Foto: Photoxpress
La Bielorussia ha bisogno d’aiuto. Da sola non ce la fa, travolta dalla grave crisi finanziaria che l’ha messa in ginocchio. L’autarchia di Alexander Lukashenko ha insomma dei limiti. Anzi li ha sempre avuti. Ora a Minsk le cose stanno però precipitando, tanto che il presidente deciso ha deciso di rivolgersi al Fondo Monetario Internazionale. Sino a metà giugno una missione internazionale controllerà intanto qual è la situazione economico-finanziaria del Paese.
Qualche giorno fa era stato il premier Mikhail Miasnikovich a dichiarare che il credito di stabilizzazione potrebbe oscillare tra i 3,5 e gli 8 miliardi di dollari. Denaro che sarà spalmato su un periodo da tre a cinque anni e che servirebbe alla Bielorussia per non sprofondare definitivamente. Ma le cose sono messe piuttosto male e allora a dare una mano a Lukashenko è arrivata anche la Russia, via EuraSec, la comunità economica euroasiatica.
Il primo ministro Vladimir Putin ha comunicato di recente che a Minsk verrà concesso un prestito di 3 miliardi di dollari con clausole che prevedono la privatizzazioni di alcune aziende statali per oltre 7 miliardi di dollari. Si è parlato in precedenza anche della totale vendita della rete di distribuzione del gas di Beltrangas a Gazprom e, se in un primo momento Lukashenko ha detto di no e ha affermato che “durante le precedenti crisi internazionali, il nostro potente settore privato ci ha aiutati a restare a galla”, ora le cose potrebbero cambiare.
Mosca non ha mai fatto mistero di voler mettere le mani su tutti i tubi possibili (da quelli bielorussi a quelli ucraini) e ora i tempi della beneficienza paiono davvero finiti. A vent’anni dall’indipendenza da Mosca, la Bielorussia si trova nella più grave crisi della sua breve storia. Svalutazione del rublo, prezzi alle stelle, inflazione che alcuni esperti danno per quest’anno intorno al 40%: il Paese rischia insomma il tracollo.
Il tutto arriva dopo che la comunità internazionale occidentale si è schierata contro Lukashenko in seguito alla repressione contro l’opposizione nel dicembre 2010. Alle sanzioni politiche è difficile che però si aggiungano quelle economiche, visto che sembra che basti aspettare per vedere crollare il castello d Minsk.
Resta da vedere, una volta messa la prima pezza russa, quanto tempo ci vorrà prima che la situazione si ripeta. Senza riforme strutturali adeguate la Bielorussia non ha possibilità di sviluppo e le sue uniche chance, senza altre mosse del Fondo, sono quelle di appigliarsi alle stelle. Quelle del Cremlino.
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