Foto: Itar-Tass
La Bielorussia non riesce a pagare le bollette e la Russia ne approfitta. Mosca taglia le forniture elettriche verso Minsk perché non vengono pagati gli arretrati, poi ottiene l'immediato rimborso del debito di 1,2 miliardi di rubli che Belenergo, la società elettrica bielorussa, aveva con la russa InterRao. E tutto torna come prima. O quasi.
È un po’ un tira e molla quello a cui si sta assistendo in queste settimane di grande crisi economica nel Paese di Alexander Luakshenko. È una storia che si ripete, visto che già nell’estate del 2010 era capitato con il petrolio. Poi si era risolto tutto in un paio di giorni, nonostante i soliti titoli sulle guerre energetiche che tanto piacciono ai giornali occidentali. Ora però la situazione è più complicata, dato che la Bielorussia rischia davvero di precipitare nel baratro.
Da settimane i cittadini manifestano contro il razionamento della benzina e l’aumento dei prezzi. Il governo bielorusso ha annunciato nel frattempo che imporrà un tetto ai prezzi al consumo nel tentativo di contenere gli effetti inflazionistici. Ma le misure dirigiste non bastano certo a salvarsi. Per evitare il collasso Lukashenko ha chiesto aiuti al Fondo Monetario Internazionale, che deve però ancora decidere se concedere un prestito. È arrivato già invece un credito di 3 miliardi di dollari da Mosca. In cambio il Cremlino ha posto sul tavolo la privatizzazione di alcune aziende statali per altri 7 miliardi, a cominciare da Beltrangaz, il colosso energetico di cui Gazprom controlla già il 50%.
Tra i bocconi più appetitosi ci sono inoltre Belaruskali, fertilizzanti, e Maz, autocarri. Lukashenko ha sempre detto di non voler mai diventare il governatore di una regione russa e di fatto il Paese festeggerà in pompa magna quest’anno i vent’anni dell’indipendenza dal Cremlino. Così come tutte le altre Repubbliche ex sovietiche diventate autonome con il crollo dell’Urss. Sino ad ora l’autarchia bielorussa ha garantito al presidente la libertà di muoversi, o di isolarsi, sulla scacchiera internazionale, ma con la crisi devastante Minsk non sembra più in grado di opporsi alle pressioni di Mosca. Si tratta insomma sul prezzo della resa, non espressamente politica, ma economica. E geopolitica.
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