Foto: Anna Leonova
Nella sala colloqui di Studies&Careers, agli ultimi piani del business centreMejerchold, è appeso un poster della Torre Eiffel. Evidentemente è lì per sottolineare lo status internazionale della società che attualmente offre ai russi i suoi servizi per l’ammissione negli istituti europei di istruzione superiore. “Bisognava metterci la torre di Pisa”, osserva un po’ dispiaciuto l’interlocutore.
Il 36enne Bernardo Paoli parla perfettamente il russo; si sente che ha un passato da slavista. “All’inizio degli Anni Novanta, quando ero studente della facoltà di Lettere dell’Università di Firenze, trascorsi un anno intero a Mosca per studiare: già allora esistevano gli scambi studenteschi tra l’Mgu (l’Università Statale Lomonosov di Mosca) e i Paesi capitalisti. Poi ho scritto la mia tesi, tra Mosca e Milano. I miei genitori hanno insegnato in università per molti anni, mio fratello è professore, per cui si può dire che inizialmente abbiano avuto una certa influenza sulle mie scelte professionali. Ma le biblioteche, gli archivi e il lavoro di ricerca non mi attiravano. Mi piace molto di più avere a che fare con la gente, perciò ho abbandonato l’attività scientifica”.
Ma come mai un ragazzo di un piccolo paese in provincia di Firenze (come si definisce lo stesso Bernardo Paoli, “un provinciale venuto giù dai monti”) ha iniziato a interessarsi di un Paese enorme e sconosciuto come la Russia, e si è dedicato agli studi di slavistica? “Proprio in quegli anni in Italia si cominciava a parlare delle prospettive legate alla Russia che si stavano aprendo e anche delle prospettive economiche. Gli italiani sono stati molto fortunati, perché l’apertura di questo grande mercato si è sovrapposta all’antico amore del popolo russo per l’Italia. Questo ci ha aiutato (e ha aiutato anche me) ad avviare lo sviluppo di un florido business in Russia”.
La Mosca dei folli Anni ’90
“Mi ricordo di quando stavo scrivendo la tesi e andavo alla facoltà di giornalismo dell’Mgu a bere il caffè, perché nella vicina Biblioteca Fondamentale dove studiavo io c’era soltanto il caffè solubile tre in uno (con latte in polvere e zucchero, ndr), mentre nella terribile mensa della facoltà di Giornalismo almeno ti davano qualcosa di simile al caffè. Per non parlare del fatto che il mio vecchio computer portatile è stato proprio il primo a entrare nella Biblioteca Fondamentale. Facevo fatica a spiegare alle guardie perché mi portavo dietro quell’oggetto; una volta addirittura la direttrice della biblioteca venne da me di corsa nella sala di lettura e staccò la spina del portatile, gridando: Lei ci sta rubando l’energia elettrica. Mancai da Mosca per quasi tre anni, dal 1996 al 1999, e adesso capisco che la Mosca del 1996 e quella del 1999 erano due città completamente diverse tra loro”.
Trasferirsi all’estero e la vita in Russia
“L’Italia è un Paese sorprendente, nel senso che gli italiani sono abituati da molte generazioni a emigrare all’estero. Anch’io ho fatto lo stesso. Avevo una ragazza, moscovita, che poi è diventata mia moglie. Anche questo mi ha aiutato a inserirmi nella realtà di Mosca. Vero è che ora lei vive a Milano, e io a Mosca. A Milano non vado spesso, due volte al mese. Anche per lavoro, per gli incontri con le università italiane. Naturalmente capita che una città che non si conosce, o una mentalità diversa dalla propria possano spaventare uno straniero e persino irritarlo. Io per esempio non riesco assolutamente ad abituarmi al fatto che Mosca è una città dove tutti sono sempre presi dai propri affari, puntano alla carriera. E anche il clima non consente di passare un po’ più di tempo all’aperto. Perciò capisco il desiderio dei genitori di mandare i loro figli, dopo lo smog estivo di Mosca, a studiare in Italia. Ma dall’altra parte, tutto ciò genera qualcosa che in Italia si è perso da tempo: l’entusiasmo. Qui la gente vuole fare carriera, guadagnare, e lo fanno già da giovani. Direi che la Russia è come l’Italia degli Anni ’80. Nell’Italia di oggi invece domina l’infantilismo. Di recente ho aperto un giornale italiano e mi sono imbattuto in un articolo su un incidente stradale che cominciava con queste parole: Un ragazzo di quarant’anni. I giovani in Russia sono molto indipendenti. Soprattutto le ragazze. Nessuna delle loro coetanee in Europa può competere con i loro risultati. Per questo penso che gli italiani dovrebbero venire in Russia più spesso, a fare il pieno di entusiasmo”.
