare una risposta negativa. In Georgia non ci sono movimenti artistici. È come se il pubblico in Georgia si stesse svegliando soltanto adesso e stesse prendendo coscienza soltanto adesso… o forse si sta addormentando, chissà! È davvero difficile utilizzare questo Paese come trampolino di lancio per la propria creatività artistica. Esistono naturalmente alcuni brillanti artisti georgiani, ma non ne sentirà mai parlare nessuno se non andranno a vivere e a lavorare all’estero, perché questo Paese non fornisce loro neppure il minimo di cui hanno bisogno.

Perché allora continua a risiedere a Tblisi?
Sono ritornata a Tblisi circa quattro anni fa. In teoria avrei dovuto fermarmi solo di passaggio, ma sono rimasta  più a lungo di quanto avessi in mente. Ciò dipende da molte cose, ma al momento mi sembra quasi che non faccia differenza dove abito. Inoltre mi piace stare vicino alla mia famiglia. Passiamo molto tempo a Berlino e forse mi ci trasferirò per un po’, ma non lo voglio considerare un trasloco definitivo. Non per il momento, quanto meno.

Dice di essere influenzata da vari cantanti, tra i quali gliSmiths, Lou Reed, David Bowie, Kraftwerk, Aphex Twin… ma anche da  Stravinsky, Prokofiev, Shostakovich e dal folk georgiano. Si riconosce nella definizione di “Bjork caucasica”?
Assolutamente! Questo paragone mi lusinga, sebbene non creda che vi sia altra somiglianza con Bjork al di fuori del fatto che siamo entrambe donne e siamo  entrambe originarie di un piccolo Paese. Non sono una sua fan, ma di sicuro si tratta di  una compositrice e una produttrice eccellente.

Nel 2002 lei intitolò il suo album “La Georgia è una Tokyo spirituale”. Da allora crede che la società georgiana sia cambiata?
Il cambiamento è evidente: la Tokyo spirituale è diventata una nuova Dubai. Pur non avendo nulla in contrario nei confronti di quel Paese petrolifero così sfavillante e colossale, trovo seccante che il mio sia diventato così. Indubbiamente, però,  è utile a far sopravvivere la maggior parte della popolazione. E poi c’è questa visione di  moderni deficienti al potere: un futuro senza confini culturali in un paradiso orribile e antiestetico. In linea generale trovo che la modernità è abbastanza brutta ovunque. Nei Paesi ricchi forse è un po’ più raffinata, ma in quelli poveri meno.

Qual è il suo parere sulla situazione politica della Georgia?
Non riesco a prendere sul serio le domande che riguardano la democrazia. Passare  dal comunismo alla democrazia è come passare dalla tirannia a una  tirannia dalle  buone maniere.

Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie