Il rublo non ispira fiducia

La dura vita degli industriali russi che bocciano la propria moneta e preferiscono investire i propri risparmi all’estero. Lo rivela un’inchiesta

Gli imprenditori russi con un giro d’affari superiore ai 50 milioni di dollari non hanno molta fiducia nei loro rampolli, come emerge dall’inchiesta condotta da Ubs e Campden Research alla quale hanno partecipato 19 imprenditori. La maggior parte degli intervistati (88%) è pronta a vendere l’attività qualora ricevesse una buona offerta. Come spiega il direttore generale di Campden Research, Dominique Samuelson, è questa la differenza fondamentale tra le imprese russe e quelle europee. Queste ultime, infatti, mirano a preservare e ampliare la loro attività. Inoltre, a differenza dei colleghi occidentali, i manager russi controllano da vicino i loro affari (solo il 21% ne delega la gestione) e non credono nella possibilità di coinvolgere i propri figli nella successione aziendale.

Fare soldi è diventato più difficile negli ultimi anni. I direttori aziendali lo riconoscono. La crisi ha aperto nuove possibilità ma la maggior parte degli interrogati (56%) conta di ampliare il proprio business in Europa, mentre solo il 40% spera di farlo in Russia. I Paesi con la giurisdizione più adatta agli affari agli occhi degli imprenditori russi sono la Svizzera, il Regno Unito e i Caraibi.

Gli uomini d’affari lamentano il fatto che il clima economico russo non incoraggi lo spirito imprenditoriale né l’innovazione. Secondo loro gli ostacoli principali alla crescita delle imprese sono il rallentamento della domanda e il calo dei flussi di cassa. Le opportunità di crescita per il momento non si vedono, come rivela Valerij Mironov del Centro di sviluppo presso la Scuola Superiore di Economia: con un aumento delle importazioni del 20-30% all’anno la domanda interna riesce a salire al massimo del 5-10% e il mercato dei produttori russi perde il 2%.

L’inchiesta dimostra inoltre che gli imprenditori russi temono anche il rafforzamento della regolamentazione finanziaria (26%). In seguito alla crisi, infatti, tutti gli Stati del mondo sono diventati più rigidi nei confronti del mondo degli affari, come spiega il direttore generale della Ubs Gregg Robins. La corruzione invece non preoccupa quasi per niente gli industriali russi, visto che solo il 10% di essi l’ha indicata tra i problemi riscontrati. Le grandi imprese russe hanno imparato a interagire in modo efficace con la burocrazia, è quanto ha constatato Elena Panfilova di Transparency International.

Il rublo non riscuote grande successo tra i manager russi: solo il 25% dei capitali liquidi è conservato in questa valuta. Gli industriali preferiscono l’euro, il dollaro e la sterlina inglese. Ma nel complesso è scarsa la fiducia nelle attività e gli strumenti finanziari: l’élite del business russo preferisce investire il denaro guadagnato in immobili all’estero. Come dimostra una ricerca dello stesso genere effettuata dalla Merrill Lynch Global Wealth, in ogni parte del mondo i milionari hanno perso interesse per i liquidi e per i conti fruttiferi.



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