No al nucleare? Gazprom ringrazia

Foto: Photoxpress

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Le scelte di Italia e Germania di abbandonare i piani per l’energia atomica non fanno che piacere al colosso energetico russo che porta gas in Europa

Gli italiani hanno deciso con un referendum popolare di rinunciare al nucleare. Il governo tedesco guidato da Angela Merkel ha stabilito un piano di uscita che porterà la Germania entro il 2022 a non fare più utilizzo di energia atomica. È chiaro che da in qualche modo, dato che la sete non si placa facendo scomparire le bottiglie, bisognerà andare a trovare qualche altra fonte. E la più probabile è quella del gas russo.

A questo servono i due gasdotti che Gazprom ha sponsorizzato da tempo, senza sapere che a Roma e Berlino qualcuno stava preparando un bel regalo aggiuntivo. In Germania arriverà attraverso la nuova condotta sotto il Baltico, Nordstream, già in stadio avanzato. Sul lato meridionale la questione Southstream deve essere ancora risolta e non si sa ancora se e quando la nuova pipeline a cui partecipa anche l’italiana Eni entrerà in funzione. In realtà i lavori devono ancora partire e si sono scontrati con i progetti del Nabucco, voluto da Bruxelles con la benedizione americana, e la questione della modernizzazione del sistema di trasporto ucraino (gts). Ma questa è un’altra storia.

È interessante sottolineare che le decisioni popolari e governative di Italia e Germania, i due maggiori partner di Mosca, non fanno che piacere al colosso energetico russo, visto che la domanda di gas inevitabilmente aumenterà. È vero anche che nei prossimi anni crescerà anche nel mix energetico la quantità di energie rinnovabili, ma il gas russo rimarrà imprescindibile ancora per diversi decenni. A Mosca sorridono.

Gazprom è inoltre a caccia dei tubi bielorussi di Beltrangaz (di cui è proprietaria già del 50 per cento) e di quelli ucraini di Naftogaz (che ha già rischiato la bancarotta; Kiev ha bisogno di denaro per ristrutturare il gts) e vuole entrare direttamente nel mercato europeo. Il gas avvicina Russia ed Europa, quasi come avevano fatto carbone e acciaio per i sei Stati continentali che si riunirono nella Ceca nel 1951. Poi venne la Comunità Economica Europea. Cose diverse, naturalmente. E senza contare che l’aquila del Cremlino guarda anche a Est.

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