Foto: Itar-Tass
Racchette russe per la storia del Kazakistan. Che sogna l’ingresso tra le prime quattro potenze del tennis mondiale nella sfida all’Argentina dal 7 al 9 luglio 2011, quarti di finale di Coppa Davis. Un primato storico per l’ex Paese sovietico che fino a un paio di anni fa contava più bacini di ferro che atleti piazzati entro la duecentesima posizione nella classifica Atp. Poi il cammino incontenibile verso l’Olimpo del tennis a squadre. Andrej Golubev, Evgeny Korolev e soprattutto Mikhail Kukushkin (58esimo della classifica Atp) hanno regalato a marzo 2011 il punto decisivo negli ottavi contro la Repubblica Ceca.
Atleti dal codice genetico russo che, per dare slancio alla loro carriera, hanno accettato, a partire dal 2008, la sfida del presidente dello Stato kazako Nazarbayev: scendere in campo per la sua creatura. Così come le stelline Galina Voskoboeva e Yaroslava Shvedova, che trovavano eccessiva concorrenza in Federation Cup. La federazione fu allora affidata a uno stretto collaboratore del presidente, Bulat Utemuratov. Milionario, ottavo nel listino di Forbes 2009, vende le sue azioni dell’Atf, quinta banca del Paese e investe nel progetto Davis. Tra gli obiettivi, trapiantare un torneo Atp ad Astana e creare un centro tecnico dove plasmare la generazione tennistica del futuro.
Il vero obiettivo era però avvicinarsi anno dopo anno al vertice della Coppa Davis. Magari vincere l’Insalatiera. I tre moschettieri Golubev, Korolev e Kukushkin, detentore del torneo di San Pietroburgo 2010, infliggono un cappotto (5-0) memorabile alla Svizzera, nell’occasione priva di Federer.
Ottenendo il check in per il tabellone principale della World Group. L’ultima tappa è stata l’impresa contro la Repubblica Ceca. Dove Golubev “l’italiano” batteva, davanti a un pubblico incredulo, il Top ten ceco Tomas Berdych. Il russo (44esimo della graduatoria Atp) si allena da nove anni a Bra, in provincia di Cuneo. La sua storia inizia con un filmino, girato da un amico del padre, che viaggia per l’Europa in cerca di estimatori, sino in Piemonte, dove resta cinque anni in casa di una famiglia ammalata di tennis. E dove vive ancora, nonostante la chiamata della federazione kazaka.
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