Foto: Konstantin Zavrajin
Il 27esimo summit Russia-Ue, che si è tenuto a Nizhnij Novgorod, è stato ironicamente ribattezzato dai colleghi di Bruxelles «il summit degli ortaggi». Il divieto di importare ortaggi in Russia dall’Europa è diventato l’argomento principale di questo incontro al vertice non solo sulla stampa, ma ha assunto un ruolo notevole anche nelle discussioni dei partecipanti. Benché non fosse neanche stato messo all’ordine del giorno.
Naturalmente al summit si è parlato dell’ingresso della Russia nell’Organizzazione mondiale del commercio (ciò che permetterebbe tra l’altro di abbandonare la “gestione manuale” del import-export), oltre che degli scenari di sviluppo dei “quattro spazi comuni Russia-Ue” (spazio economico, sicurezza interna, sicurezza esterna, scienza e formazione), del nuovo accordo base, del Partenariato per la modernizzazione, delle prospettive di abolizione dei visti, della composizione dei conflitti sopiti nello spazio post-sovietico…
Tutti questi temi si ripresentano però da diversi anni, passando da un summit all’altro, e alcuni di essi sono già sopravvissuti a una decina di incontri al vertice. I passi avanti ci sono stati, ma non tali da generare notizie degne di un titolo in prima pagina.
Gli alti funzionari e i diplomatici assicurano che l’assenza di notizie sensazionali e di balzi in avanti nei summit è un buon segno; significa che i rapporti tra la Russia e l’Ue sono ormai una routine, che sono di competenza degli specialisti; sono quindi ben avviati e si stanno sviluppando positivamente. Così come i rapporti tra Ue e Usa, che hanno anch’essi le loro magagne. In verità, sono ben pochi a voler riflettere sulle differenze ideologiche e di valori nelle fondamenta di tali rapporti. Attualmente per l’Ue la Russia rappresenta un partner forse altrettanto strategico della Cina, anche se di portata minore.
A tal proposito, la Russia è l’unico partner con cui l’Ue tiene un summit due volte l’anno. È più probabile che ciò sia una conseguenza della luna di miele degli anni ’90 che non un segnale di vicinanza. Non sarebbe ora di ridurre il numero di queste costose cerimonie? La questione è stata sollevata di recente dal deputato del Parlamento Europeo Alexander Graf Lambsdorff e dal direttore dell’Eu-Russia Centre di Bruxelles Fraser Cameron. Il rappresentante permanente della Russia all’Ue Vladimir Cizhov, rispondendo a questa domanda che viene posta sempre più spesso, si appella alla forma: così è scritto nell’Accordo di partenariato e cooperazione sottoscritto da Boris Eltsin nel 1994 nell’isola di Corfù con i leader dell’Ue. Probabilmente, quando saremo prossimi alla conclusione dei colloqui per la stipula di un nuovo accordo base si potrà tornare sulla questione della frequenza dei summit.
A Nizhnij Novgorod il problema degli ortaggi è stato risolto in maniera politica e, dopo la conclusione del summit, è rimasta la questione tecnica. Era quello che ci si aspettava a Bruxelles, dove si pensava non senza ragione che l’embargo fosse principalmente politico. Il batterio killer E.coli ha imperversato in un’area ristretta della Germania settentrionale e i casi di infezione riscontrati in una decina di Paesi dell’Ue riguardano persone che erano state di recente in quella zona. Dal punto di vista economico, l’embargo ha causato perdite a entrambe le parti.
Quanto agli altri problemi messi all’ordine del giorno, il summit è stato l’ennesima “importante tappa sul cammino” della loro risoluzione. Per l’Unione Europea, impegnata nel salvataggio dal default degli anelli più deboli dell’Eurozona, preoccupata dagli eventi inattesi della primavera araba ai suoi confini meridionali, dall’afflusso di immigranti, dal pericoloso spostamento a destra dell’elettorato e dalle oscillazioni nell’area Schengen, il fatto che i rapporti con la Russia progrediscano rispetto allo status quo non è una priorità di importanza vitale. Tra gli esperti russi c’è anche chi esprime l’opinione che alla Russia non convenga legarsi all’Europa, che dal punto di vista geopolitico si starebbe trasformando in una periferia.
Evidentemente, i rapporti esistenti soddisfano entrambe le parti. Oggi essi sono migliori di quanto non siano mai stati negli ultimi anni. Lo ha constatato durante il summit il presidente del Consiglio Europeo Hermann Van Rompuy. Anche Dmitri Medvedev ha osservato che c’è stato un evidente “progresso nel contesto economico”. Il volume degli scambi commerciali tra Russia e Ue lo scorso anno ha superato i 300 miliardi di dollari.
