La riforma militare ferma il terrorismo

Fumetto Dmitry Divin

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Sono passati poco più di quattro anni, era il febbraio del 2007, dal giorno in cui Anatoly Serdyukov, all’epoca semi-sconosciuto funzionario del Fisco, fu inaspettatamente nominato ministro della Difesa. Secondo la maggioranza degli osservatori, il principale compito del neo ministro sarebbe stato quello di mettere ordine tra i conti dell’esercito.

Nei primi anni del nuovo millennio, infatti, le spese militari erano progressivamente lievitate senza produrre alcun risultato tangibile. E benché il predecessore Sergei Ivanov avesse vantato riforme militari, a 18 mesi dalla sua nomina a ministro, Serdyukov decise di attuarne di nuove, avendo constatato il deterioramento dell’esercito nell’agosto del 2008, in occasione della guerra tra Russia e Georgia.

Le sue riforme mirano a creare una compagine moderna, in grado di fronteggiare le nuove minacce alla sicurezza nazionale senza perdere di vista le minori risorse economiche e demografiche di cui il Paese dispone. La Russia non possiede le risorse necessarie a combattere un conflitto su larga scala e di tipo convenzionale con la Nato o la Cina. Tutte le parti in causa sanno perfettamente che nell’eventualità di un simile conflitto, Mosca sarebbe obbligata a fare affidamento sul proprio deterrente nucleare.

Intanto, il rischio di conflitti locali e regionali è in aumento: tutte le ex Repubbliche sovietiche (a eccezione degli Stati baltici) subiscono infatti tensioni di matrice separatista, conflitti inter-etnici o regimi instabili e dispotici. La Russia, che non può fingere di ignorare tale realtà, deve prendere parte a molti di questi confliti. Sono queste le guerre a cui l’esercito di Serdyukov dovrà prepararsi a fare fronte. Senza contare che le forze armate attualmente sono coinvolte nel Caucaso settentrionale: una regione che le rivolte dei separatisti etnici e gli attacchi terroristici che si succedono quasi ogni giorno hanno praticamente trasformato in una zona di guerra.

Le riforme militari sono il proseguimento di quelle politiche ed economiche implementate dalla Russia negli anni Novanta. L’iniziativa potrebbe rappresentare il più ambizioso progetto statale dell’ultimo decennio - con la possibile eccezione del tentativo, solo in parte riuscito, di pacificare la Cecenia. In un più ampio contesto militare e storico, le riforme portate avanti da Serdyukov e Nikolai Makarov (capo di Stato Maggiore) prevedono la più radicale e profonda trasformazione dell’esercito dai tempi di Leon Trotsky e del leader bolscevico Mikhail Frunze.

Il Cremlino e la Casa Bianca [sede del governo], solitamente attenti a scongiurare qualunque iniziativa in grado di scatenare sommosse sociali, hanno caldamente appoggiato Serdyukov malgrado le diffuse critiche e la sfrenata opposizione delle forze armate. Un appoggio che si è manifestato sotto forma di sostegno politico ed economico. Anche durante il periodo più duro della crisi economica, il finanziamento è rimasto una priorità assoluta del bilancio pubblico.

Forse, a spingere i riformatori a implementare con tanta rapidità i cambiamenti in atto è il timore che le riforme possano essere compromesse o boicottate. Come sosteneva il riformatore Sergei Witte, primo ministro della Russia imperiale (1905-06), che riteneva improduttivo portare per le lunghe le trattative di riforma. In questo caso, ricordava, sono sempre destinate a fallire.

L’autore dirige il Centro per l’analisi delle strategie e delle tecnologie. L’articolo è già apparso su The Moscow Times.

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