La formazione
“Business e Lettere non sono legati tra loro? Può darsi. Ma il business della formazione, dopo tutto, è più vicino. E l’idea di occuparmi di consulenza per la formazione non mi è venuta affatto per caso: avendo provato personalmente che cosa vuol dire trasferirsi in un altro Paese, ho capito che le persone più indifese di fronte alla burocrazia sono gli studenti che vanno all’estero per studiare, e non certo gli uomini d’affari. Perché gli studenti devono anche risparmiare. Bisogna aiutarli. Noi per ora, per delle cifre relativamente basse aiutiamo gli studenti russi a trovare un alloggio e a predisporre i documenti per l’ammissione nelle università di Milano, Firenze e di altre città; ma in un futuro non lontano aumenterà l’afflusso di studenti italiani negli istituti russi (dove per ora arrivano soprattutto studenti di lingua e letteratura russa). Allora cominceremo a vagliare anche quel mercato”.
Secondo Bernardo Paoli, con l’innalzamento dei redditi i russi cominciano sempre più spesso a pensare a dove mandare i propri figli a studiare. E spesso la scelta cade non solo su Gran Bretagna, Francia e Svizzera, ma anche sull’Italia. “I programmi più richiesti dagli studenti russi restano quelli in lingua inglese. Che si tratti delle scuole di design Marangoni, Polimoda, Domus, oppure delle università per il business come la Bocconi, l’Escp o il Politecnico di Milano. Evidentemente per ora l’insegnamento della lingua italiana in Russia non è a un livello così alto e non è così diffuso da permettere agli studenti di sostenere senza timore degli esami in italiano e continuare a seguire le lezioni dei professori”.
Il primo business nel caffè
“Credo che la Russia abbia creato delle condizioni ideali per gli investitori stranieri. Dico sul serio. Anche considerando che sono finiti i tempi in cui si assumeva qualsiasi lavoratore straniero, indipendentemente dal suo grado di esperienza. Per esempio, quando mi trasferii in via definitiva a Mosca (dopo la discussione della tesi a Milano e il diploma Mba all’università di Bologna), non avevo un contratto di lavoro già in essere. Eppure, letteralmente il giorno dopo, un mio conoscente mi presentò ai miei sottoposti. Così diventai il direttore commerciale di un’azienda di caffè. Senza avere alcuna esperienza nelle vendite, ma grazie al fatto di essere straniero. Un italiano, per rappresentare un’azienda produttrice di caffè in un Paese dove ancora il caffè non esisteva, era proprio quello che serviva. Quindi, se i moscoviti adesso bevono caffè è anche grazie al mio impegno (ride). Certo è che oggi i casi come il mio, di stranieri che trovano lavoro in Russia, sono molto rari. Perché ormai sono molti i russi che hanno studiato all’estero e sono tornati in patria, dove applicano con successo le conoscenze acquisite. Quanto alla burocrazia, c’è sempre stata, e la Russia non è l’unico Paese famoso per la sua burocrazia. Anche se io non ho incontrato particolari difficoltà, né negli anni in cui lavoravo come dipendente, né quando nel 2009 ho deciso di fondare Studies&Careers (forse perché noi forniamo servizi, e non abbiamo a che fare con la dogana). Inizialmente io e i miei soci avevamo fondato una società a Londra, ma poi abbiamo deciso di distaccarci, e io sono diventato il responsabile delle sedi di Milano e Mosca; presto a queste due città si aggiungerà anche Kazan. Abbiamo in programma di conquistare anche Ekaterinburg, e di arrivare fino a San Pietroburgo, ma per far questo dovremo prepararci seriamente”.
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