È inevitabile in questi giorni non occuparsi del disastro di Chernobyl, che il 26 aprile di venticinque anni fa colpì le tre repubbliche sovietiche di Ucraina, Russia e Bielorussia. Quei giorni di primavera, in attesa delle grandi feste tradizionali del Primo maggio e del nove maggio (l’anniversario di quella che in Occidente viene chiamata Seconda Guerra Mondiale, mentre nella vecchia Urss è conosciuta come Grande guerra patriottica), sono rimasti un ricordo indelebile per tutte quelle persone che sono state testimoni in qualche modo della tragedia.
L’onda emotiva del dramma giapponese di Fukushima, dove però non è stato l’uomo a scatenare la catastrofe, ma la natura, ha fatto aumentare i brividi. In Ucraina, dove Chernobyl si trova, a un passo dal confine con la Bielorussia e poco più di 100 chilometri della capitale Kiev, la gente ha un approccio molto pratico con l’energia nucleare: da un lato sa che, almeno al momento, non se ne può fare a meno, visto che circa il 50 per cento dell’energia elettrica arriva proprio dall’atomo e senza questo il Paese non andrebbe avanti; dall’altro, proprio perché sono milioni coloro che hanno vissuto direttamente i giorni di Chernobyl, è diffusa la paura. E molti temono che la tragedia possa ripetersi.
Stando ai risultati di una ricerca condotta dall’Istituto Gorshenin resa alla vigilia del venticinquesimo anniversario, il 70 per cento della popolazione non si fida della sicurezza delle centrali nucleari del Paese e ha paura di un altro incidente. Solo il 20 per cento è tranquillo. Quasi l’80 per cento ritiene inoltre che la centrale di Chernobyl costituisca ancora un pericolo per la salute. Il sarcofago che ora copre il reattore numero quattro sarà rimpiazzato da una nuova struttura che dovrebbe seppellire per sempre ogni pericolo. Ma ci vorranno ancora quattro anni prima che venga completata.
Secondo il sondaggio, il 66 per cento degli ucraini è contro la costruzione di nuovi impianti nucleari. Nel Paese ce ne sono già quattro. Il governo di Kiev ha già detto che andrà avanti in questa direzione, senza abbandonare la strada dell’atomo. La sfida, non solo per l’Ucraina, ma per tutte le nazioni che sempre più faranno affidamento sull’energia nucleare è quella di coniugare l’esperienza del passato, imparando dalle terribili lezioni, con una sicurezza sempre maggiore. Perché, come si è sentito più volte dire in questi giorni di commemorazioni, gli incidenti nucleari non conoscono confini e la collaborazione internazionale è un elemento essenziale per garantire a tutti che il rischio sia ridotto. Anzi eliminato.
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