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Se un uomo si sente chiedere spesso se è sposato, dopo un po’ gli viene voglia di convolare a nozze con la prima che capita. Un mio conoscente, Slavik, che ha già superato la trentina, non si è quasi mai imbattuto nel problema, del quale, invece, si lamentano le sue coetanee, ovvero la pressione della società a vederlo sistemato con una famiglia. A dire il vero, qualche volta sua zia, dalla provincia di Krasnodar, gliel’ha domandato: “Slavik, non ti sei ancora sposato?”, ma si trattava di una sorta di abitudine, di un saluto affettuoso una volta all’anno, quando la zia lo chiamava per fargli gli auguri di compleanno.
Per tutto il resto dell’anno il moscovita Slavik viveva sereno e spensierato. I suoi genitori non entravano in fibrillazione quando una ragazza gli telefonava. Non lo tempestavano di domande del tipo: “Chi è? È una cosa seria? Cerca di non rovinare tutto anche questa volta. Chi ti sopporterà con il carattere che hai?”. Neanche gli amici sposati gli ricordavano mai la sua condizione solitaria; né i colleghi gli davano consigli, come: “Potresti iscriverti a un corso di corteggiamento”, né gli regalavano il libro “Come sposarsi”.
Insomma, nessuno aveva inculcato a Slavik, fin dagli anni della scuola materna, che dovesse affrettarsi con tutte le sue forze verso la meta agognata, verso il traguardo… verso il matrimonio. Nessuno aveva mai misurato il suo successo nella vita in base al criterio “coniugato”. Nessuno, alla notizia che lui era scapolo, si era mai interessato, in tono compassionevole, sul perché non avesse una donna. Tutti capivano che se un uomo non è sposato è soltanto perché non vuole lui e non perché nessuno lo vuole sposare.
Solo una volta, andando a trovare una coppia sposata, Slavik si era sentito un po’ amareggiato per il suo status di single. Una bambina piccola, la figlia dei padroni di casa, gli aveva chiesto dove fosse sua moglie. Ma con i bambini non ce la si può prendere. Crescendo, la piccola capirà come stanno le cose.
Quando però Slavik è andato a trovare i suoi parenti in Israele è cominciata tutta un’altra storia. In Israele si scherza dicendo che tra tutti i comandamenti gli ebrei hanno deciso di osservarne rigorosamente solo uno: “Andate e moltiplicatevi”. Chi cerca di sottrarsi a questo dovere viene considerato, se non un peccatore, di certo non uno stinco di santo. Pertanto lo scapolo Slavik, che alla sua età non ha ancora né moglie né figli, ha suscitato un po’ di scompiglio tra il parentado israeliano: “Così vecchio, è ancora scapolo? Ma guarda un po’”.
I parenti lo portavano a trovare i loro amici; gli amici lo portavano dai loro parenti, e questi ultimi lo portavano dagli amici degli amici. E dovunque risuonava la stessa domanda: “Perché sei ancora solo? Forse a Mosca hanno chiuso gli uffici dello stato civile?”.
“Che vergogna”, sospirava la zia israeliana, guardando il nipote con una tale compassione che a lui veniva voglia di sposarsi immediatamente con qualcuna, anche con un’avventuriera, con una donna più vecchia di lui di 20 anni, con una detenuta, un’alcolista, con una emotivamente sadica, con chiunque, ma subito, pur di non vedere più quelle labbra strette dal dispiacere, pur di non sentire quei sussurri alle sue spalle: “Pensate che non è sposato. Sì, e non ha nemmeno figli. Poveretto”.
Così, quando i parenti gli hanno chiesto di pensare se volesse restare in Israele per sempre, Slavik ha gridato un “no” talmente forte da spaventare, a quanto pare, persino il gatto Izja, un rispettabile padre di famiglia che ha dei gattini nella via vicina. Slavik è tornato indietro a tutta birra, a Mosca. A quella casa dove con domande del tipo “Non hai famiglia? Che cos’hai che non va?” si incalzano solo le donne.
Articolo originale pubblicato su kommersant.ru
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