Foto: Ria Novosti
Il 10 luglio 2011 durante una crociera da diporto sul Volga è colata a picco la nave Bulgaria; dei 208 passeggeri a bordo 129 sono morti. Mentre viene condotta l’indagine sulla catastrofe, nel luogo dell’incidente i cari hanno dato l’estremo saluto alle vittime di questa tragedia molto russa.
Nel cortile dell’ufficio della perizia medico legale di Kazan’ c’è un gran fermento lavorativo. I parenti riconoscono i corpi, ricevono i certificati di morte e l’occorrente per il funerale: una bara, una targhetta e una croce se sono ortodossi; alcune tavole, una targhetta e una garza per il lenzuolo funebre, se sono musulmani. I carri funebri riportano i corpi alle loro case; da lì la processione si muove subito verso il cimitero.
Nel cortile entra una giovane e bella donna con un vestitino lilla. La schiena è perfettamente diritta e le gambe sono altrettanto ferme. Degli uomini la sorreggono per le braccia da entrambi i lati. La donna non si guarda attorno. Ha tra le mani una croce con una catenina d’oro, si appoggia alla parete, fa scorrere la catenina e di colpo inizia a gemere, piano e in modo terribile. Gli uomini che la stanno accompagnando tengono in mano due appendiabiti con identici completini da bambino: camicie bianche, minuscoli gilet. Li ripongono in sacchetti neri. Sopra il primo c’è scritto Nikita Sabirov, sull’altro Daniil Sabirov. L’anno di nascita è il 2006; sono nella lista dei passeggeri periti.
Lo psicologo del Ministero per le situazioni di emergenza è seduto di fianco a un uomo in lacrime e lo tiene per il braccio. È il vicino di Olesja Vedernikovaja, che lavorava nella cucina del Bulgaria. I suoi parenti hanno chiesto all’uomo di venire per aiutarli a prendere il corpo. Per Olesja era la prima crociera, finora aveva lavorato in una fabbrica di giocattoli, ma le trattenevano lo stipendio e così ha deciso di trovare un lavoretto estivo. Si era impiegata sulla nave insieme con l’amica Ruvina. Ora Ruvina aspetta il corpo di Olesja accanto alla sua casa. Lei è riuscita a salvarsi, mentre Olesja non ce l’ha fatta, perché quando la nave si è bruscamente inclinata sul lato destro una pentola di acqua bollente si è rovesciata su di lei.
Il recupero dei corpi
Per il recupero dei corpi dal Bulgaria sono stati chiamati sommozzatori da tutta la Russia. In attesa del loro turno si allenano nel quartiere generale allestito sulla riva del Volga. Nemmeno loro sanno quanto tempo passano in profondità, dicono che lì il tempo non si percepisca; non hanno orologi, si orientano guardando quanto ossigeno rimane. In un turno Konstantin ha riportato a galla otto corpi: “Immaginatevi una persona che dorme sott’acqua in stato di tensione o semplicemente sospesa nello spazio”.
Ai passeggeri non è rimasta alcuna possibilità di salvarsi dopo che il Bulgaria ha iniziato ad affondare: “Al massimo potevano resistere una decina di minuti. Questo non è un sottomarino, non c’era nessuna stiva speciale ermetica sul Bulgaria”.
Jurij Kuz’minskij, medico responsabile della squadra dei sommozzatori, afferma che la loro principale difficoltà psicologica consiste nella scarsissima visibilità nel luogo in cui è affondato il battello: il fondo è melmoso, ci sono le correnti e una tempesta è appena passata. “Di fatto si posso distinguere gli oggetti a una distanza di mezzo metro, non di più. I sommozzatori si imbattono nei cadaveri all’improvviso”, racconta Kuz’minskij.
Il capitano al timone
Il villaggio poco lontano si sta ora svolgendo una cerimonia funebre, quella del nostromo del Bulgaria Sergej Lebedev. Sulla nave lavorava tutta la sua famiglia: la moglie Alena come cuoca, la figlia Daša era cameriera, il figlio Saša marinaio in prova. Si sono salvati tutti, tranne il padre. La moglie e i figli del nostromo appaiono stanchi più che affranti dal dolore. Una famiglia semplice, una vecchia casetta con le finestrelle decorate, il pranzo commemorativo nel piccolo caffè del paese di fronte la casa. Un tipico funerale di campagna. Le vecchiette nella folla commentano: “Il capitano a quanto pare non è voluto salire in superficie. Si è chiuso in cabina e basta”.
Come sia morto il capitano sicuramente non è chiaro. Fino all’ultimo ha tentato di raddrizzare l’inclinazione verso destra che ha provocato l’affondamento del Bulgaria, cercando di salvare le persone. Urlava: Tutti sul bordo sinistro. Il radiotelegrafista voleva trasmettere il comando con l’altoparlante, ma la cabina radio era rimasta senza corrente. Dei 35 membri dell’equipaggio, 23 si sono salvati, dei 173 passeggeri, 56 sono sopravvissuti.
Nikolaj Dmitriev, che lavorava sul Bulgaria come gestore della discoteca, era sulla nave con i due figli. Il maggiore aiutava il padre, cantava e ballava. Nikolaj e i figli dopo pranzo stavano dormendo nella loro stiva sotto la scala del ponte inferiore, quando si sono svegliati per le grida strazianti delle donne nelle cabine vicine. I Dmitriev ancora assonnati sono usciti dalla cabina. La nave si era già piegata fortemente a destra; la scala che partiva dal ponte inferiore era stracolma di persone, la famiglia Dmitriev si trovava sugli ultimi scalini.
Quando sono riusciti salire, sono stati investiti da un’onda, “i muri d’acqua arrivavano dal pavimento al soffitto”. Il padre si è ritrovato per terra e quando ha aperto gli occhi ha visto sopra di sé il boccaporto che un secondo dopo si apriva e da lì un marinaio gli tendeva la mano. “Era Van’ka. Bravo ragazzo, usciva sempre sul ponte quando si partiva per ascoltare i saluti dei passeggeri. Amava le canzoni”, ricorda Dmitriev. “Se non fosse stato per lui, non ne sarei venuto fuori. Solo che lui non sapeva nuotare”.
A Kazan’
Nel porto fluviale di Kazan’ si trova meteor, un aliscafo che sta partendo quasi vuoto per una crociera da diporto. Nell’agenzia di viaggio della stazione fluviale sono disperati: “La gente si è spaventata: fino a una settimana fa qui c’era la folla, e ora molti restituiscono il biglietto”.
Il naufragio del Bulgaria è una tragedia molto russa: in pieno giorno, in mezzo al Volga, in tre minuti finisce sott’acqua una nave, presa in affitto da una compagnia che non figura nell’elenco dei tour operator, con un equipaggio completo per metà, che non riceve da tempo lo stipendio, 20 passeggeri in più, non registrati, numerosi parenti dei membri dell’equipaggio e il marinaio Van’ka che amava le canzoni, ma non sapeva nuotare.
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