Fumetto Dmitry Divin
È opinione prevalente che sia meglio attendere che la polvere si adagi prima di trarre le debite conclusioni su un avvenimento. Anche se il “polverone” sollevato dai moti popolari in Africa del Nord e in Medio Oriente è talmente fitto che la Russia non può attendere. La prima conseguenza di questi tumulti popolari è l’aumento del prezzo del petrolio. Dopo essere costantemente saliti negli ultimi due anni, i prezzi del greggio alla fine di febbraio sono schizzati alle stelle.
Sul breve periodo, la Russia trarrà soltanto benefici da questo trend. Dall’inizio dell’anno, la miscela d’esportazione, fiore all’occhiello degli Urali, si è mantenuta in media sui 98 dollari al barile, facendo registrare un 30% in più rispetto a quanto programmato in bilancio. Secondo alcune proiezioni, questo prezzo aiuterà il Cremlino a riportare in pari il bilancio federale entro il 2014 (prima di quanto previsto finora) ed entro la fine dell’anno di raddoppiare il fondo di riserva russo, portandolo dagli attuali 20 miliardi di euro ai 50 miliardi. Inoltre, la possibile interruzione delle forniture di gas dall’Algeria, che aumenterebbe ancor più la dipendenza dell’Ue dal gas di Gazprom, rafforzerà la posizione della Russia nelle trattative riguardanti il “terzo pacchetto energetico” dell’Ue.
Tuttavia, verosimilmente gli utili aggiuntivi comporteranno un onere non secondario: l’inflazione. L’afflusso di contanti in eccesso nell’economia renderà più difficile mantenere il caro prezzi al di sotto dell’obiettivo fissato per il 2011 e pari al 7%. Inoltre, i prezzi alle stelle del petrolio prima o poi provocheranno una seconda ondata di crisi economica globale, alla quale farà seguito un inevitabile crollo precipitoso dei prezzi dell’energia. Qualora ciò dovesse accadere, Mosca si ritroverebbe nella medesima, difficile situazione economica del 2008-2009.
Senza dubbio, difficilmente si assisterà nelle città russe a rivolte simili a quelle arabe. Tuttavia non si possono escludere a priori sommosse nella regione del Caucaso, che presenta situazioni preoccupanti e simili a quelle di Tunisia ed Egitto, vale a dire molti giovani e alta disoccupazione. Inoltre, una rivolta dell’opinione pubblica è possibile ai confini russi in Asia Centrale, dove le instabilità politiche e sociali hanno già provocato tutta una serie di violente rivolte antigovernative negli anni successivi al crollo dell’Urss.
Malgrado tutto, però, l’orizzonte non è soltanto cupo e grigio per la Russia. I cambiamenti in corso nel mondo arabo potrebbero offrire alla Federazione l’opportunità di accrescere la propria influenza nella regione. L’entusiasmo con il quale gli Stati Uniti e i loro alleati europei hanno appoggiato le sollevazioni popolari nei Paesi arabi ha spaventato le élite arabe al potere, che si sono sentite tradite. E che adesso potrebbero essere maggiormente disposte a prendere in considerazione la Russia, che si è rifiutata di intromettersi nelle questioni interne di altri Paesi, in qualità di partner più attendibile e fidato per gli anni a venire.
I tentativi di prevedere che cosa accadrà adesso, in particolare quale Paese arabo possa soccombere di fronte all’epidemia della “rivoluzione araba”, sono in definitiva del tutto inutili. Perfino in Egitto e in Bahrein, dove per il momento pare reggere una certa calma, la violenza potrebbe tornare ed esplodere in qualsiasi momento. Una cosa è ormai chiara: il mondo arabo è definitivamente entrato in un’era di profondo e radicale cambiamento, il cui esito resterà ignoto per molto tempo. In altri termini, quindi, la “polvere” che satura l’aria dei Paesi arabi non si adagerà tanto presto e Mosca farebbe bene a seguire la situazione con estrema attenzione. I cambiamenti in corso nel mondo arabo potrebbero offrire alla Federazione l’opportunità di accrescere la propria influenza economica nella regione.
L’autore è un commentatore politico residente in Massachusetts, e cura il blog The Ivanov Report
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