Foto: Lori/Legion Media
I ghiacci si sciolgono. Se gli ambientalisti si preoccupano, c’è qualcuno che si frega le mani. Sono un po’ tutti quelli che si vogliono dividere la torta energetica che è sempre stata ben custodita sotto la neve eterna. Ma i tempi e le temperature cambiano. E così è partita la corsa all’Artico. La Russia prevede di presentare nel 2012 una proposta alle Nazioni Unite per espandere i propri confini nella regione.
Il primo ministro Vladimir Putin ha già promesso che Mosca aumenterà la sua presenza, anche militare, per difendere i propri interessi. Le sue parole hanno lasciato poco dubbi: “Se i nostri interessi geopolitici verranno messi in dubbio, noi li proteggeremo con fermezza e consistentemente”. Intanto è iniziata qualche giorno fa una spedizione per dimostrare la fondatezza scientifica delle pretese sulla piattaforma continentale russa nell’Artico nelle zone indicate come Lomonosov e Mendeleev.
Certo, si tratta di questioni scientifiche e giuridiche, ma la posta in palio è molto di più di un pezzo di carta. Non per nulla nel 2007 i russi avevano piantato il loro tricolore sul fondo del Mar Glaciale Artico, oltre 4.000 metri sotto il Polo Nord. Altre nazioni limitrofe aspirano però a dividersi il tesoro sotto i ghiacci, dagli Stati Uniti alla Danimarca, dal Canada alla Norvegia. Una nuova Guerra Fredda? Forse, anche solo per le temperature.
La strada maestra è comunque quella delle trattative, senza però indietreggiare. “Sicuramente la Russia intende rafforzare la sua presenza nell’Artide. Siamo aperti al dialogo con tutti i vicini. Porteremo avanti la costruzione di nuove infrastrutture, stazioni meteo ecologiche”. L’esempio è quello dell’accordo sulla delimitazione delle zone di competenza nell’Artide e sulla cooperazione nel Mar di Barents e nel Mar Glaciale Artico entrato da poco in vigore fra Russia e la Norvegia. Insomma, a Mosca hanno le idee ben chiare, tanto che Gazprom gestisce già due progetti importanti di gas nell’Artico, di cui uno con la norvegese Statoil, mentre la statale Rosneft e la britannica BP operano su tre giacimenti del Mare di Kara.
Ci vorranno alla fine ancora anni per capire come verrà tagliata la torta ghiacciata, ma è certo che la corsa al Polo sta aprendo un capitolo nel quale entreranno anche altri potenti attori interessati sia allo sfruttamento delle risorse energetiche che a quello delle nuove vie di navigazione tra Atlantico e Pacifico.
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email