La Russia vende all’Europa principalmente energia e materie prime, ma gli europei non hanno seri motivi di preoccupazione. L’Europa si è allarmata per l’interruzione delle forniture che passavano dall’Ucraina e dalla Bielorussia. A Mosca non piace il fatto che “il terzo pacchetto energia” dell’Ue abbia messo Gazprom in condizioni di concorrenza non molto favorevoli. Ma anche questa difficoltà può essere superata, se vi è un reale oggetto di commercio. In futuro Gazprom non uscirà dal mercato europeo. La crisi economica e finanziaria ha dimostrato la profonda dipendenza reciproca di Russia e Ue.
È venuto meno anche un fattore di disturbo che fino a poco tempo fa si faceva sentire costantemente: si sono appianate le differenze interne all’Ue a proposito dei rapporti con la Russia. La Polonia e i Paesi baltici, che per tradizione opponevano a ogni occasione il loro veto nel Consiglio dell’Ue, ora sono intenzionati a intrattenere con la Russia rapporti non meno buoni di quelli che ha la Germania.
Le trattative sul nuovo accordo di base che sostituirà l’Accordo di partenariato e cooperazione del 1994 sono state rallentate non dal veto di qualche Paese, ma dall’attesa di vedere presto la Russia nell’Omc. A quel punto l’ampia sezione sul commercio inclusa nel futuro accordo di base non sarebbe più necessaria. Intanto lo stato dei rapporti Russia-Ue può essere definito in stand by. Il Paese è ormai l’unico grande attore del mercato mondiale che gioca ancora con regole proprie.
A Nizhnij Novgorod per l’ennesima volta si è tentato di dare una svolta alle trattative. Dmitri Medvedev ha usato l’espressione “siamo stufi”, sottolineando come esse si protraggano ormai da 17 interminabili anni; il ministro dello Sviluppo economico Elvira Nabiullina ha promesso che le trattative si concluderanno a luglio e il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso ha espresso caute speranze che la Russia possa diventare anche membro dell’Omc entro fine 2011.
I partecipanti del summit hanno osservato che sono stati fatti dei progressi nei singoli progetti del programma di partenariato per la modernizzazione. Barroso, che considera l’iniziativa anche un ambizioso progetto politico personale calibrato su Medvedev, ha però ribadito che non si tratta solo di un rinnovamento tecnologico della Russia, ma anche dell’emancipazione del suo potenziale imprenditoriale e creativo. E tutto ciò non è realizzabile senza le libertà democratiche e senza una società civile attiva. La supremazia della legge, ha sottolineato Barroso, è la condizione più importante per il riavvicinamento Russia-Ue. Van Rompuy, pur elogiando personalmente Medvedev per il suo impegno nel campo dei diritti umani, ha dichiarato che la situazione attuale lascia ancora a desiderare.
I discorsi sui valori europei, recitati come un mantradai funzionari dell’Ue negli incontri con la Russia, sono piuttosto un esercizio di promesse al Parlamento Europeo e ai parlamenti degli Stati membri dell’Unione, e non un tentativo di influenzare l’ordine delle cose in Russia. L’Europarlamento poco prima del summit di Nizhnij Novgorod ha dato ancora una volta un’indicazione agli emissari dell’Ue, adottando una risoluzione severa nei confronti della Russia.
A Bruxelles la Russia viene percepita attualmente come un paese antipatico, non democratico, non socievole. Sì, bisogna lavorarci insieme, ma in maniera pragmatica e senza farsi illusioni. Il potere esecutivo e il grande business europeo ci hanno fatto una croce su e si sono rassegnati al fatto che la situazione della democrazia in Russia difficilmente migliorerà a breve, mentre la corruzione nel paese è talmente radicata che non vi sono forze sufficienti a contrastarla.
A fare le spese della mancanza di uno spirito non materiale di cooperazione saranno con tutta probabilità la zona di libero scambio commerciale tra Russia e Ue, e di sicuro il sogno, caro agli strati più attivi della popolazione russa, di poter viaggiare in Europa senza visto.
Sul piano burocratico qualcosa si sta muovendo. Medvedev ha promesso di concordare entro la fine del mese la lista dei passi da compiere insieme per arrivare all’abolizione dei visti. Secondo le dichiarazioni del rappresentante permanente della Russia all’Ue Chizhov, Mosca esclude dalla lista le condizioni “non misurabili e che non hanno un rapporto diretto con i visti”, come la lotta alla corruzione. Ma anche qualora l’Ue le eliminasse formalmente, le trattative per l’abolizione dei visti hanno molte più probabilità di protrarsi all’infinito rispetto alle trattative con l’Omc.
In questa contrattazione le parti non sono pari. Per gli europei la possibilità di viaggiare in Russia senza visti non è l’esatto corrispettivo dell’abolizione dei visti per i russi. Se si mettono da parte le paure ipotetiche e forse immaginarie, la questione sta nell’attrattiva del Paese. Pertanto questa può rimanere una prospettiva a lungo termine ancora per molti anni. A meno che la Russia non proponga unilateralmente all’Europa una contropartita molto importante.
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