Viaggio nella Zona Proibita

Foto: Getty Images/ Fotobank

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L’Ucraina è sempre alle prese con le conseguenze dell’incidente avvenuto nella centrale di Chernobyl, considerata la più grave catastrofe nucleare della storia.

Foto: Veronika Dorman


Per entrare nella “zona proibita” – che circonda il reattore numero 4 esploso nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986 e ha un raggio di trenta chilometri – occorre passare attraverso un checkpoint. A circa 15 chilometri dalla centrale, c’è una stazione di polizia: ci si ferma e a questo punto bisogna firmare un modulo in cui ci si assume l’intera responsabilità dei rischi ai quali va incontro.


Avvicinandosi al reattore danneggiato, ricoperto dalla fine del 1986 con un sarcofago realizzato in tutta fretta, i dosimetri impazziscono, mostrando un livello di radiazioni di decine di volte superiore alla norma. Ma le guide dell’agenzia Cherno­byl Interinform, che gestisce e controlla la zona, rassicurano: «La dose di radiazioni che si assorbe in una giornata trascorsa qui è inferiore a quella di una radiografia dentale», spiega Juri Tatarchuk, che lavora in questo luogo dal 1998 e vuole evitare allarmismi ingiustificati, che spesso si diffondono nell’opinione pubblica.



Non lontano dal reattore, alcuni pali d’acciaio si innalzano verso il cielo: si tratta del cantiere del nuovo sarcofago che dovrà ricoprire quello vecchio, diventato fatiscente. Il progetto va avanti dal 2007 per opera del consorzio francese Novarka e fa discutere. «Non abbiamo le prove della corruzione, naturalmente, ma il progetto ne presenta tutti i sintomi» commenta Vladimir Tchurpov, direttore del dipartimento energetico di Green Peace Russia, facendo riferimento alle centinaia di migliaia di euro già inghiottite da un cantiere che stenta a decollare. Il direttore della zona proibita, Volodymyr Kholocha, tiene a precisare che oggi mancano 600 milioni di euro dei 1,5 miliardi necessari alla costruzione di un nuovo sarcofago.


Ma gli esperti denunciano anche le vistose carenze strutturali del progetto: «L’obiettivo principale della nuova copertura, previsto dalla Costituzione ucraina, era di permettere lo smantellamento del vecchio sarcofago e l’estrazione dei combustibili nucleari al suo interno» spiega Nikolay Karpan, ingegnere della centrale dal 1969 e in seguito liquidatore delle conseguenze dell’incidente dal 1986 al 1989, attualmente direttore dei programmi di perizia del Partito nazionale di Chernobyl. «Invece, quel proposito è stato completamente abbandonato e l’attuale progetto è solo un guscio vuoto, un semplice hangar che non prevede smantellamento alcuno, né tanto meno permette di tutelare chi lavorerà al suo interno. Ora come ora, il pericolo è nella polvere radioattiva, che provoca irradiazione interna quando è inalata».



A un quarto di secolo dalla catastrofe, è ancora l’assorbimento degli elementi radioattivi a minacciare più di qualsiasi altra cosa i residenti.


Da allora gli abitanti dell’intera regione sono esposti alle radiazioni tramite il cibo: funghi, bacche e latte delle vacche che pascolano liberamente sono portatori di radionuclidi. Oggi dal 70 al 95 per cento delle irradiazioni è interna. «Il vero problema è che la popolazione si nutre da anni di alimenti contaminati» si dispera Olga Vassilenko, dottore del centro medico francese di Kiev. E sono in tanti a pensarla esattamente allo stesso modo.



A soffrire più di tutti sono i bambini: quelli che vivono nelle zone contaminate hanno un sistema immunitario debole e presentano spesso problemi di crescita.


Bulat NigmatulinBulat Nigmatulin, Esperto energetico:

Dopo Chernobyl occorreva imparare la lezione e cambiare registro. In realtà l’agenzia per il nucleare Rosatom continua a non essere gestita da esperti. In una situazione critica sarebbero in grado di prendere le decisioni giuste? Oltre all’enorme potenziale di pericolo, l’energia nucleare rappresenta anche il benessere perché la prosperità si acquisisce soltanto con l’energia.
Spesso si mettono in risalto solo i vantaggi e non anche i rischi dell’attuale mix energetico. Non ci si è occupati, ad esempio, delle enormi perdite di energia nelle centrali convenzionali e nella rete elettrica, poiché lo Stato preferisce investire in centrali nucleari, così come si punta poco sulle energie rinnovabili, che hanno grandi prospettive di crescita.

Bulat Nigmatulin è stato direttore dell’Istituto di ricerca sulla Sicurezza delle Centrali Nucleari

La lotta contro le radiazioni

Dopo l’incidente di Chernobyl, il governo sovietico inviò personale da tutta l’Urss per i lavori di sgombero. I liquidatori – vigili del fuoco, tecnici, militari, operai e piloti d’elicottero – avevano il compito di decontaminare la zona e costruire un sarcofago di cemento armato intorno al reattore distrutto. Non si sa ancora con certezza il numero delle vittime tra quei lavoratori.

Foto: Ria Novosti, Getty Images/Fotobank, Veronika Dorman

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