Giovani russi all’estero, biglietto di solo andata

Foto: Photoxpress

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Gli under 25 della Federazione sognano un lavoro oltre confine e guardano a occidente. Quanti di loro torneranno in patria?

Anton, 25 anni, ha la valigia pronta. Sebbene sia un dirigente di una delle maggiori compagnie petrolifere di Mosca, un’occupazione, come lui stesso ammette, che significherebbe anni di duro lavoro per lui in qualsiasi altro Paese occidentale,  sta seriamente considerando la possibilità di ottenere un impiego meno pagato e continuare i suoi studi a Londra. “La Russia a volte è davvero deprimente, specie d’inverno”, afferma sconsolato.

Per molti giovani russi specializzati i Paesi occidentali sembrano avere un grosso potere d’attrazione: più opportunità di lavoro, un migliore sistema educativo o, semplicemente, un clima migliore. Certo, quest’ultima motivazione è forse la meno importante. Ugualmente molti studenti russi cominciano a chiedersi se l’erba dei vicini non sia davvero più verde.

“Ogni anno chiedo ai miei allievi dove si immaginano tra tre o quattro anni – racconta Alexander Auzan, docente di Economia dell’ Università Statale di Mosca -  e a settembre circa la metà ha detto di aspettarsi di vivere all’estero; non ovunque, ma in particolare in Germania, Inghilterra, Irlanda o Argentina.”

Le verità scomode sono parte del lavoro di qualsiasi leader al mondo. Poche però lo sono come quelle che attendevano il Presidente russo Dmitri Medvedev al summit del G8 nel luglio 2008. Proprio mentre lui si apprestava a dare inizio al programma ambizioso di “modernizzazione” economica, i professionisti e gli esperti, così determinanti, si preparavano a cambiare aria: un incredibile 57% di loro, secondo un’indagine del Levada Center.

La risposta di Medvedev è stata tipica della retorica volta all’ottimismo dell’Occidente che lui ha assunto da quando è Presidente. “Dobbiamo creare le condizioni favorevoli ai nostri cittadini,  - dichiarò -. Se non ci sono è normale che la gente voglia andarsene”.

Ma i professionisti russi restano scettici. Stando ai dati sull’emigrazione più recenti. Più di 12,5 milioni di russi hanno lasciato il Paese, come riporta il direttore di Audit Chamber Sergei Stepashin. L’emigrazione assieme al basso tasso di nascita e all’alto tasso di mortalità - l’aspettativa di vita maschile è di 63 anni - ha contribuito a ridurre la popolazione. Così oggi ci sono 143 milioni di abitanti in Russia, un decremento di circa 3,5 milioni dal 2002.

All’inizio sembrava l’ultima emigrazione di una lunga serie cominciata a partire dalla Rivoluzione d’Ottobre, quando migliaia di imprenditori e intellettuali si allontanarono dal governo bolscevico di Lenin. Da allora, i russi hanno lasciato il Paese a ondate ogni qual volta le circostanze li forzassero a questa scelta. Alcuni lo hanno fatto per evitare le persecuzioni da parte dello Stato, come durante le purghe anti-religiose staliniane negli Anni ‘60 e ‘70. Altri, specie negli ultimi due decenni dell’Unione Sovietica, in cerca di maggiore libertà verso l’ Europa, Israele e gli Usa. Altri invece sono partiti a caccia di migliori condizioni economiche come nel caso della cosiddetta “emigrazione del salame” che fu provocata dalla scarsezza di produzione durante la perestroika o i 6 milioni di russi che sono emigrati nei turbolenti Anni ‘90.

 È la relativa assenza di situazioni di forza maggiore che preoccupa molti riguardo l’attuale trend. La Russia, infatti, esce da un decennio di produzione senza precedenti. Sotto Vladimir Putin, il prodotto interno lordo è cresciuto di sei volte, la povertà si è dimezzata e l’economia è fiorita a un tasso del 7 percento all’anno.

Molti osservatori liberal vedono il cambiamento come qualcosa di primariamente atmosferico. “La spiegazione sistemica dell’attuale ondata di emigrazione è la stessa che fornì una volta Blok sulla morte di Pushkin: aria non sufficiente”, ha scritto il giornalista Dmitry Oreshkin in un recente articolo per il giornale vicino all’opposizione  Novaya Gazeta. “Diviene sempre più difficile per una persona libera e auto-sufficiente respirare nella Russia di Putin. Non c’è spazio a sufficienza qui”.

Resta da vedere da dove proviene una simile atmosfera. In un’indagine pubblicata con l’articolo di Oreshkin, il 62,5 % dei lettori della Novaya Gazeta ha scelto: “Tutte quelle menzionate”, tra le ragioni che spiegano l’emigrazione in aumento. Molti casi sembrano dipendere da questioni personali: tipo di lavoro, età, lingue conosciute, stato civile e livello culturale. LiveJournal, un sito di blogger molto popolare, ha una comunità chiamata “Ora di andare?”, dove gli utenti che vogliono andarsene trovano consigli da persone in situazioni simili.

Tuttavia alcuni sostengono che l’emigrazione rende la vita semplice a chi rimane, come avanzare in carriera. Anna, 32 anni, una delle principali curatrici di un’istituzione artistica di Mosca, ha lavorato in molte prestigiose organizzazioni europee, ma dice di dovere il suo successo al suo ritorno definitivo in Russia.

“Paradossalmente, ci sono più possibilità di carriera qui se si vuole veramente fare carriera”, afferma. “Il fatto che lasciare la Russia per un lasso di tempo sia senza dubbio molto fruttuoso, in termini di respirare un po’ di aria fresca, è certamente vero. Ma bisogna dire, che nella maggior parte dei casi, vale la pena fare ritorno”.

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